Il fossile di orca di Cetona rivive a Bologna, come in un videogame. La mostra “Mente et malleo” su Capellini e Aldrovandi fino al 31 agosto
L’esposizione riguarda uno dei primi musei geologici d’Europa, quello di Bologna, e in mostra spicca uno dei più noti fossili studiati a cavallo tra ‘800 e ‘900: l’orca di Cetona. Insieme all’originale, non mancherà una versione digitale per far rivivere l’animale. Per la nuova veste del fossile c’è voluto il contributo del dipartimento di Architettura dell’Università di Bologna, che ha integrato tra loro tecniche di rilievo digitale a software tipici del gaming per “rendere l’esperienza del visitatore coinvolgente, ma allo stesso tempo scientificamente accurata”.
Si potranno scomporre virtualmente i singoli pezzi del reperto, quasi come si fosse in un videogame (se si termina la prova con successo, arriva pure un “bravo”). È l’essenza di “Mente et malleo- Da Ulisse Aldrovandi a Giovanni Capellini: storie dal primo museo geologico”, la mostra (in programma fino al prossimo 31 agosto) promossa dall’Alma Mater e dedicata a Giovanni Capellini e al museo a lui intitolato, uno dei primi nel suo genere in Europa, in occasione del quinto centenario della nascita di Ulisse Aldrovandi (e del centenario della morte dello stesso Cappellini, primo prof di geologia a Bologna). Ristrutturato e riaperto al pubblico in occasione dell’ottavo centenario dell’Università di Bologna, nel 1988, il museo ha mantenuto il suo allestimento originario.
Ma cos’hanno in comune un bolognese del Cinquecento e uno spezzino dell’Ottocento? In questo caso, “la curiosità, in particolare quella per il mondo naturale e le sue meraviglie”, spiegano in via Zamboni 33 gli organizzatori, da Roberto Balzani, presidente del Sistema museale dell’Alma Mater, a Roberto Barbieri, referente della collezione “Museo Giovanni Capellini”, Annarita Ferrante, vicedirettrice del dipartimento di Architettura, e Lamberto Monti, del Museo dei botroidi (sassi antropomorfi di arenaria) di Luigi Fantini.
I botroidi in mostra provengono tutti dalle arenarie affioranti nel bolognese. Quelli storici, “aldrovandiani”, sono stati rinvenuti nel Rio delle Meraviglie, un piccolo torrente che scorre a sud-ovest di Bologna. Alcuni di quelli esposti provengono direttamente dalle raccolte di Aldrovandi, insieme alle matrici xilografiche originali usate per la realizzazione del Musaeum metallicum, opera a stampa postuma dove il naturalista descrisse e raffigurò rocce e fossili.
Gli altri botroidi sono stati concessi in prestito dal Museo dei Botroidi di Luigi Fantini, piccolo museo tattile che si trova in Val di Zena, dove le raccolte dello speleologo e appassionato naturalista Fantini, si possono toccare ed esplorare in prima persona. In occasione della mostra, la Biblioteca Universitaria di Bologna ha digitalizzato e metadatato i due volumi dei Ricordi di Capellini, editi nel 1914 per i tipi della casa editrice Zanichelli. In concomitanza con l’esposizione, dal 15 ottobre al 13 maggio, si terrà un ciclo di conferenze per approfondire e divulgare alcuni temi storico-scientifici legati alle figure degli stessi Aldrovandi e Capellini.