L’insonnia è una patologia diffusa che colpisce circa 13,4 milioni di italiani, soprattutto donne (60-70% dei casi), con una maggiore incidenza tra i 45 e i 65 anni, e che comporta gravi ripercussioni sulla salute pubblica
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L’insonnia è una patologia diffusa che colpisce circa 13,4 milioni di italiani, soprattutto donne (60-70% dei casi), con una maggiore incidenza tra i 45 e i 65 anni, e che comporta gravi ripercussioni sulla salute pubblica e sull’economia nazionale. I costi diretti e indiretti stimati, infatti, sono circa 14 miliardi di euro l’anno, pari allo 0,74% del PIL, suddiviso tra costi diretti (ricoveri, visite mediche, farmaci) e costi indiretti (assenteismo, presenzialismo, incidenti stradali e domestici).
Come indicato nel Paper “The need to prioritize Insomnia disorder in public health agendas: a wakeup callposition paper from European and Canadian experts in sleep and mental health”, pubblicato su Sleep Medicine, l’insonnia è classificata come un disturbo mentale e del sonno, secondo i principali sistemi diagnostici (DSM-5, ICSD-3, ICD-11). I criteri di classificazione includono difficoltà nell’addormentarsi, nel mantenere il sonno o risvegli precoci, con impatto significativo sulla vita quotidiana per almeno tre mesi.
Secondo la Classificazione Internazionale dei Disturbi del Sonno, e il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, l’insonnia diventa cronica quando il paziente lamenta difficoltà nel sonno almeno tre notti alla settimana per un periodo di tre mesi consecutivi, nonostante adeguate opportunità di dormire e non siano meglio spiegate da un altro disturbo del sonno-veglia, non siano attribuibili agli effetti fisiologici di una sostanza e non siano spiegate da una condizione mentale o medica coesistente. L’insonnia cronica si stima che colpisca circa il 6% della popolazione adulta italiana.
L’insonnia cronica comporta un impatto sulla salute mentale e fisica di chi ne soffre, sia quando si presenta come disturbo primario, sia in associazione a comorbidità psichiatriche o mediche. Questo impatto non riguarda solo la notte e il sonno, infatti, oltre il 60% dei pazienti italiani con disturbi del sonno dichiara di subire un impatto negativo significativo sul benessere psicologico e Il 43% dei pazienti riporta una compromissione della vita sociale.
I disturbi del sonno incidono inoltre sulla partecipazione attiva al mondo del lavoro. L’insonnia cronica rappresenta un costo nascosto per il welfare collettivo, influenzando rendimento, occupabilità e coesione sociale.
“Quando parliamo di insonnia non ci riferiamo solo alla mancanza di sonno ma di una malattia che ha un impatto molto importante anche sulla salute mentale e fisica dei pazienti. Le principali cause dell’insonnia cronica sono multifattoriali: stress, disturbi psichiatrici e comorbidità. Questa aumenta il rischio di sviluppare disturbi, tra cui depressione, ansia, abuso di alcol, rischio suicidario, demenza e ictus, malattie cardiovascolari e disturbi metabolici, come obesità e diabete”, ha commentato il Professor Luigi Ferini-Strambi, Primario del Centro di Medicina del Sonno e Professore Ordinario di Neurologia alla Facoltà di Psicologia dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano.
L’insonnia è una patologia sottodiagnosticata: solo il 40% dei pazienti riceve una diagnosi e solo il 21% viene trattato.
“La diagnosi precoce è fondamentale, ma oggi ancora pochi pazienti ricevono una diagnosi. Serve un cambio di passo nella consapevolezza clinica e nell’accesso alle cure, per poter garantire a questi pazienti una vita normale. Riconoscerla è fondamentale per poter eseguire una diagnosi precoce e intervenire tempestivamente per poter permettere a chi ne soffre di tenere sotto controllo le comorbidità, anche gravi. Da una recente indagine condotta da Elma Research su 400 pazienti italiani è emerso che, del 58% dei pazienti con un impiego, l’86% lamenta ripercussioni negative sul lavoro: la metà ha perso giornate lavorative (in media 7 giorni l’anno), mentre l’82% dichiara una riduzione della performance per almeno 3 giorni a settimana. Il 24% ha perso il posto di lavoro a causa dell’insonnia. Non meno rilevante è il dato sugli incidenti: il 22% dei pazienti ha avuto un incidente negli ultimi 12 mesi, con il 38% dei casi che ha richiesto assistenza medica. Questi dati testimoniano concretamente quanto alto sia l’impatto della malattia sulla ita dei pazienti e quanto sia necessario trattarli nel miglior modo possibile”, ha spiegato Emi Bondi, Direttrice del Dipartimento di Salute Mentale dell’Ospedale San Giovanni XXIII di Bergamo, Presidente uscente della Società Italiana di Psichiatria (SIP).
Il trattamento dell’insonnia cronica in Italia si basa su un approccio integrato, che combina interventi non farmacologici e farmaci mirati. Le linee guida italiane e internazionali concordano su un punto: la terapia cognitivo-comportamentale per l’insonnia (CBT-I) è la prima scelta. Questo protocollo, strutturato in 6-8 sedute, aiuta a modificare pensieri e comportamenti disfunzionali legati al sonno, riducendo l’ansia da prestazione notturna e ripristinando un ritmo sonno-veglia sano.
Quando la CBT-I non è sufficiente o non è disponibile, si ricorre ai farmaci. La farmacologia offre oggi soluzioni di nuova generazione, più rispettose dei meccanismi fisiologici del sonno rispetto ai farmaci tradizionali con effetto sedativo, che agiscono regolando i neuropeptidi della veglia invece di “forzare” il sonno attraverso la sedazione. In questo modo, il riposo recupera la sua architettura naturale e la persona ritrova un equilibrio più stabile anche nelle ore diurne. Questi farmaci, insieme a un percorso di consapevolezza e di igiene del sonno, permettono un trattamento efficace e sostenibile nel lungo periodo. L’obiettivo non è solo far dormire, ma restituire un sonno fisiologico, rigenerante, che migliori la qualità della veglia, l’energia, la lucidità e la capacità di affrontare la giornata.
“Chi soffre di insonnia cronica vive un percorso ad ostacoli: dalle difficoltà nel riconoscimento della malattia, alle scarse informazioni sui sintomi e sulle conseguenze, con poche risorse dedicate. Come Associazione, lavoriamo da un lato per dare voce a questi pazienti e farli sentire meno soli nell’affrontare una malattia così invalidante, che ha ripercussione serie anche sulla vita sociale e familiare, dall’altro per sensibilizzare opinione pubblica e Istituzioni affinché venga inserita nelle agende di salute pubblica. Questo con lo scopo di promuovere e sensibilizzare sulla diagnosi precoce, sullo sviluppo di percorsi terapeutici efficaci e ad hoc e per mettere a terra soluzioni di welfare che tengano conto dell’impatto sanitario, sociale ed economico della patologia”, ha concluso Marco Rolandi, Presidente di RLS Italia (Sindrome delle gambe senza riposo – APS).