L’eczema cronico delle mani (CHE) rappresenta una malattia cutanea infiammatoria che colpisce le mani e i polsi, con un impatto significativo sulla qualità della vita
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L’eczema cronico delle mani (CHE) rappresenta una malattia cutanea infiammatoria che colpisce le mani e i polsi, con un impatto significativo sulla qualità della vita. Si manifesta con dolore, prurito, fissurazioni e lesioni che non solo limitano la sfera privata e sociale, ma condizionano anche la sfera professionale, portando in alcuni casi a lunghe assenze lavorative o persino alla perdita dell’occupazione. Durante il recente congresso dell’European Society of Dermatology and Venereology (EADV 2025) se n’è parlato in maniera approfondita considerando anche le nuove opzioni terapeutiche, come delgocitinib in crema.
Burden della malattia
L’eczema cronico delle mani è una patologia particolarmente frequente in categorie esposte ad agenti irritanti e allergeni, come parrucchieri, cuochi, muratori o operatori sanitari.
Il peso della malattia non si limita all’ambito lavorativo: il dolore quotidiano, la difficoltà a compiere semplici gesti come aprire una bottiglia o pelare una verdura, le ferite che sanguinano durante le faccende domestiche o la cura dei figli, generano stress psicologico e disagio sociale.
Molti pazienti evitano il contatto fisico, persino una stretta di mano, per paura del dolore o del giudizio. Non sorprende, quindi, che l’eczema cronico delle mani sia associato a disturbi del sonno, ansia e depressione, con un impatto paragonabile a quello di altre gravi dermatosi croniche.
Eziopatogenesi complessa e fattori di rischio
Il CHE è una patologia eterogenea, influenzata da una combinazione di fattori endogeni ed esogeni. L’atopia rappresenta un importante fattore predisponente, ma gli agenti irritanti e allergeni professionali o domestici svolgono un ruolo determinante nell’innesco e nella cronicizzazione della malattia. Tra i trigger più comuni figurano detergenti, disinfettanti, solventi e sostanze sensibilizzanti presenti nei luoghi di lavoro o nelle attività quotidiane.
Dal punto di vista immunologico, diversi sottotipi di eczema delle mani mostrano profili distinti: l’eczema atopico si associa a risposte Th2/Th22, quello irritativo a Th1/Th17, mentre l’eczema allergico dipende dal tipo di antigene coinvolto. Conseguentemente, numerose citochine pro-infiammatorie partecipano al processo, ma tutte convergono sul pathway JAK/STAT, cruciale per la trasduzione dei segnali infiammatori intracellulari. Questa scoperta ha aperto la strada allo sviluppo di inibitori di JAK, capaci di bloccare in modo mirato il segnale infiammatorio e ridurre la produzione di citochine.
La dimensione occupazionale e sociale
Dati raccolti in registri europei confermano il forte impatto del CHE sulla vita lavorativa: circa un terzo dei pazienti riferisce assenze per malattia, un quarto non è in grado di lavorare, mentre oltre il 10% ha dovuto modificare la propria carriera o ridurre l’orario lavorativo a causa della patologia. Nei mestieri manuali ad alto rischio, come parrucchieri, addetti alle pulizie o cuochi, fino al 40% delle persone può sviluppare eczema cronico delle mani.
La gestione prevede innanzitutto, dove possibile, strategie preventive: riduzione dell’esposizione ad agenti irritanti, uso corretto dei guanti, educazione all’igiene e patch test per identificare allergeni rilevanti. Non tutti i casi possono essere evitati, ma una parte significativa di pazienti può migliorare sensibilmente se l’esposizione viene ridotta precocemente.
Per quanto riguarda il trattamento, sono diversi gli approcci per la gestione dell’eczema, acuto e cronico.
Limiti delle terapie tradizionali
Per decenni, i corticosteroidi topici sono stati la terapia di prima linea per l’eczema cronico. Pur efficaci nel breve periodo, il loro uso prolungato si associa a effetti collaterali significativi, come atrofia cutanea e alterazioni della barriera epidermica. Non sorprende che molti pazienti restino intrappolati in cicli di trattamento ripetuti, con scarso beneficio duraturo. Studi recenti hanno evidenziato che i pazienti attendono in media quasi dieci anni prima di passare da trattamenti topici a terapie sistemiche, con punte di oltre vent’anni.
In Europa, dal 2008 è disponibile l’alitretinoina orale, un retinoide approvato per i casi severi. Nonostante l’efficacia dimostrata in studi clinici, il farmaco presenta limiti importanti, tra cui effetti collaterali dose-dipendenti (cefalea, iperlipidemia) e teratogenicità, che ne condizionano l’uso e determinano un’elevata percentuale di interruzioni.
Nuove opzioni terapeutiche ad oggi offlabel
Negli ultimi anni sono emerse alternative innovative. Gli inibitori di JAK orali, come upadacitinib, hanno mostrato benefici significativi nei pazienti con dermatite atopica e manifestazioni alle mani, con miglioramenti rapidi del punteggio HECSI.
