Obesità: tirzepatide apre nuove prospettive terapeutiche


L’obesità è oggi riconosciuta come una malattia cronica complessa, con profonde ripercussioni cardiometaboliche e un impatto crescente sulla salute pubblica

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L’obesità è oggi riconosciuta come una malattia cronica complessa, con profonde ripercussioni cardiometaboliche e un impatto crescente sulla salute pubblica. Non si tratta più solo di un problema estetico, ma di una condizione patologica che richiede interventi strutturati, personalizzati e precoci. In questo scenario, tirzepatide, una molecola a doppia azione su GIP e GLP-1, rappresenta un’opzione terapeutica importante nella gestione clinica dell’obesità. Gli studi dimostrano riduzione ponderale, miglioramenti del profilo metabolico e un potenziale significativo nella prevenzione cardiovascolare e diabetologica come hanno evidenziato gli esperti riuniti durante il congresso della Società Italiana dell’Obesità (SIO).

Obesità: epidemia globale in crescita
Negli ultimi 30 anni, la prevalenza dell’obesità è cresciuta in modo esponenziale in quasi ogni area del pianeta. Se nel 1990 la sottonutrizione rappresentava ancora una sfida sanitaria predominante in molte regioni, oggi milioni di persone in più convivono con sovrappeso e obesità, come ha mostrato il prof. Stefano Del Prato, Affiliate Professor presso il Centro di Ricerca Interdisciplinare Health Science della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa.

L’obesità è ormai una delle principali cause di morbilità e mortalità, associata a diabete di tipo 2, ipertensione arteriosa, sindrome metabolica, apnea ostruttiva del sonno e numerose altre comorbidità.
La sua natura cronica e multifattoriale implica che non può essere affrontata con interventi estemporanei o frammentari: servono strategie integrate, di lungo periodo, in grado di modificare in modo strutturale la traiettoria clinica della malattia.

I tre pilastri della sfida terapeutica
Come sottolinea il prof. Uberto Pagotto, endocrinologo e past president SID e EASD, esistono tre pilastri strategici su cui intervenire: 1) crescita inarrestabile dell’epidemia: il numero di persone affette da obesità continua a crescere, alimentando un effetto moltiplicatore sulle patologie correlate; 2) comorbidità associate: diabete, ipertensione, NAFLD, apnea del sonno, malattie cardiovascolari e osteoartrosi rappresentano la parte visibile di un problema sistemico; 3) mantenimento della perdita di peso: i meccanismi fisiologici di adattamento favoriscono il recupero ponderale, rendendo difficile mantenere i risultati ottenuti con diete o interventi non farmacologici.

Tirzepatide: doppia azione per un effetto sinergico
Tirzepatide è una molecola capace di agire contemporaneamente sui recettori GIP (Glucose-dependent Insulinotropic Polypeptide) e GLP-1 (Glucagon-like Peptide-1).
Questa doppia azione produce un effetto sinergico: riduce l’introito calorico, migliora la regolazione metabolica e modula la risposta ormonale in diversi organi, cervello, pancreas, tessuto adiposo e fegato.
Un elemento distintivo è la stabilità della stimolazione recettoriale, che permette un’azione prolungata e una migliore tollerabilità gastrointestinale rispetto ad altri agonisti incretinici.

A livello centrale, la molecola agisce sulle aree cerebrali che controllano fame e sazietà, influenzando sia la fame omeostatica (legata ai bisogni energetici) sia quella edonistica (legata al piacere del cibo).

Effetti periferici: il ruolo del tessuto adiposo
Tirzepatide agisce direttamente anche sul tessuto adiposo: in fase postprandiale stimola l’accumulo controllato di energia; durante il digiuno favorisce la lipolisi e il rilascio energetico; induce apoptosi dei macrofagi M1 pro-infiammatori, migliorando l’ambiente metabolico.
Questa modulazione del microambiente infiammatorio contribuisce a un miglior funzionamento del tessuto adiposo e a una riduzione del rischio di ricaduta ponderale. Inoltre, limita l’accumulo ectopico di grasso in organi chiave come fegato, muscoli e pancreas, riducendo l’impatto su insulino-resistenza e rischio cardiovascolare.

Evidenze cliniche: risultati degli studi SURMOUNT
Gli studi clinici di fase 3 SURMOUNT hanno dimostrato risultati importanti nella gestione del peso corporeo. Con dosi di 10–15 mg, oltre il 50% dei pazienti ha ottenuto una perdita superiore al 20% del peso iniziale e fino al 36% dei pazienti ha raggiunto riduzioni pari o superiori al 25%. Come ha illustrato il prof. Del Prato questi risultati si avvicinano a quelli riscontrabili post chirurgia bariatrica.

