In Cina maxi investimenti per la fusione nucleare


L’energia pulita e illimitata esiste: la corsa alla fusione nucleare è diventata una priorità per il governo cinese, che ci sta investendo fondi mai visti

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In diverse aree della Cina stanno sorgendo strutture imponenti, visibili persino dallo spazio. In un campus alberato della Cina orientale prende forma un edificio circolare con due bracci lunghi quanto una portaerei. Nel sud-ovest, su ex risaie, un’altra costruzione monumentale a forma di X avanza rapidamente, lontano dai riflettori. Sono i tasselli più evidenti di una strategia nazionale che punta a una posta altissima: dominare la fusione nucleare. Lo racconta in un reportage il New York Times.

La fusione è il processo che alimenta le stelle, promette energia praticamente illimitata, senza emissioni di carbonio, senza rischio di incidenti catastrofici e senza scorie radioattive a lunga durata. Un obiettivo inseguito da oltre un secolo, ma mai raggiunto su scala commerciale. Oggi, però, la competizione è entrata in una fase decisiva, con Cina e Stati Uniti impegnati in una sfida tecnologica e geopolitica sempre più esplicita.

Riprodurre la fusione sulla Terra è estremamente complesso. Occorre portare l’idrogeno a temperature superiori a quelle del Sole, trasformarlo in plasma e confinarlo abbastanza a lungo da permettere agli atomi di fondersi e liberare energia. Negli ultimi decenni, magneti superpotenti e laser ad altissima precisione hanno reso questo traguardo meno teorico, ma la distanza tra esperimento e centrale elettrica resta ampia.

Le due principali potenze mondiali seguono strade diverse. Negli Stati Uniti, la spinta arriva soprattutto dal settore privato: start-up finanziate da capitali di rischio, con il supporto mirato delle agenzie federali. In Cina, invece, la fusione è diventata una priorità di Stato. Il governo ha mobilitato risorse, industria e ricerca con una velocità che colpisce anche gli addetti ai lavori.

Un segnale chiaro è arrivato di recente dagli investimenti. Pechino ha stanziato oltre due miliardi di dollari per una nuova azienda statale dedicata alla fusione, una cifra che supera di gran lunga il budget annuo statunitense per questo settore. Parallelamente, una start-up di Shanghai è riuscita in tempi molto rapidi a replicare un risultato ingegneristico chiave ottenuto da una delle aziende americane più avanzate, dimostrando una notevole capacità industriale.

Il cuore del programma cinese – racconta il New York Times – è il tokamak BEST, in costruzione nella Cina orientale. L’obiettivo è ambizioso: ottenere, nei prossimi anni, una reazione che produca più energia di quanta ne serva per alimentare l’impianto. Sarebbe una soglia simbolica, ma cruciale, sulla strada verso applicazioni industriali. Accanto al reattore, è in fase di realizzazione un vasto complesso di laboratori per testare materiali e componenti in grado di resistere a condizioni estreme.

Non è l’unico fronte. Nel Sichuan, la Cina sta investendo anche nella fusione laser, dopo il successo ottenuto nel 2022 dal Lawrence Livermore National Laboratory negli Stati Uniti, che per la prima volta ha raggiunto l’“accensione”, producendo più energia di quanta ne fosse stata immessa dai laser. In meno di due anni, vicino a Mianyang è sorto un enorme impianto che, secondo analisi indipendenti, potrebbe ospitare Shenguang IV, una nuova generazione di laboratorio laser.

Questa linea di ricerca ha anche risvolti sensibili. La fusione laser consente di studiare condizioni simili a quelle di un’esplosione nucleare senza test reali, un aspetto che intreccia ricerca energetica e sicurezza militare. Non a caso, parte dei lavori procede sotto stretto riserbo.

Sul piano internazionale, la cooperazione scientifica si è progressivamente ridotta. Se in passato Stati Uniti e Cina collaboravano apertamente su esperimenti e pubblicazioni, oggi il clima è cambiato. La fusione è sempre più vista come un fattore di influenza strategica: chi riuscirà a renderla commerciale potrà esportare tecnologia, costruire impianti all’estero e ridefinire gli equilibri energetici globali. La fusione è entrata nel nuovo piano quinquennale come uno dei campi chiave della competizione tecnologica tra grandi potenze. Negli Stati Uniti, al contrario, il sostegno pubblico resta frammentato, mentre il peso dell’innovazione è affidato in larga parte al mercato.

FONTE: AGENZIA DI STAMPA DIRE (WWW.DIRE.IT)