Nei pazienti con rinosinusite cronica con poliposi nasale, mepolizumab riduce l’infiammazione e favorisce la rigenerazione epiteliale
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La rinosinusite cronica con poliposi nasale (CRSwNP) rappresenta una delle più complesse sfide della medicina respiratoria. È una patologia infiammatoria cronica che coinvolge le mucose nasali e dei seni paranasali, spesso associata ad asma eosinofilico, e caratterizzata da recidive frequenti e impatto significativo sulla qualità della vita.
In questo scenario, il gruppo di ricerca dell’Ospedale Universitario Careggi di Firenze, coordinato da Andrea Matucci e Alessandra Vultaggio, ha pubblicato su Journal of Investigational Allergology and Clinical Immunology uno studio che segna un passo avanti nella comprensione dei meccanismi immunologici alla base della malattia.
Mepolizumab: un biologico che “seleziona” le cellule
Il lavoro del gruppo fiorentino dimostra che mepolizumab, anticorpo monoclonale umanizzato diretto contro l’interleuchina-5 (IL-5), non solo controlla i sintomi della CRSwNP, ma contribuisce anche a ripristinare le alterazioni del tessuto nasale.
L’effetto è duplice: da un lato riduce in modo mirato gli eosinofili infiammatori, responsabili della patologia; dall’altro preserva gli eosinofili residenti, cellule “buone” che mantengono l’equilibrio fisiologico del sistema immunitario. È un meccanismo che consente di “spegnere” l’infiammazione senza compromettere le difese dell’organismo.
Lo studio: dal laboratorio al paziente
La ricerca ha coinvolto 15 pazienti con rinosinusite cronica e poliposi nasale in trattamento con mepolizumab per un periodo medio di sette mesi. Tutti presentavano anche asma eosinofilico, confermando la stretta correlazione tra le malattie delle vie aeree superiori e inferiori.
I risultati mostrano una riduzione significativa degli eosinofili infiammatori, sia nel sangue sia nel tessuto nasale, accompagnata da un netto miglioramento clinico: riduzione del volume dei polipi, miglior controllo dell’asma, recupero dell’olfatto e incremento della qualità di vita.
L’effetto rigenerativo sul tessuto nasale
Uno degli aspetti più innovativi dello studio riguarda l’analisi istologica del tessuto dei polipi prima e dopo il trattamento. «Prima della terapia – spiega Vultaggio – l’epitelio appariva danneggiato e ricco di cellule infiammatorie; dopo il trattamento mostrava una struttura rigenerata e fisiologicamente normale».
Si tratta della prima evidenza diretta di un effetto riparativo tissutale correlato a un farmaco anti-IL-5, che dimostra come intervenire sui meccanismi biologici precocemente possa modificare il decorso della malattia.
Il ruolo dell’interleuchina-5 e la conferma di un modello
L’interleuchina-5 è una citochina chiave nell’attivazione e nella sopravvivenza degli eosinofili. Il suo blocco selettivo, già efficace nell’asma severo, mostra ora effetti comparabili anche nelle alte vie respiratorie.
Il lavoro del Careggi si inserisce nel solco dello studio Mesilico, condotto sugli asmatici, che aveva già collegato l’inibizione dell’IL-5 alla rigenerazione del tessuto bronchiale. La conferma nel distretto nasale rafforza l’idea di un meccanismo infiammatorio condiviso tra le due patologie.
L’impatto per i pazienti
Il valore clinico di questo approccio è sottolineato dalle associazioni di pazienti.
«Per chi convive con asma grave e poliposi nasale – ricorda Luciano Cattani, presidente di Associazione Asma Grave Odv – riuscire a respirare e a sentire gli odori non è scontato. Sapere che la ricerca agisce sulla causa e non solo sui sintomi dà speranza concreta. La tempestività nell’accesso alle terapie biologiche è fondamentale per migliorare la qualità di vita».
Le basi immunologiche condivise
La CRSwNP e l’asma severo condividono l’infiammazione di tipo 2, mediata da eosinofili, IL-4, IL-5 e IL-13.
Nei pazienti con poliposi e asma concomitante, le riacutizzazioni sono più frequenti e gravi. In questi casi, il trattamento con mepolizumab ha dimostrato una riduzione del 67% delle riacutizzazioni asmatiche e un marcato miglioramento del controllo di entrambe le condizioni.
Questa coerenza d’azione su distretti diversi rappresenta un punto di forza delle terapie anti-IL-5 come strategia sistemica di controllo dell’infiammazione eosinofila.
Dalla ricerca di base alla medicina personalizzata
Secondo Sara De Grazia, responsabile medico dell’area respiratoria di GSK, «l’introduzione delle terapie biologiche ha cambiato la gestione delle patologie croniche eosinofile. Oggi possiamo parlare di remissione clinica, un obiettivo impensabile fino a pochi anni fa».
Il contributo del gruppo fiorentino segna un passo importante verso una medicina di precisione, in cui biomarcatori come la conta eosinofilica guidano la scelta terapeutica e permettono di preservare la fisiologia dell’organismo mentre si controlla l’infiammazione patologica. L’esperienza del Careggi conferma la necessità di un approccio multidisciplinare, che unisca immunologi, otorinolaringoiatri, pneumologi e allergologi. Solo l’integrazione tra competenze consente di tradurre le scoperte biologiche in percorsi clinici efficaci e sostenibili.
Proseguire nella ricerca tissutale permetterà di definire con maggiore precisione i meccanismi di rimodellamento e di valutare se interventi precoci con biologici come mepolizumab possano prevenire le recidive chirurgiche, migliorando ulteriormente la prognosi dei pazienti.