Nuovi anticorpi Regeneron promettenti per la prevenzione del tromboembolismo venoso


Prevenzione del tromboembolismo venoso, in fase II risultati promettenti per i nuovi anticorpi di Regeneron anti-fattore XI

Tromboembolismo venoso: conferme di efficacia per milvexian secondo i risultati dello studio di fase 2 AXIOMATIC-TKR

Due nuovi anticorpi sperimentali sviluppati da Regeneron contro il fattore XI della coagulazione hanno mostrato un marcato effetto antitrombotico in pazienti sottoposti a chirurgia protesica di ginocchio. I dati, provenienti da due studi di Fase 2, sono stati presentati come late-breaking science alle Scientific Sessions dell’American Heart Association (AHA) a New Orleans e pubblicati in contemporanea su The Lancet.

Regeneron sta sviluppando due anticorpi con caratteristiche differenti. Il primo, REGN7508Cat, è pensato per offrire un’azione anticoagulante più intensa mantenendo un rischio di sanguinamento molto basso. Il secondo, REGN9933A2, è stato progettato specificamente per i pazienti più fragili, quelli con il rischio di sanguinamento più elevato, per i quali oggi spesso non esiste un’alternativa davvero sicura. L’idea è di arrivare a una terapia anticoagulante personalizzata, adattata al profilo di rischio del singolo paziente. È un approccio che, se confermato, potrebbe cambiare radicalmente la gestione clinica della trombosi.

Un altro aspetto molto promettente riguarda la modalità di somministrazione: una sola dose endovenosa può essere sufficiente per coprire l’intero periodo di rischio dopo un intervento chirurgico. In futuro potrebbero arrivare anche formulazioni sottocutanee con somministrazioni mensili o trimestrali, una prospettiva che migliorerebbe enormemente la qualità della vita e l’aderenza terapeutica.

L’obiettivo è permettere ai clinici di personalizzare la terapia anticoagulante in base al profilo di rischio individuale. Le potenziali applicazioni vanno ben oltre la chirurgia ortopedica. Se gli studi di Fase 3 confermeranno quanto emerso finora, gli inibitori del fattore XI potrebbero diventare opzioni fondamentali per prevenire trombosi ricorrenti, per i pazienti oncologici, per chi ha insufficienza renale, per le persone anziane o per chi ha già avuto sanguinamenti con gli anticoagulanti tradizionali.

Risultati: forte riduzione degli eventi trombotici, senza sanguinamenti clinicamente rilevanti
Gli studi ROXI-VTE-I e ROXI-VTE-II hanno valutato una singola dose endovenosa dei due anticorpi, confrontata con gli anticoagulanti standard enoxaparina e apixaban. Storicamente, circa un paziente su due operato di protesi totale di ginocchio sviluppa trombosi venosa profonda in assenza di profilassi.

In questo contesto, entrambi i farmaci di Regeneron hanno mostrato una netta riduzione degli eventi tromboembolici (VTE):
• REGN7508Cat (ROXI-VTE-II): 7,1% di VTE vs 17,2% con enoxaparina.
Nella pooled analysis, REGN7508Cat risulta superiore a enoxaparina (–13,6%; IC 95% –21,1% / –6,0%).

• REGN9933A2 (ROXI-VTE-I): 17,2% di VTE vs 22,2% con enoxaparina e 12,4% con apixaban.

Nessun braccio degli studi ha riportato sanguinamenti maggiori o clinicamente rilevanti, e l’unico evento avverso correlato al trattamento è stato un lieve ematoma nel gruppo enoxaparina. I tassi di eventi avversi sono risultati simili fra i vari trattamenti, senza decessi né interruzioni di terapia.

Secondo Jeffrey I. Weitz, principale autore dello studio e professore alla McMaster University, i risultati «confermano il ruolo chiave del fattore XI nella trombosi post-operatoria» e suggeriscono che questi anticorpi potrebbero offrire «una nuova flessibilità terapeutica per pazienti con profili di rischio diversi». I dati con REGN9933A2 mostrano inoltre, per la prima volta, il contributo dell’attivazione del fattore XI mediata dal fattore XIIa nella trombosi post-chirurgica.

Avviati gli studi di Fase 3
Alla luce dei risultati, Regeneron ha già avviato gli studi di Fase 3 in pazienti sottoposti a protesi totale di ginocchio, nell’ambito di un più ampio programma clinico che esplorerà l’uso di REGN7508Cat e REGN9933A2 in molteplici popolazioni e contesti clinici.
L’azienda ha inoltre annunciato un “Regeneron Roundtable” virtuale per gli investitori, previsto il 10 novembre alle 8:30 ET, per discutere lo sviluppo degli anticorpi anti-fattore XI.

Commento generale
Inibire il fattore XI della coagulazione è oggi considerato uno dei passi più promettenti verso una nuova generazione di terapie anticoagulanti più sicure. Il motivo è semplice: il fattore XI è coinvolto soprattutto nella coagulazione “patologica”, quella che porta alla formazione di trombi indesiderati dopo un intervento chirurgico, nelle vene profonde o in altre condizioni cliniche. Al contrario, il suo ruolo nella normale emostasi, quella che serve a fermare un’emorragia, è molto più limitato.

È questa caratteristica a renderlo un bersaglio terapeutico estremamente interessante: bloccandolo, si riduce in modo significativo il rischio di trombosi senza aumentare in maniera rilevante il rischio di sanguinamento, che rappresenta il principale tallone d’Achille degli anticoagulanti attuali.

Oggi, infatti, esistono molti pazienti che non possono assumere o non riescono a mantenere una terapia anticoagulante proprio per il timore di sanguinamenti gravi. Gli anticoagulanti orali diretti e le eparine sono efficaci, ma comportano rischi e limitazioni: interazioni farmacologiche, dosaggi frequenti, scarsa aderenza, e soprattutto un aumento del rischio emorragico che porta spesso a ridurre o sospendere il trattamento. Molti pazienti rimangono così esposti al rischio di eventi trombotici potenzialmente letali.

In questo scenario si inseriscono i nuovi anticorpi anti-fattore XI. Gli studi presentati all’AHA e pubblicati su The Lancet confermano che questi farmaci sperimentali sono in grado di ridurre drasticamente gli eventi tromboembolici dopo una protesi totale di ginocchio, un contesto clinico in cui la trombosi è particolarmente frequente. Ancora più interessante è che tale efficacia si accompagna a un profilo di sicurezza estremamente favorevole: nessun sanguinamento maggiore o clinicamente rilevante è stato osservato negli studi finora condotti.

Gli inibitori di FXIa sono considerati la possibile “terza generazione” degli anticoagulanti, ma la recente battuta d’arresto di milvexian mostra che il salto dal razionale biologico al beneficio clinico non è semplice. Bayer ha sospeso lo studio principale su asundexian nella fibrillazione atriale, pur continuando la sperimentazione nell’ictus non cardioembolico. Novartis ha investito quasi 1 miliardo su un anticorpo anti-FXI. Lo stop di milvexian è quindi un segnale per tutto il settore, specie in aree terapeutiche già ricche di alternative efficaci.

Pur tra incertezze e risultati contrastanti, gli anti-fattore XI restano comunque una delle strade più promettenti: l’obiettivo è offrire una protezione efficace dal rischio trombotico con un profilo di sicurezza superiore a quello degli anticoagulanti attuali. È un traguardo che richiede conferme negli studi più ampi in corso, ma i dati preliminari lasciano intravedere la possibilità di una profilassi antitrombotica meno condizionata dal timore di sanguinamenti.