Pizza patrimonio UNESCO: solo a Napoli tremila artisti pizzaiuoli


Dallo “staglio” allo “schiaffo”: maestri che si trasmettono da generazioni il rigoroso codice della preparazione della pizza

L'arte dei pizzaiuoli napoletani è patrimonio dell'umanità UNESCO: la prima pizza margherita fu cotta nel forno presente all'interno del Giardino Torre nel Real Bosco di Capodimonte. Era il 1889 e la pizza pomodoro e mozzarella prese il nome di margherita
L’arte dei pizzaiuoli napoletani è patrimonio dell’umanità UNESCO: la prima pizza margherita fu cotta nel forno presente all’interno del Giardino Torre nel Real Bosco di Capodimonte. Era il 1889 e la pizza pomodoro e mozzarella prese il nome di margherita

NAPOLI – Solo a Napoli sono tremila i pizzaiuoli che portano avanti un’arte che risale al sedicesimo secolo e si è diffusa in tutto il mondo. È quanto afferma la Coldiretti che insieme all’Associazione Pizzaiuoli Napoletani e alla Fondazione UniVerde guidata da Alfonso Pecoraro Scanio ha concorso con la raccolta di oltre 2 milioni di firme all’esito positivo della candidatura dell’“Arte dei Pizzaiuoli napoletani” nella lista del patrimonio culturale immateriale dell’umanità dell’Unesco da parte dell’apposito comitato intergovernativo riunito nell’Isola di Jeju in Corea del Sud.

“Ad essere tutelata è l’espressione culturale di una comunità, quella napoletana, che è il lavoro dei pizzaiuoli, la loro cultura, la loro tradizione, la loro identità. Dal Masto Pizzaiuolo, che insegna e tramanda la tradizione e sceglie i materiali per la lavorazione, al “Guaglione” Pizzaiuolo, che apprende e realizza le pizze, fino a Masto Fornaio, che sceglie la legna, controlla la temperatura del forno e gestisce le cotture”.

Figure che si trasmettono da generazioni il rigoroso “codice” della preparazione della pizza. Le tappe sono lo “staglio” (i panetti di pasta lievitata pronta a essere stesa), l’“ammaccatura” (la prima spianata), il “cornicione” (la creazione del bordo) e lo “schiaffo” (la seconda spianata con la pizza presa a schiaffi sul banco di lavoro).

“A questo si aggiunge – continua la Coldiretti – per i pizzaioli più esperti il “volo” che facendo roteare la pizza in aria permette di acquisire una maggiore ossigenazione e consistenza e che ha originato delle vere e proprie gare di pizza acrobatica”.

Le fasi successive sono la distribuzione del condimento, partendo dal centro del disco di pasta secondo il caratteristico movimento a “6”, prima di posizionare la pizza nel “pampuglie”, il forno a legna tradizionale per la cottura all’interno del quale viene fatta ruotare su se stessa per una cottura omogenea.

“Un riconoscimento che – conclude Coldiretti – consente all’Italia di riappropriarsi del simbolo culinario del Made in Italy, con il 39 per cento degli italiani che ritiene che la pizza sia il simbolo culinario dell’Italia secondo un sondaggio del sito www.coldiretti.it e il fatto che la pizza è la parola italiana più conosciuta all’estero con l’8 per cento, seguita dal cappuccino (7 per cento), dagli spaghetti (7 per cento) e dall’espresso (6 per cento), secondo un sondaggio on line della Società Dante Alighieri”.