Disturbi alimentari e ortoressia, quando gli uomini si “ammalano” di benessere


Ortoressia: l’ossessione patologica per il mangiare “puro” colpisce in Italia 400mila persone. Con prevalenza maschile

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E’ l’ossessione patologica per il mangiare “puro”, che in Italia, secondo i dati del Ministero della Salute coinvolge 300-400 mila persone, su oltre 3 milioni che soffrono di DCA. L’ortoressia colpisce maggiormente gli uomini (11,3%) che le donne (3,9%) (Donini e coll. 2004). E a livello internazionale, le meta-analisi mostrano tassi medi del 20–30% nei campioni studiati, con giovani adulti e adolescenti come fascia più esposta.

A porre l’attenzione su questa patologia in crescita, ma ancora troppo sottovalutata, è Lilac-Centro DCA, digital health tech startup prima realtà in Italia nata con l’obiettivo di creare un modello innovativo per il trattamento dei disturbi alimentari.

“Prendersi cura della propria alimentazione è importante – spiega Giuseppe Magistrale, psicoterapeuta e co-founder di Lilac-Centro DCA – e scegliere cibi freschi può certamente contribuire al benessere. Ma è altrettanto importante che questa attenzione non diventi un sistema rigido di regole. Quando il valore di ciò che mangiamo viene misurato solo in termini di ‘purezza’ o ‘correttezza’, il rischio è che la ricerca di equilibrio lasci spazio a un rapporto ansioso e iper-controllato con il cibo. Ed è proprio in questa trasformazione silenziosa che il confine tra cura e ossessione può diventare sottile.”

Anche se non è ancora ufficialmente inserita nel DSM-5 (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali) l’ortoressia desta sempre più attenzione nella comunità scientifica.

“Vivere una condizione di ortoressia spesso è sintomo di un disagio personale più profondo, legato possibilmente a insicurezze o traumi e spesso con conseguenze pericolose sia dal punto di vista relazionale che fisico – chiarisce Magistrale di Lilac-Cenro DCA –  Il trattamento richiede un approccio multidisciplinare: psicoterapia per lavorare su pensieri rigidi e perfezionismo, psicoeducazione nutrizionale per ristabilire un rapporto realistico con il cibo e, nei casi più complessi, supporto medico per la gestione delle conseguenze fisiche.”

“Un percorso psicologico – aggiunge Filippo Perotto, co-founder di Lilac-Centro DCA – può essere di grande aiuto per riconoscere non solo le cause che portano la persona ad assumere tali comportamenti disfunzionali, ma anche a modificarli e ritrovare un rapporto con il proprio corpo e con il cibo più salutare.”

C’è poi un altro aspetto da considerare. Una ricerca (2020 Yılmaz et al.) ha indagato la possibile associazione delle tendenze ortoressiche con sintomi ossessivo-compulsivi, atteggiamenti alimentari ed esercizio fisico, evidenziando come queste tendenze dei partecipanti che svolgevano regolarmente esercizi fisici erano più elevate rispetto a quelle dei soggetti con diagnosi di disturbi ossessivi-compulsivi e degli individui sani che non svolgevano alcun esercizio.

“Per quanto ovviamente siano necessari studi con campioni di grandi dimensioni e diagnosi diverse per determinare il ruolo dell’ortoressia nervosa nei sistemi di diagnosi e classificazione – puntualizza Giuseppe Magistrale – un punto in comune può essere però quello di una certa ricerca della perfezione che unita a una possibile e sottesa bassa autostima può far cadere nel perfezionismo chi sta vivendo nella condizione dell’ortoressia.”

“Senza dimenticare – conclude Filippo Perotto di Lilac-Centro DCA – la pressione sociale e ‘social’ che gli uomini subiscono ormai sempre più frequentemente nel dover dimostrare di avere un fisico ‘fit’. Pressione che porta, inoltre, a una normalizzazione delle diete restrittive fatta di alimenti iperproteici, spesso assunti in grandi quantità – e a discapito degli altri nutrienti – e senza reale utilità e beneficio per l’organismo. Ma spinti, anche, da un marketing aggressivo che negli ultimi anni ha visto crescere il segmento dei cosiddetti prodotti ‘ricchi in proteine’ del 20% per un valore di mercato complessivo che supera i 2 miliardi di euro (dati Osservatorio Immagino GS1 Italy).”