Truffe agli anziani: sgominata banda con base a Napoli, trovati soldi nello scaldabagno


Call center, trasfertisti e corrieri: sgominata la banda delle truffe agli anziani. Arresti in molte città. L’organizzazione, molto strutturata, faceva capo alla Sicilia e a Napoli

truffe anziani

Questa mattina, nelle province di Napoli, Caserta, Benevento, Avellino, Palermo, Brescia, Pavia e Cosenza, i carabinieri del Comando provinciale di Genova, con la collaborazione dei comandi dell’Arma dei territori interessati, hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal gip di Napoli su richiesta della locale Procura della Repubblica, nei confronti di 21 soggetti gravemente indiziati dei reati di associazione per delinquere finalizzata alle truffe in danno di anziani, ricettazione, riciclaggio e autoriciclaggio, dei quali 15 destinatari di custodia cautelare in carcere, 2 della custodia cautelare agli arresti domiciliari e 4 sottoposti all’obbligo di dimora nel comune di residenza con l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.

Nel provvedimento cautelare sono stati contestate agli indagati complessivamente 33 truffe pluriaggravate, di cui 27 consumate e 6 tentate, perpetrate tra il maggio 2024 e il gennaio 2025, con profitti illeciti ancora in corso di quantificazione, ma che superano i 300mila euro.
Le truffe contestate sono avvenute in Liguria (Genova e Chiavari), Lombardia (Voghera e Pavia), Veneto (Verona), Lazio (Roma e Latina), Campania (Ottaviano), Calabria (Cosenza, Lamezia Terme e Catanzaro) e Sicilia (Palermo e Monreale).
Nel corso dell’indagine, avviata nel maggio 2024, sono state arrestate in flagranza di reato 5 persone e denunciati altri 7 individui per i reati di truffa e tentata truffa aggravata, nonché recuperati denaro e monili in oro sottratti alle vittime per un valore di circa 150mila euro.

Da quanto emerso nel corso delle attività investigative, le truffe venivano eseguite sempre tramite figure ben definite: i “telefonisti”, incaricati di contattare le vittime, i “trasfertisti”, deputati a prelevare il denaro e i gioielli dalle vittime, e i “corrieri” a cui, in alcuni casi, pur non partecipando alle truffe, è stato affidato il trasporto dei proventi dei delitti a Napoli.

Anche il modus operandi seguiva sempre lo stesso schema: le vittime venivano contattate telefonicamente da sedicenti appartenenti all’Arma dei carabinieri o avvocati, i quali riferivano che un congiunto dell’anziana vittima, generalmente un figlio o un nipote, aveva provocato un incidente stradale in cui la controparte era rimasta gravemente ferita. A quel punto, approfittando dello stato di agitazione ingenerato nel malcapitato con la falsa notizia, i truffatori gli facevano credere che, per evitare l’arresto del proprio parente, sarebbe stato necessario pagare immediatamente una “cauzione” per risarcire il ferito, spingendo la vittima a mettere a disposizione il denaro e i gioielli custoditi in casa che, entro un breve lasso di tempo, un incaricato avrebbe ritirato. Per evitare che la vittima avesse ripensamenti o chiedesse aiuto, il “telefonista” continuava ininterrottamente a intrattenerla al telefono, rimarcando la gravità dei fatti e il poco tempo disponibile per risolvere la situazione, fino a quando il “trasfertista” prelevava i beni e si dileguava.

Le indagini hanno documentato come il gruppo criminale abbia organizzato nel dettaglio la realizzazione delle truffe, usando per le trasferte verso tutto il territorio nazionale autovetture a noleggio, nonché sfruttando smartphone e utenze intestate a prestanome per i contatti tra i sodali, i quali comunicavano tendenzialmente solo mediante social network o attraverso le più comuni applicazioni di messaggistica istantanea.

Nel periodo di indagine, inoltre, è emerso che il gruppo aveva a disposizione almeno un appartamento e un B&B, adibiti a “call center”, nella città di Napoli, in cui la coppia a capo dell’organizzazione si riuniva con i “telefonisti”. Il sodalizio era ben radicato anche in Sicilia, dove due degli indagati operavano attivamente soprattutto nella provincia di Palermo, da dove inviavano il provento delle truffe a Napoli.

Il gruppo poteva contare anche sul supporto di almeno due orafi napoletani, che avevano il compito di valutare, smontare, acquistare o riciclare i gioielli provento dei delitti. In particolare, uno dei due professionisti è titolare di una gioielleria situata nel cuore del capoluogo campano, in zona Spaccanapoli, mentre l’altro è titolare di un laboratorio orafo abusivo al Borgo Orefici.

L’indagine ha documentato anche che il denaro ricavato dall’attività illecita è stato investito sia nell’acquisto di un immobile, sia in un’agenzia di scommesse, ubicata nel quartiere San Giuseppe di Napoli, utilizzata per riciclare il denaro sporco. Oltre alle misure cautelari personali sono stati eseguiti provvedimento di sequestro preventivo di un laboratorio orafo abusivo, ubicato a Napoli nel Borgo Orefici, un’abitazione ubicata nel quartiere di Napoli Poggioreale, acquistata con i proventi dei delitti, un’agenzia di scommesse, ubicata nel quartiere San Giuseppe di Napoli, tre autovetture (DR5, Jeep Renegade e Fiat Panda) ed un motoveicolo Yamaha T-Max, la somma contante di euro 100.900, già sequestrata nel gennaio scorso. A seguito dell’esecuzione del provvedimento cautelare sono stati altresì sequestrati, all’interno dell’abitazione di un’indagata, 120mila euro in contanti, occultati all’interno di uno scaldabagno, nonché all’interno dell’abitazione di un altro indagato altri 40mila euro in contanti.

FONTE: AGENZIA DI STAMPA DIRE (WWW.DIRE.IT)