Badanti a Bologna: sono sempre di meno e l’età media avanza


A Bologna ci sono meno badanti e sono sempre più anziane: ma i contratti sono in regola? Le Acli fanno il punto sul lavoro domestico in città

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L’età media di badanti e colf che lavorano a Bologna è sempre più alta e al contempo cala il numero dei contratti registrati, facendo temere un aumento del nero. A fare il punto sono le Acli, presentando l’edizione 2025 del proprio report sul lavoro domestico e commentando le conseguenze attese in base al nuovo contratto nazionale. I dati al centro dell’analisi, illustrati in conferenza stampa dal direttore Matteo Mariottini, si basano sui 2.155 contratti attivi gestiti dalle Acli con 823 nuove assunzioni nel 2025. Prevalgono di gran lunga le donne (93%) provenienti dall’estero (91%), in particolare dall’Europa dell’est (64%) e dall’Asia orientale (19%). Il 66% ha più di 50 anni e, in particolare, le fasce di età più rappresentate sono quelle 50-60 (37,7%) e 60-70 (26,2%); si segnala anche un 1,8% di over 70.

I CONTRATTI SONO SEMPRE MENO, RISCHIO LAVORO IN NERO

Passando ai datori di lavoro, anche qui prevalgono le donne (61%) ma il luogo di nascita è quasi sempre l’Italia (96%). Il 59% ha più di 70 anni e la fascia di età più corposa è quella oltre gli 80 (41%), con almeno tre o quattro persone ultracentenarie. Il report Acli segnala poi, sulla base dei dati Inps, che dopo il Covid (quando i contratti erano indispensabili per circolare) si è registrato su scala provinciale “un forte decremento” delle assunzioni regolari, sottolinea Mariottini: da 23.913 nel 2021 a 19.375 nel 2024, soprattutto per le colf (da 11.117 a 7.909) più che per le badanti (da 12.796 a 11.466). Ma se i contratti calano mentre gli anziani in città sono sempre più numerosi, allora “significa che aumenta il lavoro nero“, avverte il presidente del Patronato Acli, Filippo Diaco: non a caso anche in questo settore si parla di “caporalato”, con contratti alla fine “mai regolarizzati” e persone che finiscono per lavorare “sette giorni su sette e senza tutele”.

LE BADANTI SONO SEMPRE PIÙ IN LÀ CON L’ETÀ

E spesso si tratta di donne a loro volta in età avanzata, sottolinea Diaco: se nel 2009 la media era di 55 anni e la badante più anziana tra quelle censite ne aveva 71, oggi l’età è salita a 66 e ci sono nove lavoratrici che hanno superato i 75. Una di loro, aggiunge sempre Diaco, di anni ne ha addirittura 79. Nella giornata del 25 novembre, allora, è il caso di parlare anche della “violenza sociale” che ricade su queste donne, dichiara la presidente delle Acli, Chiara Pazzaglia, visto che a fronte di un lavoro usurante si parla di “anziane costrette ad occuparsi di altre anziane”.

“UN LUSSO CHE NON TUTTI POSSONO PERMETTERSI”

Passando al nuovo contratto, si prospettano aumenti salariali che rappresentano “un diritto sacrosanto delle lavoratrici ma anche un impegno gravoso per famiglie in situazione di fragilità”, avverte Pazzaglia. Numeri alla mano, l’esperta Stefania Fabozzi spiega che oggi per il contratto più diffuso (assistenza a tempo pieno di una persona non autosufficiente) una famiglia spende 1.690 euro al mese che, tolti i contributi Inps, diventano 1.060 per la lavoratrice. Con il nuovo contratto, si ipotizza che la spesa possa salire di circa 170 euro dal 2026 e di circa 230 euro a regime, dal 2028. Al contempo, la parte deducibile ammonta a “qualche centinaia di euro l’anno e anche le detrazioni fiscali hanno un tetto risibile”, afferma Pazzaglia, mentre le varie agevolazioni oggi esistenti, per quanto utili, “sono comunque per i redditi bassi. Ma già una famiglia con due pensioni normali non rientra in questi parametri, quindi di fatto avere una badante è un lusso che non tutti si possono permettere“. Per questo le Acli rilanciano la petizione nazionale che chiede la deducibilità delle spese sostenute per le badanti e la loro equiparazione alle spese sanitarie: 183.000 le firme finora raccolte.