Al via negoziati Australia-UE: serve stop a falsi made in Italy


Coldiretti commenta l’avvio dei negoziati sul libero scambio a Canberra tra Unione europea e Australia: “Importante non legittimare i falsi italiani”

Coldiretti commenta l'avvio dei negoziati sul libero scambio a Canberra tra Unione europea e Australia: "Importante non legittimare i falsi italiani"

L’Australia è tra i Paesi a maggiore diffusione delle imitazioni dei prodotti agroalimentari Made in Italy che sono state pericolosamente legittimate negli ultimi accordi commerciali bilaterali siglati dall’Unione Europea.

A ricordarlo è la Coldiretti in riferimento all’avvio a Canberra dei negoziati per un accordo di libero scambio tra Unione Europea e Australia. “E’ grave che non sia stata prevista in questo caso la ratifica dei parlamenti nazionali nonostante la crescente diffidenza da parte dei Paesi europei nei confronti di questo tipo di accordi”, ha denunciato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo (nella foto) nel ricordare la giusta opposizione annunciata di recente dal Governo italiano nel confronti dell’accordo con il Canada (CETA).

In Australia, sostiene la Coldiretti, sono molto diffuse le imitazioni dei prodotti agroalimentari più tipici, dal parmesan “perfect italiano” con bandiera tricolore alla mozzarella, dalla ricotta ai vini come il prosecco fino addirittura ai kit per in casa produrre tipici salumi calabresi e siciliani.

Senza dimenticare la preoccupazione per le pratiche enologiche come le miscele di vini da tavola bianchi e rossi per produrre un “finto rosè” vietate in Europa che sono possibili invece in Nuova Zelanda e in Australia dove è addirittura consentita l’aggiunta di acqua al mosto per diminuire la percentuale di zuccheri secondo una pratica considerata una vera e propria adulterazione in Italia.

A preoccupare è in generale la nuova stagione degli accordi commerciali bilaterali inaugurata con il Canada (Ceta) che per la prima volta nella storia l’Unione Europea ha legittimato, in un trattato internazionale, la pirateria alimentare a danno dei prodotti Made in Italy più prestigiosi, accordando esplicitamente il via libera alle imitazioni che sfruttano i nomi delle tipicità nazionali: dall’Asiago alla Fontina dal Gorgonzola ai Prosciutti di Parma e San Daniele.

Ma è anche liberamente prodotto e commercializzato dal Canada il Parmigiano Reggiano con la traduzione di Parmesan. Una strada che è stata poi il riferimento degli accordi conclusi successivamente con Giappone, Singapore e Messico che hanno tutelato una percentuale residuale dei prodotti tipici nazionali mentre pesanti possono essere gli effetti del negoziato in corso con i Paesi del Sud America (Mercosur) dove la produzione locale del “falso” è tra i più fiorenti del mondo.

E’ salito ad oltre 100 miliardi il valore del falso Made in Italy agroalimentare nel mondo con un aumento record del 70% nel corso dell’ultimo decennio, per effetto della pirateria internazionale che utilizza impropriamente parole, colori, località, immagini, denominazioni e ricette che si richiamano all’Italia per alimenti taroccati che non hanno nulla a che fare con il sistema produttivo nazionale.

Commercio estero: i dati Istat

Intanto, mentre prendono il via i negoziati tra UE e Australia, è record storico per il Made in Italy agroalimentare nel mondo con le esportazioni che fanno registrare un incremento del 4% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno secondo elaborazioni Coldiretti su dati Istat relativi al commercio estero nel primo quadrimestre 2018.

“Si tratta di un ottimo risultato proprio nell’anno del cibo italiano nel mondo che – sottolinea la Coldiretti – conferma le potenzialità del Made in Italy a tavola per la ripresa economica ed occupazionale del Paese. Quasi i due terzi delle esportazioni agroalimentari interessano i Paesi dell’Unione Europea, ma sui rapporti con gli Stati Uniti, che sono di gran lunga il principale mercato dell’italian food fuori dai confini dall’Unione, pesa il braccio di ferro sui dazi commerciali fra Trump e il resto del mondo”.

La decisione degli Stati Uniti di aumentare dazi antidumping fino a quasi il 50% sulle importazioni di olive spagnole è infatti un pericoloso precedente che mette a rischio la presenza negli Usa del Made in Italy e delle produzioni agroalimentari dell’intera Unione Europea. La procedura iniziata su reclamo di alcuni produttori di olive americani si concluderà il 24 luglio e rischia di estendersi all’intera produzione agroalimentare dell’Unione Europea perché di fatto viene messo nel mirino statunitense il sistema di aiuti europei all’agricoltura e messa in discussione una larga parte delle esportazioni agroalimentari dell’Unione Europea verso gli Stati Uniti.