Sono inoltre migliorati circonferenza vita, glicemia, pressione arteriosa e profilo lipidico e si è osservata una riduzione significativa del rischio di sviluppare diabete di tipo 2.
Questi risultati si avvicinano a quelli della chirurgia bariatrica, ma con un approccio meno invasivo e più facilmente modulabile.

SURMOUNT-5
Il professor Paolo Sbraccia, Presidente IBDO – Italian Barometer Diabetes Observatory Foundation, ha presentato i risultati dello studio SURMOUNT-5, primo confronto diretto tra tirzepatide e semaglutide.
Il trial, durato 72 settimane, ha coinvolto oltre 700 pazienti con obesità e prediabete.
Tirzepatide ha determinato una perdita di peso significativamente superiore rispetto a semaglutide, con un effetto precoce e stabile nel tempo; la circonferenza vita è diminuita di quasi 6 cm in più rispetto al comparatore.

I parametri cardiometabolici, pressione arteriosa, glicemia, insulina, trigliceridi, sono migliorati in modo più marcato; anche la tollerabilità è risultata migliore, con meno eventi gastrointestinali e minori interruzioni di trattamento.

Benefici cardiometabolici e prevenzione cardiovascolare
Questo farmaco non si limita alla perdita di peso ma riduce pressione arteriosa e circonferenza vita, migliora profilo lipidico e glicemico, riduce la steatosi epatica e migliora la fibrosi e riduce l’indice apnea-ipopnea nei pazienti con OSAS.
Le analisi post-hoc di SURMOUNT-5, utilizzando la formula di Framingham, mostrano una riduzione stimata del rischio cardiovascolare a 10 anni superiore rispetto a semaglutide. Lo studio SURMOUNT-MMO, attualmente in corso, valuterà in oltre 15.000 pazienti l’impatto reale sugli eventi cardiovascolari.

Importanza dell’intervento precoce
Anche nelle forme iniziali o moderate di obesità, intervenire precocemente è cruciale per evitare l’evoluzione verso forme gravi e complicanze, come ha precisato la prof.ssa Valeria Guglielmi, Università degli Studi di Roma Tor Vergata.
Tirzepatide, grazie all’azione su GIP e GLP-1, migliora la sensibilità insulinica in modo parzialmente indipendente dalla perdita di peso e ottimizza la gestione dei flussi lipidici, prevenendo la deposizione ectopica.
La rapida titolazione (dose minima efficace in 4 settimane) consente risultati precoci, elemento motivante per i pazienti e strategico per la persistenza terapeutica.

Un approccio multidisciplinare e personalizzato
Il farmaco da solo non basta: per massimizzare l’efficacia di tirzepatide serve un approccio integrato che coinvolga nutrizionisti, psicologi, medici specialisti e trainer.
L’obiettivo non è solo ridurre il peso, ma preservare la massa magra, migliorare la funzionalità fisica, supportare la salute mentale e prevenire il recupero ponderale.
Questo approccio personalizzato è fondamentale soprattutto nei pazienti giovani, nei quali l’obesità rappresenta un fattore di rischio a lungo termine ma anche un’opportunità per invertire la traiettoria clinica.

La perdita di peso significativa si accompagna a un miglioramento dell’autostima, dell’autonomia, della vita sociale e lavorativa.
Molti pazienti riportano una migliore qualità del sonno, un aumento della fiducia personale e una maggiore capacità di gestione quotidiana della malattia.
Questi aspetti, spesso trascurati, sono fondamentali per garantire la sostenibilità a lungo termine del trattamento.

Tirzepatide: riduce il desiderio per il cibo. Spiegare al paziente il farmaco e i suoi effetti
Perché il peso, e in particolare il grasso localizzato, ad esempio nel seno, tende a riprendere dopo una dieta? La spiegazione risiede nel cosiddetto adattamento metabolico. Quando si perde peso, il dispendio energetico si riduce e questa riduzione può persistere per anni. Parallelamente, aumenta la fame e si innalzano i livelli degli ormoni dell’appetito, non solo nel breve periodo ma anche a distanza di tempo. Ogni volta che perdiamo peso, riduciamo sia la massa grassa sia quella muscolare. Quando invece lo riprendiamo, recuperiamo soprattutto grasso, il che rende la gestione del peso un percorso complesso.

Negli ultimi anni, la ricerca ha proposto approcci sempre più personalizzati per la terapia dell’obesità. In una recente review pubblicata dalla dott.ssa Mikiko Waranabe, specialista in endocrinologia e malattie del metabolismo alla Sapienza Università di Roma insieme al professor Dario Tuccinardi, gli esperti hanno cercato di riassumere le strategie terapeutiche più efficaci in base alla tipologia di paziente: con o senza complicanze, con obiettivi di calo ponderale diversi e necessità cliniche specifiche. In questo scenario, tirzepatide rappresenta un’opzione terapeutica estremamente versatile, indicata in molte situazioni cliniche.

