Stenosi carotidea asintomatica: lo stenting riduce il rischio di ictus, risultati negativi con l’endoarteriectomia
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L’aggiunta dello stenting alla terapia medica intensiva migliora significativamente gli esiti nei pazienti con stenosi carotidea asintomatica di grado elevato rispetto al solo trattamento farmacologico, risultato che non è stato raggiunto dall’endoarteriectomia carotidea. Lo studio, pubblicato sul New England Journal of Medicine, deriva dai due trial paralleli CREST-2, avviati oltre dieci anni fa.
L’endpoint primario, costituito da qualsiasi ictus o morte entro i primi 44 giorni oppure da ictus ischemico ipsilaterale fino a quattro anni di follow-up, si era verificato nel 6,0% dei pazienti trattati con sola terapia medica e nel 2,8% di coloro sottoposti a stenting (p = 0,02). Nel trial dedicato all’endoarteriectomia, le percentuali erano rispettivamente del 5,3% e del 3,7% (p = 0,24).
Due trial paralleli per chiarire il ruolo della rivascolarizzazione
I trial CREST-2 erano stati condotti in 155 centri distribuiti tra Australia, Canada, Israele, Spagna e Stati Uniti, e avevano previsto due studi separati: uno sullo stenting e uno sull’endoarteriectomia, entrambi in aggiunta alla terapia medica intensiva, confrontati con la sola terapia farmacologica.
I pazienti arruolati presentavano criteri rigorosi di stenosi carotidea ≥ 70%. Gli operatori erano stati sottoposti a un processo di validazione prima di poter partecipare, e le procedure di rivascolarizzazione erano state eseguite secondo linee guida e prassi consolidate. Nei casi di stenting era obbligatorio l’impiego di sistemi di protezione embolica.
Obiettivi terapeutici: pressione e colesterolo sotto controllo
Il protocollo di gestione medica intensiva era identico per tutti i pazienti, salvo le differenze legate alla terapia antipiastrinica nel periodo peri-procedurale. Gli obiettivi principali erano un controllo pressorio con valori di pressione sistolica < 130 mmHg (< 140 mmHg prima di una modifica del 2018) e un livello di colesterolo LDL < 70 mg/dL. Venivano inoltre monitorati e trattati altri fattori di rischio, quali glicemia, emoglobina glicata, abitudine tabagica, peso corporeo e attività fisica. Tutti i pazienti ricevevano supporto telefonico di counselling sanitario e, se richiesto, farmaci gratuiti per la gestione dei fattori di rischio.
Il trial sullo stenting aveva incluso 1.245 pazienti (età media circa 69 anni; 38% donne) con un follow-up mediano di 3,6 anni, mentre quello sull’endoarteriectomia aveva arruolato 1.240 pazienti (età media circa 70 anni; 37% donne) con follow-up mediano di 4 anni.
Nel trial sullo stenting era emersa una differenza assoluta del 3,2% a favore dell’intervento, con un numero necessario da trattare pari a 31. Durante il periodo peri-procedurale di 44 giorni non si erano verificati ictus o decessi nel braccio di sola terapia medica, mentre nel braccio stenting si erano registrati sette ictus e un decesso (1,3%). Dopo tale periodo, il tasso annuo di ictus ischemico ipsilaterale era stato dell’1,7% nei pazienti trattati solo farmacologicamente e dello 0,4% in quelli sottoposti a stenting.
Nel trial sull’endoarteriectomia la differenza assoluta era stata dell’1,6% a favore della chirurgia, ma non significativa. Nel periodo peri-procedurale non si erano verificati decessi, mentre il tasso di ictus era stato più elevato nel braccio chirurgico rispetto a quello medico (1,5% vs 0,5%). Oltre i 44 giorni, il tasso annuo di ictus ischemico ipsilaterale era stato dell’1,3% nei pazienti trattati farmacologicamente e dello 0,5% in quelli sottoposti a endoarteriectomia.
