Mepolizumab ha dimostrato benefici clinicamente significativi nel migliorare la funzionalità cardiaca, renale e vascolare nei pazienti con granulomatosi eosinofilica con poliangioite
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Mepolizumab ha dimostrato benefici clinicamente significativi nel migliorare la funzionalità cardiaca, renale e vascolare nei pazienti con granulomatosi eosinofilica con poliangioite (EGPA) e sindrome ipereosinofila (HES), superando la terapia standard nell’ambito della real life. Lo dimostrano i risultati di un ampio studio Usa, presentato in occasione del congresso ERS.
Questi risultati suggeriscono un potenziale effetto protettivo multisistemico del trattamento, con importanti implicazioni per la gestione clinica e la ricerca futura.
Razionale e obiettivi
La granulomatosi eosinofilica con poliangioite (EGPA) e la sindrome ipereosinofila (HES) sono malattie sistemiche rare caratterizzate da eosinofilia persistente e infiltrazione tissutale, che possono determinare un coinvolgimento multiorgano e danno d’organo (end-organ dysfunction, EOD). Il trattamento standard (SoC) si basa tradizionalmente su corticosteroidi, immunosoppressori, DMARD e, in alcuni casi, terapie a base di farmaci biologici.
Mepolizumab, un anticorpo monoclonale anti-interleuchina-5, ha già dimostrato di ridurre le manifestazioni di malattia e la necessità di corticosteroidi, ma le evidenze relative agli effetti diretti sulla funzione d’organo nella pratica clinica reale restano limitate.
Scopo di questo studio è stato quindi valutare, in un’ampia popolazione statunitense, l’impatto di mepolizumab sulla disfunzione d’organo rispetto alle terapie standard in pazienti affetti da EGPA o HES.
Disegno dello studio
Lo studio ha adottato un disegno di coorte retrospettivo basato su dati amministrativi e cartelle cliniche elettroniche (EHR) provenienti dal database Optum Market Clarity. Sono stati inclusi pazienti adulti con EGPA (≥18 anni) e adolescenti o adulti con HES (≥12 anni), identificati al momento dell’inizio del trattamento con mepolizumab o con la terapia standard, considerato come momento indice.
I partecipanti sono stati suddivisi in due coorti: una di pazienti trattati con mepolizumab e una di pazienti in trattamento standard cronico, definito da almeno sei mesi di assunzione di corticosteroidi a dosaggio superiore a 7,5 mg/die (prednisone equivalente) e/o almeno due prescrizioni di immunosoppressori o DMARD.
Nei sei mesi precedenti l’inizio del trattamento, sono state analizzate le caratteristiche demografiche, le comorbidità, l’uso pregresso di SoC e le procedure correlate al danno d’organo. Per garantire la comparabilità tra i gruppi, è stata applicata una ponderazione per probabilità inversa di trattamento (IPTW).
Gli outcome di disfunzione d’organo sono stati valutati a partire da 12 mesi dopo l’inizio della terapia, prendendo in esame la proporzione e il tasso di EOD, oltre alla variazione dello stato di EOD nel tempo.
Le analisi statistiche, condotte separatamente per EGPA e HES, hanno utilizzato lo Z-test per confrontare i gruppi ponderati.
Risultati principali
Lo studio ha incluso 1102 pazienti con EGPA (375 trattati con mepolizumab e 727 con terapia standard) e 784 pazienti con HES (198 trattati con mepolizumab e 586 con terapia standard).
Nei pazienti con EGPA, l’analisi ponderata ha evidenziato miglioramenti numerici in 14 diverse condizioni di disfunzione d’organo tra coloro che erano stati trattati con mepolizumab rispetto a quelli rimasti in terapia standard. In particolare, mepolizumab è risultato associato ad un miglioramento significativo dell’insufficienza renale acuta (63,4% contro 23,4%; p = 0,026) e della malattia renale cronica di stadio III (p = 0,009), suggerendo un effetto favorevole sulla funzione renale.
Tra i pazienti con HES, i risultati sono stati analogamente incoraggianti: mepolizumab ha determinato miglioramenti in 12 condizioni di disfunzione d’organo, con risultati statisticamente significativi per la riduzione dell’insufficienza mitralica (90,9% contro 29,4%; p < 0,001) e della trombosi venosa (69,5% contro 8,1%; p = 0,009).
Riassumendo
Nel complesso, il trattamento con mepolizumab è risultato associato a benefici clinici multisistemici, in particolare a livello cardiaco, renale e vascolare, rispetto alla terapia standard.
Questi risultati confermano il potenziale ruolo protettivo del farmaco sui principali sistemi d’organo e ne supportano l’impiego nella gestione a lungo termine di queste patologie rare e complesse. Inoltre, aprono la strada a ulteriori studi volti a valutare la durata e la rilevanza clinica di questi effetti.
È importante sottolineare che, sia in Europa sia in Italia, mepolizumab ha ricevuto l’approvazione regolatoria per l’impiego in EGPA e HES: in particolare, la European Medicines Agency (EMA) ha autorizzato l’uso come add-on per pazienti con EGPA ≥ 6 anni e per adulti con HES inadeguatamente controllata.
Bibliografia
Silverman D et al. Mepolizumab Reduces End-Organ Manifestations Compared with Standard of Care in Patients with EGPA and HES: A US Real-world Analysis. Abstract LB16; ACR 2025, Chicago.