Italia leader mondiale delle specialità alimentari: sono 5047


Nel nuovo censimento Coldiretti dalla Porcaloca agli stinchi di morto: Campania, Toscana e Lazio sul podio delle “bandiere del gusto”

italia leader mondiale delle specialità alimentari secondo il censimento 2017
Alcune delle specialità alimentari esposte a Napoli dalla Coldiretti

ROMA – Sono ben 5047 le specialità alimentari tradizionali presenti sul territorio nazionale nel 2017 in Italia che detiene così il record mondiale per varietà e ampiezza del patrimonio agroalimentare. È quanto emerge dal nuovo censimento delle specialità alimentari ottenute secondo regole tradizionali protratte nel tempo per almeno 25 anni, presentato dalla Coldiretti per lo storico appuntamento dell’anno internazionale del cibo italiano nel mondo proclamato nel 2018, all’apertura del Villaggio contadino della Coldiretti sul lungomare Caracciolo, Rotonda Diaz, a Napoli.

Ai raggi X tutti i diversi tipi di pane, pasta, formaggi, salumi, conserve, frutta e verdura, dolci e liquori tradizionali che compongono il patrimonio enogastronomico nazionale, classificati per regione e tipologia, con gli esempi più curiosi, più rari, più antichi, più ricchi di proprietà salutistiche nella più ampia esposizione della variegata offerta territoriale mai realizzata prima. Grazie all’opera di intere generazioni di agricoltori impegnati a difendere nel tempo la biodiversità sul territorio e le tradizioni alimentari, il numero delle specialità alimentari regionali che l’Italia può offrire è passato dalle iniziali 2.188 del primo censimento nel 2000 alle 5.047 attuali con un aumento del 131% dei prodotti salvati dal rischio di estinzione.

“Per quanto riguarda le varie categorie si tratta – spiega la Coldiretti – di 1.521 diversi tipi di pane, pasta e biscotti, seguiti da 1.424 verdure fresche e lavorate, 791 salami, prosciutti, carni fresche e insaccati di diverso genere, 497 formaggi, 253 piatti composti o prodotti della gastronomia, 147 bevande tra analcoliche, birra, liquori e distillati, 167 prodotti di origine animale (miele, lattiero-caseari escluso il burro, ecc.) e 159 preparazioni di pesci, molluschi, crostacei. Un’offerta che è stato possibile far tornare sulle tavole degli italiani grazie anche alla rete di vendita diretta dei mercati, delle fattorie e degli agriturismi di Campagna Amica”.

“Si tratta di un bene comune per l’intera collettività e di un patrimonio anche culturale che il nostro Paese può oggi offrire con orgoglio ai turisti italiani e stranieri” ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo.

“Il primato nei prodotti tradizionali si aggiunge a quello dei prodotti a denominazione di origine (Dop/Igp) riconosciuti dall’Unione europea, che hanno raggiunto quota 292, e ai 523 vini italiani Docg, Doc e Igt” ha aggiunto.

Il podio delle “bandiere del gusto”

Sul podio di quelle che possiamo chiamare le “bandiere del gusto” assegnate a livello regionale troviamo nell’ordine la Campania (515) seguita dalla Toscana (461) e dal Lazio a quota 409.

A seguire si posizionano l’Emilia-Romagna (388) e il Veneto (376), davanti al Piemonte con 338 specialità e alla Liguria che può contare su 294 prodotti. A ruota tutte le altre Regioni: la Puglia con 276 prodotti tipici censiti, la Calabria (268), la Lombardia (248), la Sicilia (244), la Sardegna (193), il Friuli-Venezia Giulia (169), il Molise (159), le Marche (151), l’Abruzzo (148), la Basilicata con 114, la provincia autonoma di Trento con 105, l’Alto Adige con 90, l’Umbria con 69 e la Val d’Aosta con 32.

Particolarmente ricca, curiosa e colorata la lista delle specialità alimentari nazionali. Tra gli altri in Campania troviamo la colatura di alici di Cetara, un liquido dal sapore intenso, frutto della sapiente stagionatura e pressatura delle alici salate. In Toscana sono molto conosciuti gli stinchi di morto, biscotti rustici salati tipici del Grossetano e del Senese di colore giallo senape, chiamato anche anacini in quanto profumato dai semi di anice.

Nel Lazio viene seminato da tempo immemorabile il fagiolo del purgatorio di Gradoli che rappresenta il piatto fondamentale del mercoledì delle ceneri, denominato “pranzo del purgatorio”, mentre in Emilia-Romagna si apprezza il savòr, una marmellata di mosto d’uva (Saba) con aggiunta di frutta. Il Veneto va fiero della polenta di montagna che si ottiene dalla farina di mais sponcio, sulla quale i Piemontesi metterebbero il brus, un prodotto della lavorazione di robiole ben stagionate, ideali se di latte di capra.

In Liguria vanno fieri delle olive taggiasche, piccole, carnose, scure, grinzose e saporitissime, mentre i Pugliesi sono ghiotti di cardoncelli¸ antico e gustoso vanto della tradizione agroalimentare delle Murge.

In Calabria, avvicinandosi il Natale, si prepara la pitta ‘mpigliata (o pitta ‘nchiusa) che si presenta come roselline in pasta sfoglia al vino bianco, mentre in Lombardia non si suona ma si degusta il violino di capra, salume della Val Chiavenna realizzato con la coscia e la spalla della capra.

Sicilia e Sardegna apprezzano, rispettivamente “sa” pompia (un frutto endemico sardo simile al limone che cresce solo nella zona della Baronia) e lo squartucciato, dolce molto decorato e ripieno di fichi protagonista della Festa di San Giuseppe a Poggioreale), mentre i Friulani vanno fieri della Porcaloca, un’oca intera disossata farcita con filetto di maiale, cucita a mano, legata cotta e affumicata.

In Molise non si può rinunciare alle sagnetelle, fettuccine di farina di grano duro larghe e lunghe quanto due dita riunite della mano, mentre nelle Marche è tipico della tradizione contadina della zona di Jesi la lonza di fico, un dolce a base di fichi essiccati impastati con noci, mandorle tritate e mistrà, infine avvolto in foglie di fico. Il comune abruzzese di Campotosto è famoso per la sua mortadella, meglio nota, per la sua forma, come coglioni di mulo, così come quello lucano di Episcopia per le rsskatiedde cca muddiche, una pasta preparata con la mollica di pane.

Viene dal Trentino la luganega, la salsiccia che rappresenta un emblema della gastronomia provinciale, mentre giunge dalla Valle Aurina dell’Alto Adige il graukase, deto “formaggio grigio”, probabilmente il formaggio più magro che esista con il 2% di grassi e 150 calorie per etto. Infine, l’Umbria è orgogliosa della fagiolina del Trasimeno, varietà rara e particolare di legume conosciuto fin dal tempo degli Etruschi, mentre la piccola Val d’Aosta, tra i suoi 32 prodotti tradizionali, annovera l’olio di noci, condimento prezioso e di alta qualità per carne, pesce, verdure e formaggi.