Il tasso annuo combinato di eventi peri- e post-procedurali era stato dell’1,6% dopo stenting e dell’1,4% dopo endoarteriectomia, con basse percentuali di ictus invalidanti in tutti i gruppi. Gli eventi avversi gravi più frequenti erano stati la necessità di nuova rivascolarizzazione carotidea (18,8% nel braccio di controllo vs 4,7% nel braccio stenting; 21,0% nel braccio di controllo vs 7,1% nel braccio endoarteriectomia) e il decesso (11,0% nel braccio di controllo vs 7,1% nel braccio stenting; 9,6% nel braccio di controllo vs 8,8% nel braccio endoarteriectomia). Le rivascolarizzazioni durante il follow-up erano state principalmente legate alla comparsa di sintomi carotidei, alla progressione della stenosi o alla preferenza dei pazienti.
Secondo quanto riportato nello studio, i risultati del CREST-2 devono essere collocati nel contesto delle ricerche precedenti sulla stenosi carotidea asintomatica. Trial come SPACE-2 ed ECST-2 non avevano dimostrato un chiaro beneficio della rivascolarizzazione, ma presentavano criteri meno rigorosi o campioni ridotti. Lo studio di Oxford aveva evidenziato un tasso di ictus più basso nei pazienti trattati con sola terapia medica rispetto al CREST-2, ma includeva stenosi meno severe e un monitoraggio meno intensivo.
Gli autori hanno sottolineato che i due trial CREST-2 forniscono evidenze più solide rispetto a SPACE-2 ed ECST-2 sugli effetti della rivascolarizzazione rispetto alla terapia medica sugli esiti cerebrovascolari, e risultano più pertinenti dello studio di Oxford nel definire il rischio di ictus nei pazienti asintomatici con stenosi ≥ 70%.
Verso nuove linee guida e strategie personalizzate
Martin Brown, dell’University College di Londra, ha osservato che negli ultimi decenni il controllo dei fattori di rischio come ipercolesterolemia, ipertensione, diabete e abitudini alimentari scorrette è migliorato, riducendo l’incidenza di ictus nei pazienti con aterosclerosi, inclusi quelli con stenosi carotidea. Questo aveva sollevato dubbi sull’impatto della rivascolarizzazione nei pazienti asintomatici.
Brown ha sottolineato l’utilità del CREST-2 come ampio trial randomizzato, ricordando che la mancanza di beneficio significativo dell’endoarteriectomia rispetto alla terapia medica è coerente con studi precedenti e con osservazioni prospettiche. Secondo lui, i dati suggeriscono che non vi sia un ruolo per la chirurgia routinaria in questi pazienti, purché siano in grado di tollerare una terapia medica intensiva.
Per quanto riguarda lo stenting, Brown ha definito i risultati «molto impressionanti», considerando che studi precedenti avevano suggerito un’efficacia non superiore alla terapia medica contemporanea. Ha tuttavia avvertito che il beneficio significativo potrebbe essere stato influenzato dal caso, poiché l’analisi del CREST-2 aveva mostrato che la variazione di pochi eventi avrebbe potuto rendere il risultato non significativo. Ha aggiunto che il trial aveva selezionato con grande attenzione sia i pazienti sia gli operatori, garantendo procedure sicure, e che tali risultati potrebbero non essere replicabili in centri con minore esperienza.
Brown ha inoltre richiamato l’attenzione sul numero di pazienti che dovrebbero essere sottoposti a stenting per prevenire un singolo ictus, osservando che la maggior parte non avrebbe avuto eventi se trattata solo con terapia medica intensiva. Ha sottolineato il rischio di esporre molti pazienti a procedure invasive senza che sviluppino sintomi, con conseguente disagio e costi. La sua posizione, come neurologo, è che sia preferibile ottimizzare la gestione medica, riducendo colesterolo e pressione arteriosa, favorendo la perdita di peso e promuovendo una dieta equilibrata, come quella mediterranea. Con un approccio di attesa e monitoraggio, inevitabilmente alcuni pazienti avrebbero avuto ictus, per lo più di entità minore, e in quel momento si sarebbe potuto ricorrere alla rivascolarizzazione. Per coloro che non accettano tale rischio, lo stenting potrebbe rappresentare un’opzione ragionevole, purché eseguito in centri con operatori altamente qualificati.
Bibliografia
Brott TG, Howard G, Lal BK, et al. Medical Management and Revascularization for Asymptomatic Carotid Stenosis. N Engl J Med. 2025 Nov 21. doi: 10.1056/NEJMoa2508800. Epub ahead of print. leggi
Brown MM, Bonati LH. Managing asymptomatic carotid stenosis. N Engl J Med. 2025;Epub ahead of print.