Anche dupilumab, anticorpo monoclonale diretto contro IL-4 e IL-13, ha dimostrato efficacia nell’eczema atopico di mani e piedi, migliorando prurito e severità delle lesioni con un profilo di sicurezza coerente con le esperienze precedenti.
Parallelamente, l’interesse si è spostato anche su formulazioni topiche di inibitori JAK. Ruxolitinib in crema ha mostrato efficacia nel ridurre i sintomi di eczema cronico non atopico.
Delgocitinib, unico farmaco autorizzato
Delgocitinib è primo pan-inibitore JAK topico approvato e autorizzato specificatamente per l’eczema cronico delle mani, senza obbligo di monitoraggi ematochimici né avvertenze di sicurezza stringenti. In studi clinici di fase III, ha dimostrato efficacia significativa già dalle prime settimane e mantenuta fino a un anno, con un profilo di tollerabilità eccellente. Un trial di confronto diretto ha addirittura evidenziato la superiorità del delgocitinib topico rispetto all’alitretinoina orale, sia in termini di efficacia che di sicurezza.
Delgocitinib, ad applicazione topica, è capace di agire contemporaneamente su più vie della cascata JAK. Si presenta in crema ed è stato approvato in Europa, in Canada e, più recentemente, anche negli Stati Uniti. La sua particolarità è che rappresenta il primo e unico inibitore JAK per patologie cutanee infiammatorie a non riportare il cosiddetto boxed warning, cioè l’avvertenza severa che solitamente accompagna i farmaci di questa classe sul foglietto illustrativo.
Il farmaco viene impiegato nel trattamento dell’eczema cronico delle mani da moderato a severo, indipendentemente dalla sua origine: può essere infatti atopico, allergico o irritativo. Negli studi clinici di fase III, delgocitinib ha mostrato risultati molto solidi: dopo 16 settimane di trattamento, circa il 29% dei pazienti ha raggiunto lo stato definito come clear o almost clear (studio DELTA 2), vale a dire assenza o quasi totale assenza di lesioni cutanee. In questo caso, la definizione di almost clear era particolarmente stringente, consentendo solo la presenza di un lieve eritema e non di desquamazione, a conferma della robustezza dei dati ottenuti.
Anche sul piano della sicurezza (studi DELTA 3), il profilo di delgocitinib si è rivelato molto favorevole. Gli eventi avversi registrati erano perlopiù lievi, senza alterazioni dei parametri di laboratorio e senza la necessità di monitoraggi ematici, a differenza di quanto richiesto per molte altre terapie sistemiche.
Gli studi a lungo termine, prolungati fino a 52 settimane, non hanno evidenziato nuovi segnali di rischio e hanno dimostrato che i benefici clinici si mantenevano nel tempo, anche con un uso intermittente, in modalità “al bisogno”.
Un ulteriore dato di interesse proviene da uno studio comparativo diretto (DELTA FORCE), in cui delgocitinib topico è risultato più efficace e meglio tollerato rispetto all’alitretinoina orale, un retinoide utilizzato in Europa dal 2008 nei casi più severi. Questo confronto ha sottolineato non solo l’efficacia del nuovo trattamento, ma anche la sua migliore accettabilità da parte dei pazienti, grazie a un profilo di sicurezza più favorevole.
Scenari clinici
Due casi clinici, illustrati durante il congresso, esemplificano le difficoltà di gestione. Il primo riguarda un giovane insegnante con eczema atopico aggravato da lavaggi frequenti: dopo molteplici cicli di corticosteroidi topici inefficaci, la scelta di un trattamento non steroideo come il delgocitinib ha rappresentato un’alternativa valida, capace di migliorare sintomi e qualità della vita. Il secondo caso è quello di una donna di mezza età, parrucchiera, con eczema ipercheratosico doloroso e recalcitrante ai corticosteroidi. Anche in questo scenario, l’impiego di nuove terapie non steroidee ha offerto una soluzione concreta, permettendo di alleviare dolore e prurito e di preservare la capacità lavorativa.
Conclusioni
L’eczema cronico delle mani è una malattia complessa, eterogenea e ancora sottovalutata, che comporta sofferenza quotidiana e notevoli conseguenze sociali ed economiche. La comprensione dei meccanismi immunologici alla base della patologia e lo sviluppo di nuove terapie mirate, come inibitori JAK e biologici, hanno aperto una nuova era nella gestione di questa condizione.
La sfida attuale non è solo terapeutica ma anche organizzativa: garantire accesso tempestivo alle nuove opzioni, superare barriere burocratiche e assicurare un approccio integrato che includa educazione, prevenzione e sostegno psicologico. Le prospettive sono incoraggianti: per la prima volta dopo decenni, i pazienti con eczema cronico delle mani dispongono di reali possibilità di controllo a lungo termine della malattia, con benefici tangibili sulla salute e sulla vita quotidiana.
Breaking the cicle: Innovations in chronic hand eczema management. 17-20 september Paris. EADV2025