Pressione fiscale reale vicina al 50% per i contribuenti onesti


Indagine della CGIA di Mestre: nel 2017 il peso del fisco è stimato al 48,8%

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L’incidenza percentuale delle tasse pagate dalle aziende sul gettito fiscale totale in Italia è del 14,9%

VENEZIA – Nel 2017 la pressione fiscale ufficiale è attesa, secondo i calcoli dell’Ufficio studi della CGIA, al 42,5% (al netto del “bonus Renzi” la pressione fiscale scende al 41,9%). Il peso delle tasse sui contribuenti italiani fedeli al fisco, invece, sarà superiore di oltre 6 punti: la pressione fiscale reale, infatti, è prevista al 48,8% (al netto del “bonus Renzi” la pressione fiscale reale è al 48,2%).

“Con un peso reale del fisco italiano tra i più elevati in Europa – afferma il coordinatore dell’Ufficio studi della CGIA, Paolo Zabeo – da un lato è difficile fare impresa e dall’altro chi lavora come dipendente percepisce uno stipendio netto pari alla metà di quanto costa al proprio titolare. Sia gli uni sia gli altri sono vessati da un fisco ingiusto ed eccessivo che, insieme alla burocrazia ottusa e snervante, continua a rappresentare il principale ostacolo alla ripresa economica del Paese”.

Ma per quale ragione esiste questo differenziale tra i dati ufficiali e quelli realmente “sopportati” dai contribuenti onesti ? Come è previsto a livello europeo, anche il nostro Pil, ricordano dalla CGIA, include l’economia non osservata ascrivibile alle attività irregolari.

Secondo l’Istat, infatti, nel 2014 (ultimo dato disponibile) l’economia non osservata ammontava a 211 miliardi di euro (pari al 13% del Pil): di cui 194,4 miliardi erano attribuibili al sommerso economico e gli altri 16,9 alle attività illegali.

In questa analisi, l’Ufficio studi della CGIA ha ipotizzato, molto prudenzialmente, che l’incidenza dell’economia sommersa e delle attività illegali sul Pil nel triennio 2015-2017 non abbia subìto alcuna variazione rispetto al dato 2014.

Ricordando che la pressione fiscale ufficiale è data dal rapporto tra le entrate fiscali ed il Pil prodotto in un anno, nel 2017 è destinata ad attestarsi al 42,5%.

Se, però, dalla ricchezza del Paese (Pil) “rimuoviamo” la quota riconducibile al sommerso economico e alle attività illegali che, almeno in linea teorica, non producono alcun gettito per le casse dello Stato, il prodotto interno lordo diminuisce (quindi si “contrae” il valore del denominatore) e aumenta così il risultato che emerge dal rapporto tra il gettito fiscale e il Pil.

Pertanto, la pressione fiscale reale che grava su lavoratori dipendenti, sugli autonomi, sui pensionati e sulle imprese che si comportano correttamente nei confronti del fisco è superiore a quella ufficiale di 6,3 punti. Per l’anno in corso, infatti, è destinata a collocarsi al 48,8%. Anche se in calo rispetto agli anni precedenti, il peso complessivo del fisco rimane comunque ad un livello insopportabile.

“Se oltre ad essere meno esoso il nostro fisco fosse anche più semplice – sostiene il Segretario della CGIA Renato Mason – l’Amministrazione finanziaria potrebbe lavorare meglio ed essere più efficiente nel contrastare gli evasori/elusori fiscali. La selva di leggi, decreti e circolari esplicative presenti nel nostro ordinamento tributario, invece, complica la vita anche agli operatori del fisco che, comunque, continuano ad essere uno dei comparti più virtuosi della nostra Pubblica amministrazione”.

Dalla CGIA precisano che le stime relative al gettito fiscale 2017 tengono conto anche degli effetti economici delle misure introdotte con la manovra correttiva da oltre 3 miliardi di euro richiestaci da Bruxelles e approvata dal Parlamento italiano lo scorso 16 giugno.

Negli ultimi anni, aggiungono gli artigiani di Mestre, il peso di tasse e contributi previdenziali che gravano sugli italiani è in leggera diminuzione. Dopo aver toccato la punta massima nel biennio 2012-2013, successivamente ha cominciato progressivamente a diminuire.

Rispetto al 2016, ad esempio, quest’anno la pressione fiscale reale al netto del bonus Renzi diminuirà di 0,5 punti percentuali, grazie soprattutto, alla riduzione dell’aliquota Ires (Imposta sui redditi delle società) che dal 27,5 si è abbassata al 24%, facendo risparmiare alle società di capitali quasi 4 miliardi di euro.