Iperico: benefici da riscoprire della pianta medicinale


Un recente studio del Cnr-Icb rivaluta, sulla base di analisi fitochimiche, l’uso terapeutico di alcune specie di iperico non ancora utilizzate in medicina tradizionale e convenzionale

Un recente studio del Cnr-Icb rivaluta, sulla base di analisi fitochimiche, l’uso terapeutico di alcune specie di iperico non ancora utilizzate in medicina tradizionale e convenzionale

L’indagine fitochimica sui potenziali usi delle specie meno conosciute delle piante medicinali rappresenta una necessaria sfida in termini sia di moderna e innovativa fitoterapia che di conservazione della biodiversità vegetale. L’iperico perforato (Hypericum perforatum) è una delle piante medicinali più commercializzate nel mondo.

La diffusione e la fama risalgono ai tempi degli antichi Greci e Romani. Il suo uso è continuato nel Medioevo, fino ad arrivare ai giorni nostri in cui gli estratti di H. perforatum sono di ampio uso in fitoterapia per il trattamento degli stati depressivi o come cicatrizzanti.

I benefici sono dovuti a tre classi di composti: naftodiantroni (ipericine), floroglucinoli (iperforine) e polifenoli. Su queste basi fitochimiche, un team composto da ricercatori dell’Istituto di chimica biomolecolare del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Icb) di Catania ha condotto uno studio su campioni di 11 specie di iperico, che dimostra come anche altre specie – oltre all’H. perforatum – possiedano una quantità di questi composti tale da renderle potenzialmente in grado di svolgere le stesse attività terapeutiche. Risultato importante perché consente di utilizzare specie botaniche con caratteristiche in termini di tecniche di coltivazione e di adattabilità spesso molto diverse tra loro con un enorme vantaggio in termini di preservazione della biodiversità.

Il lavoro pubblicato su Phytochemistry (DOI:10.1016/j.phytochem.2018.05.003) vede la collaborazione con il Dipartimento di scienze agrarie, alimentari e forestali dell’Università di Palermo, il Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria di Bagheria ed il Dipartimento di scienze chimiche, biologiche, farmaceutiche ed ambientali dell’Università di Messina.

“Attraverso la valutazione in vitro su cellule di fibroblasti murini”, afferma Edoardo Napoli, ricercatore della sede di Catania del Cnr-Icb, “lo studio ha dimostrato che gli estratti di H. tetrapterumH. montanum e H. perfoliatum possiedono citotossicità elevata, comparabile a quella dell’H. perforatum e contestualmente un’elevata attività antiossidante”. Nello studio si evidenzia come “l’attività antiossidante spesso correlata solo con l’elevata concentrazione di polifenoli negli estratti vegetali, in realtà è il risultato di un effetto sinergico tra gli stessi polifenoli e le altre classi di composti bioattivi e dipende da molti fattori tra cui anche la tipologia di molecole polifenoliche presenti. Nel caso delle specie di Hypericum valorizzate nello studio, è da sottolineare l’alto contenuto in biapigenina, molecola di elevato interesse per le sue attività antiossidanti ed antiinfiammatorie”.

Le ipericine sono sostanze ‘fotosensibilizzanti’, in grado cioè di aumentare la sensibilità alla luce di un tessuto: un effetto, dovuto alla capacità di assorbire l’energia trasmessa dalla luce, che porta alla formazione di radicali liberi in grado di danneggiare le cellule che hanno accumulato tale sostanza. Questo meccanismo è alla base della cosiddetta ‘terapia fotodinamica’, una tecnica in via di sperimentazione sia in ambito dermatologico che per il trattamento di alcuni tumori, in cui una sostanza fotosensibilizzante viene fatta assorbire preferenzialmente dalla massa tumorale. In questo modo, durante il trattamento, la luce attiva le sostanze in grado di uccidere solo le cellule cancerose con danno minimo per quelle circostanti.

La presenza di alti contenuti di ipericine ha reso gli estratti di H. perforatum candidati promettenti per l’utilizzo in terapia fotodinamica dei tumori della pelle e non solo. “Lo studio condotto dal Cnr-Icb”, conclude Napoli, “dimostra che per il loro alto contenuto in naftodiantroni e floroglucinoli anche gli estratti di H. perfoliatum e H. tetrapterum possiedono una elevata attività citotossica innescata da una radiazione luminosa (fotoindotta), diventando anch’essi candidati per l’utilizzo in terapia fotodinamica”.