Guerra ad Aleppo, il dramma delle madri siriane


La denuncia dell’Unicef: «Non sanno più come proteggere i figli e allora li uccidono»

Nella foto UNICEF Hanaa Singer, Rappresentante in Siria, in visita ad Aleppo
Nella foto UNICEF Hanaa Singer, Rappresentante in Siria, in visita ad Aleppo

ROMA – Mentre la comunità internazionale è ancora profondamente divisa sulla soluzione della crisi siriana, ad Aleppo la guerra civile continua e la situazione è sempre più difficile per i civili che si trovano nella città del Nord della Siria.

«Nella parte orientale di Aleppo, la situazione è terribile. Molte scuole e ospedali sono stati colpiti, sono rimasti solo 30 medici e oltre 100 bambini sono stati uccisi. A causa della mancanza di servizi e strutture sanitarie i medici non possono curare tutti e molti bambini in condizioni disperate vengono lasciati morire» afferma Hanaa Singer, Rappresentante UNICEF in Siria.

«In un giorno solo, quando sono stata lì, almeno 25 persone, di cui 5 bambini, sono state uccise. C’è una costante paura della morte. Penso che questa sia la peggior crisi umanitaria di sempre, è passato troppo tempo da quando è iniziata e i danni, non solo ad Aleppo ma nell’intero Paese sono enormi» aggiunge.

La guerra civile che dura ormai da cinque anni sta avendo conseguenze anche sotto il profilo psicologico di chi è riuscito a sopravvivere.

«Le persone si sentono sempre meno sicure e sono spaventate. Sono stata in Siria diverse volte e generalmente le persone erano molto resilienti. Ma questa è la prima volta che ho visto le persone avere dei crolli nervosi, scoppiare in lacrime» spiega Singer.

La situazione è particolarmente pesante per le madri perché si sentono profondamente in colpa nel non riuscire a proteggere i propri figli. Il tasso di tentato suicidio o di suicidio è alto, e come sottolinea l’UNICEF si sono registrati oltre 10 casi nelle ultime due settimane.

«Queste persone vivono con una paura costante, si domandano: quando toccherà a me?. In un ospedale ho incontrato una bambina che era stata pugnalata dalla madre. La madre mi ha detto che uccidere sua figlia e mandarla in paradiso era meglio che lasciarla vivere in quell’inferno» racconta la rappresentante dell’UNICEF.

«Sono andata al reparto pediatria, nell’area delle incubatrici, e un dottore mi ha dato una bambina di soli due mesi in braccio – prosegue -. Aveva una ferita alla pancia causata da sua madre che l’aveva pugnalata dopo la nascita. La sua famiglia è sfollata cinque volte in tre anni, questa donna ha perso da poco i fratelli e il marito a causa della guerra e non ce la fa ad affrontare tutto questo».

«Tenendo in braccio quella bambina di Aleppo ho visto il potere della resilienza, il potere della vita. Questo dimostra il potere della vita nonostante la sua crudeltà. C’è sempre una speranza, questa bellissima bambina si sta riprendendo e sopravviverà. Il dottore ha fatto un miracolo. La violenza deve finire. Alle Nazioni Unite dico: noi siamo pronti, stiamo aspettando».