Ipertensione arteriosa polmonare: negli Stati Uniti l’agenzia regolatoria Fda approva sotatercept anche per i casi più gravi
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La Fda statunitense ha approvato l’aggiornamento dell’indicazione di sotatercept includendo esplicitamente la riduzione di eventi di “peggioramento clinico” come ospedalizzazioni per PAH, trapianto polmonare e morte nei pazienti con ipertensione arteriosa polmonare (PAH) in classe funzionale WHO III-IV ad alto rischio. L’estensione si basa sui risultati dello studio di fase III ZENITH.
Il farmaco è un inibitore della segnalazione dell’activina, first-in-class, già approvato dalla Fda nel marzo 2024 come trattamento per migliorare la capacità di esercizio, la classe funzionale e ridurre il rischio di progressione clinica nei pazienti adulti con PAH. L’aggiornamento dell’etichetta riconosce ora formalmente l’impatto del farmaco sugli esiti più estremi della malattia: ricovero, trapianto, sopravvivenza.
Dati ZENITH: rischio grave ridotto del 76%
ZENITH ha arruolato 172 adulti con PAH in stadio avanzato, tutti già trattati con la massima terapia di fondo tollerata. L’aggiunta di sotatercept allo standard di cura ha determinato una riduzione del 76% del rischio di morbidità e mortalità maggiori rispetto al placebo. L’endpoint primario era il tempo al primo evento tra morte per qualsiasi causa, trapianto di polmone o ospedalizzazione per peggioramento della PAH ≥24 ore.
Questi eventi si sono verificati nel 17% dei pazienti trattati con sotatercept, contro il 55% del gruppo placebo. L’efficacia è stata così marcata da portare il comitato indipendente di monitoraggio a interrompere lo studio in anticipo per “overwhelming efficacy”, consentendo poi ai pazienti di passare a terapia aperta con sotatercept.
“Per i pazienti con PAH, il rischio di eventi seri come ospedalizzazione, trapianto o morte resta inaccettabilmente alto nonostante le terapie tradizionali,” ha commentato Vallerie McLaughlin (University of Michigan), sottolineando come i dati di ZENITH sostengano il potenziale di sotatercept come nuovo standard di cura nei casi più gravi.
MSD ha definito l’approvazione FDA “un ulteriore passo nella nostra missione di cambiare la storia naturale della PAH”, ha dichiarato Joerg Koglin, senior vice president, global clinical development presso Merck Research Laboratories.
Perché è importante per la pratica clinica
L’ipertensione arteriosa polmonare è una patologia rara e ad alta mortalità, caratterizzata da pressione elevata nelle arterie polmonari che porta a sforzo respiratorio, progressivo sovraccarico cardiaco destro e, nei casi severi, insufficienza cardiopolmonare. Nei pazienti in classe funzionale III-IV, il margine terapeutico è ridottissimo: molti sono già in tripla terapia avanzata, spesso con infusioni di prostacicline, e restano comunque ad altissimo rischio di ricovero urgente o indicazione a trapianto.
Con ZENITH, sotatercept è il primo farmaco a dimostrare in modo così netto – in popolazioni “end-stage”, già trattate in maniera massimale – un impatto simultaneo su tre end-point durissimi: sopravvivenza, bisogno di trapianto, ospedalizzazione per PAH acuta. Questo spiega perché lo studio sia stato interrotto anticipatamente per ragioni etiche e perché l’FDA abbia agito sull’etichetta.
Sicurezza e gestione clinica
L’etichetta aggiornata richiama un punto chiave per i centri PAH: la necessità di monitorare emoglobina e piastrine. Sotatercept può aumentare l’emoglobina (rischio di eritrocitosi e trombosi) e ridurre la conta piastrinica (rischio emorragico, soprattutto nei pazienti in infusione di prostaciclina). Le reazioni avverse più comuni osservate includono infezioni, epistassi, diarrea e telangectasie.
Impatto sul clinico di oggi
Per i centri PAH, soprattutto quelli trapiantologici e cardiopolmonari avanzati, l’approvazione crea un precedente regolatorio: poter prescrivere un farmaco con indicazione esplicita alla riduzione del rischio di morte, trapianto e ricovero nei pazienti in stadio critico. Questo sposta l’asticella terapeutica da “controllare i sintomi e rallentare il declino” a “tenere il paziente fuori dalla sala trapianto il più a lungo possibile”.