Aumento Iva, stangata per famiglie e redditi medio-bassi


Cgia e Codacons in coro: ipotesi di ritocco delle aliquote deve essere evitata

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L’aumento Iva inciderà sulla spesa degli italiani e sul Pil.

ROMA – Cresce la preoccupazione per il possibile aumento Iva allo studio da parte del Governo dopo i risultati di una simulazione condotta da Ref Ricerche per conto di Confesercenti.

L’aumento Iva, secondo l’indagine, inciderà sulla spesa degli italiani e sul Pil. Se, infatti, il Governo decidesse di innalzare le aliquote come da indicazioni europee, perderemmo a regime 8,2 miliardi di consumi. Si tratta di circa 305 euro di spesa in meno a famiglia. Sul prodotto interno lordo, invece, l’impatto negativo ammonterebbe a -5 miliardi di euro.

Si rischiano, inoltre, fino a 10mila chiusure d’impresa. La simulazione si muove dall’ipotesi di un aumento di 3 punti all’aliquota agevolata al 10%, che passerebbe quindi al 13%, e di 1 punto sull’aliquota super-agevolata, che salirebbe dal 4 all’5%, il valore minimo che la Commissione Europea raccomanda ai paesi dell’Unione.

L’aumento delle aliquote Iva colpirebbe cultura e turismo, ma anche servizi e beni essenziali, dai trasporti a farmaci, uova, carne e pesce, servizi di ristorazione e turistici e medicinali per uso umano e veterinario.

La Cgia: “No all’aumento Iva per tagliare il cuneo fiscale”

Dagli artigiani di Mestre arriva un no secco allo scambio “più Iva meno cuneo fiscale”. Un’ipotesi che sta prendendo sempre più forma, anche perché Bruxelles chiede da tempo all’Italia di equilibrare il carico fiscale. In che modo? Attraverso la riduzione delle imposte dirette e un corrispondente innalzamento di quelle indirette.

“Questa operazione, però, non sarebbe a somma zero. Se a seguito di un’eventuale riduzione del costo del lavoro i vantaggi economici ricadrebbero su imprese e/o lavoratori dipendenti, il rincaro dell’ Iva, invece, lo pagherebbero tutti. In particolar modo i più deboli, come i disoccupati, gli inattivi e i pensionati che, invece, dal taglio delle tasse sul lavoro non beneficerebbero, almeno direttamente, di alcun vantaggio” spiega il coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia, Paolo Zabeo.

“Vista la situazione dei nostri conti pubblici è molto probabile che il Governo non sarà in grado di recuperare entro la fine di quest’anno tutti i 19,5 miliardi necessari per evitare che, dal 2018, l’aliquota Iva del 10 passi al 13 e quella del 22 al 25 per cento. Ricordo che un aumento di un punto dell’aliquota ridotta costa agli italiani poco più di 2 miliardi e quella ordinaria 4″ prosegue Zabeo.

“Pertanto, non è da escludere che dei 19,5 miliardi l’esecutivo sia in grado di sterilizzarne solo una parte, almeno 14-15. E visto che la spesa corrente al netto degli interessi sul debito è destinata ad aumentare ancora, la quota rimanente dovrà essere recuperata con nuove entrate, con il ritocco, ad esempio, di un punto di entrambe le aliquote Iva” conclude.

Come ricorda il segretario della Cgia, Renato Mason “di fronte a una crescita economica ancora molto timida e incerta, l’eventuale aumento dell’ Iva condizionerebbe negativamente i consumi interni e conseguentemente tutta l’economia, penalizzando in particolar modo le famiglie meno abbienti”.

Già oggi, segnala la Cgia, siamo tra i principali Paesi dell’area euro ad avere l’aliquota ordinaria Iva più elevata. Se da noi è al 22%, in Spagna è al 21, in Francia al 20 e in Germania al 19.

Chi sarebbe penalizzato maggiormente da un eventuale aumento dell’Iva ?

In termini assoluti, spiega la Cgia, sarebbero i percettori di redditi più elevati, visto che a una maggiore disponibilità economica si accompagna una più elevata capacità di spesa. La misurazione più corretta, tuttavia, si ottiene calcolando l’incidenza percentuale dell’aumento dell’ Iva sulla retribuzione netta di un capo famiglia.

Adottando questa metodologia, l’aggravio più pesante interesserebbe i percettori di redditi bassi e, a parità di reddito, le famiglie più numerose.

Con un incremento di un punto di Iva dal 22 al 23%, ad esempio, una famiglia di 3/4 persone subirebbe un aumento di imposta di circa 100 euro all’anno che, ovviamente, avrebbe delle ripercussioni negative sui consumi interni del Paese che costituiscono la componente più importante del nostro Pil.

Oltre alle famiglie più povere a essere penalizzate dall’eventuale aumento sarebbero anche gli artigiani, i commercianti e tutto il popolo delle partite Iva. Queste realtà, infatti, vivono quasi esclusivamente di domanda interna. Con il ritocco delle aliquote, quasi certamente i consumi subirebbero una contrazione importante, danneggiando queste attività economiche che non hanno ancora superato la fase critica di questa crisi” conclude Mason.

Per il Codacons stangata da 791 euro a famiglia

Se attuati, gli aumenti delle aliquote Iva massacreranno le famiglie e i consumi, determinando, solo per costi diretti, una stangata complessiva pari a +791 euro annui a famiglia. È quanto afferma il Codacons.

L’associazione dei consumatori ricorda che in Italia le aliquote hanno già subìto di recente due incrementi, “con effetti disastrosi per le tasche delle famiglie e per i consumi”.

Dal 20 al 21% nel settembre 2011 con un aggravio medio di spesa pari a +290 euro annui a famiglia. Dal 21 al 22% nel 2013 con maggiore spesa pari a +209 euro a famiglia su base annua, per una stangata media da +499 euro annui a famiglia solo di costi diretti.

“Il gettito per le casse dello Stato è risultato tuttavia inferiore alle aspettative, perché i consumatori hanno reagito al rincaro dei prezzi riducendo la spesa” spiega il presidente, Carlo Rienzi.

“Il Governo deve a tutti i costi evitare nuovi ritocchi delle aliquote e ulteriori rincari delle accise sulla benzina, perché gli indicatori economici hanno dimostrato che provvedimenti di questo tipo hanno effetti depressivi sui consumi, determinando un danno per l’economia nazionale” conclude Rienzi.