Un’infusione intracoronarica di cellule staminali mesenchimali potrebbe ridurre il rischio di sviluppare scompenso cardiaco dopo un infarto miocardico acuto
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Un’infusione intracoronarica di cellule staminali mesenchimali potrebbe ridurre il rischio di sviluppare scompenso cardiaco dopo un infarto miocardico acuto con sopraslivellamento del tratto ST (STEMI). È quanto emerge dallo studio PREVENT-TAHA8, pubblicato sul BMJ e presentato al congresso TCT 2025.
A tre anni dal trattamento, il 5,7% dei pazienti che avevano ricevuto un’infusione di cellule mesenchimali derivate dalla gelatina di Wharton (il tessuto connettivo della corda ombelicale, ricco di cellule staminali) ha sviluppato o è stato ricoverato per scompenso cardiaco, rispetto al 16% di coloro trattati con la sola terapia standard.
Secondo gli autori, guidati da Armin Attar (Shiraz University of Medical Sciences, Iran), questi risultati “posizionano le cellule mesenchimali come un’opzione aggiuntiva promettente per mitigare lo sviluppo dello scompenso cardiaco post-infartuale”.
Effetto antinfiammatorio e miglioramento della funzione ventricolare
Il possibile beneficio, spiegano i ricercatori, potrebbe derivare dalle proprietà antinfiammatorie delle cellule mesenchimali, un effetto già ipotizzato in altri studi come il DREAM-HF trial, dove la somministrazione di cellule staminali in pazienti con scompenso aveva ridotto il rischio di nuovi eventi ischemici.
Nel PREVENT-TAHA8 è emerso anche un miglioramento significativo della frazione di eiezione ventricolare sinistra (LVEF): a sei mesi, i pazienti trattati con staminali avevano un incremento medio del 6% rispetto al gruppo di controllo (p < 0,001). Un dato che suggerisce un potenziale impatto positivo sulla funzione cardiaca a medio termine.
Uno studio rigoroso su pazienti ad alto rischio
Lo studio ha arruolato 396 pazienti (età media 59 anni; 19% donne) in tre ospedali universitari iraniani. Tutti avevano avuto un infarto anteriore acuto trattato con PCI e presentavano una frazione di eiezione inferiore al 40%.
Nel gruppo sperimentale, le cellule mesenchimali sono state infuse direttamente nelle coronarie entro 3-7 giorni dall’angioplastica, come complemento alla terapia medica raccomandata (GDMT).
Durante il follow-up, l’incidenza di scompenso cardiaco e di ricoveri correlati è risultata significativamente più bassa rispetto al gruppo controllo, con un hazard ratio di 0,43 per la prima occorrenza di scompenso e 0,22 per le riospedalizzazioni.
Anche il composito di mortalità cardiovascolare e nuovo infarto ha mostrato una riduzione significativa (HR 0,39), pur in assenza di differenze nei singoli endpoint di mortalità o reinfarto isolato.
“Le staminali hanno deluso in passato, ma la ricerca riparte”.
Il cardiologo Jay H. Traverse (Minneapolis Heart Institute) ha commentato i risultati ricordando che le speranze nelle terapie cellulari sono state spesso deluse da studi negativi, ma che questa nuova generazione di approcci “riaccende l’interesse su basi più solide”:
“Le cellule mesenchimali sembrano più adatte di quelle del midollo osseo, che spesso, dopo l’infusione, semplicemente passano nel circolo senza un reale effetto sul cuore. L’ipotesi antinfiammatoria è plausibile e, se confermata, potremmo avere un trattamento aggiuntivo semplice ed economico.”
Traverse ha aggiunto che, se un’infusione potesse anche solo prevenire una singola ospedalizzazione per scompenso, “probabilmente si ripagherebbe da sola”.
Prospettive e limiti
Gli autori invitano comunque alla prudenza: saranno necessari nuovi studi di fase I e II per definire il tipo di cellula, la modalità di infusione e la tempistica ottimale, oltre che per valutare benefici clinici a lungo termine.
“Molti studi precedenti si sono concentrati su endpoint surrogati,” scrivono Attar e colleghi. “Servono ora trial che misurino direttamente gli effetti sugli outcome clinici.”
Traverse concorda: “Non credo che la terapia cellulare tornerà presto al centro dell’interesse come 10 o 15 anni fa, ma lavori come questo mostrano che c’è ancora spazio per esplorare approcci biologici alla rigenerazione miocardica.”
Con la crescente attenzione verso i meccanismi infiammatori post-infarto e l’arrivo di nuovi farmaci immunomodulatori, la sfida sarà capire se e come le staminali possano trovare un posto stabile accanto alle terapie convenzionali.
Bibliografia
Attar A, Mirhosseini SA, Mathur A, et al. Prevention of acute myocardial infarction–induced heart failure by intracoronary infusion of mesenchymal stem cells: phase 3 randomized clinical trial (PREVENT-TAHA8). BMJ. 2025;391:e083382.