La premier giapponese Takaichi nella bufera: convoca riunioni di lavoro alle 3 del mattino


In Giappone il lavoro patologico è un problema sociale e la nuova prima ministra Takaichi è ora al centro di un dibattito nazionale: non dorme mai, e convoca riunioni di lavoro alle 3 del mattino

Sanae Takaichi

La nuova premier giapponese Sanae Takaichi non dorme mai. Letteralmente. È uscita di casa alle tre del mattino per convocare una riunione con i suoi collaboratori, scatenando mezzo Giappone tra incredulità e indignazione.

L’incontro, durato tre ore e ribattezzato dai media “la sessione di studio delle 3 del mattino”, ha riacceso il dibattito nazionale sul “karoshi”, la “morte per superlavoro” che da anni tormenta la società nipponica. Gli oppositori politici hanno parlato di follia. L’ex premier Yoshihiko Noda ha definito la decisione “triste e assurda”: “Per lei va bene lavorare, ma non dovrebbe trascinare gli altri. A quell’ora la gente dorme”.

Takaichi, prima donna alla guida del Giappone, si è giustificata con un motivo degno di un film anni ’80: il fax di casa era bloccato. Così, in vista di una riunione alle 9 in Parlamento, ha deciso di raggiungere la residenza ufficiale per rivedere i documenti. Ha ammesso di aver “causato disagi” al personale, ma ha difeso la scelta come “necessaria per riscrivere le risposte dei legislatori”.

Il caso arriva mentre il governo valuta di “allentare i limiti sugli straordinari” – attualmente fissati a 45 ore mensili dopo il suicidio di Matsuri Takahashi, giovane dipendente Dentsu morta per superlavoro nel 2016. Takaichi, che da sempre predica la sacralità della produttività, vuole “più ore per chi vuole guadagnare di più”, ma assicura di non voler “favorire gli straordinari che uccidono”

Da quando è salita al potere tre settimane fa, la premier ha mantenuto un’agenda da cyborg: incontri internazionali, visite di Stato, vertici in Malesia e Corea del Sud. Durante la campagna elettorale aveva promesso di “lavorare, lavorare, lavorare e lavorare”. Promessa mantenuta, anche troppo.

FONTE: AGENZIA DI STAMPA DIRE (WWW.DIRE.IT)