La dottoressa Watanabe ha evidenziato come la terapia con tirzepatide inizia con una dose di 2,5 mg per almeno quattro settimane, seguita da un incremento a 5 mg, la prima dose di mantenimento. Successivamente, è possibile titolare a 10 o 15 mg a seconda della risposta e della tollerabilità; la titolazione può essere più lenta se necessario, purché il paziente stia bene e risponda al trattamento.

Quando si presenta il farmaco, è fondamentale spiegare chiaramente cosa fa. Spesso si dice che “toglie la fame”, ma è più corretto dire che riduce il desiderio per il cibo, un concetto più ampio e facilmente comprensibile per il paziente. “I benefici non si limitano al calo ponderale: vanno personalizzati in base alla situazione clinica. Per esempio, per una paziente giovane con affaticamento fisico, è utile sottolineare come la perdita di peso possa migliorare la tolleranza allo sforzo e la qualità di vita quotidiana” ha precisato Watanabe.

Con il paziente va affrontato anche il tema dei costi, spiegandoli su base giornaliera anziché mensile: molti pazienti riescono così a collocarli più facilmente nel proprio budget. È poi importante rassicurare rispetto alla modalità di somministrazione: mostrare la penna in ambulatorio aiuta a superare timori infondati, spesso associati alle iniezioni.

Gli effetti collaterali gastrointestinali (nausea, vomito, stipsi o reflusso) vanno spiegati con chiarezza: nella maggior parte dei casi si attenuano entro tre mesi. Anche il rischio, seppur raro, di pancreatite deve essere comunicato in modo comprensibile: parlare di “infiammazione del pancreas” e spiegare i sintomi da monitorare, in particolare dolore addominale intenso, aiuta il paziente a sapere quando sospendere il farmaco e rivolgersi al pronto soccorso.
Poiché l’obesità è una malattia cronica, è importante chiarire fin dall’inizio che la terapia è di lunga durata. La sospensione può determinare un recupero del peso, a meno che non vengano introdotte strategie complementari, come un incremento dell’attività fisica o altri interventi di supporto. Questo non significa che il farmaco crei dipendenza: semplicemente, smettendo di assumerlo, si perde il suo effetto.

Un altro punto cruciale è la gestione delle aspettative: i risultati si ottengono gradualmente. Mentre con alcune diete si possono perdere molti chili in poche settimane, con i farmaci anti-obesità il calo è progressivo ma costante, in media 2-3% del peso corporeo al mese, e può portare a riduzioni importanti, nell’ordine di 15-20 kg, nel corso dei mesi. Far comprendere questa curva di discesa aiuta a prevenire frustrazioni e a mantenere alta la motivazione.

Infine, l’alimentazione rimane fondamentale. Non si tratta più di seguire schemi rigidi con pesi e misure, ma di garantire un adeguato apporto proteico, almeno 60 g al giorno, o fino a 2 g/kg di peso corporeo ideale, per preservare la massa magra. Nei pazienti che faticano ad assumere alimenti proteici solidi, soprattutto nelle prime settimane, può essere utile ricorrere a proteine del siero del latte contenenti almeno 3 g di leucina per porzione.

Conclusioni: un cambio di paradigma terapeutico
L’arrivo di una nuova arma terapeutica come tirzepatide è di grande importanza nella lotta all’obesità. Grazie alla sua doppia azione incretinica, ai risultati clinici robusti e alla buona tollerabilità, rappresenta una nuova strategia terapeutica capace di agire su più fronti: peso, metabolismo, infiammazione, rischio cardiovascolare e qualità della vita.

Inoltre, il successo terapeutico con tirzepatide non dipende solo dal farmaco, ma da una corretta comunicazione, da un approccio personalizzato e dalla costruzione di aspettative realistiche. Accompagnare il paziente in questo percorso significa migliorare non solo la perdita di peso, ma anche l’aderenza, la qualità di vita e la sostenibilità a lungo termine della terapia.

Bibliografia
U Pagotto. Tirzepatide e GIP, oltre i limiti del singolo agonista
P. Sbraccia. Tirzepatide; Nuove prospettive dallo studio SURMOUNT-5.
V Guglielmi. Dalla teoria alla pratica: un caso clinico interattivo
S. Del Prato. Oltre il peso, il ruolo di terzepatide nella riduzione del rischio CV.
M. Watanabe. Il paziente giusto al momento giusto: ottimizzare l’uso di tirzepatide nella pratica clinica.