Gruppo ha aggiornato le raccomandazioni sulla gestione della perdita ossea indotta dagli inibitori dell’aromatasi (IA) nelle donne con carcinoma mammario ormono-sensibile
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Un nuovo pronunciamento congiunto di alcune società scientifiche internazionali – tra cui la International Osteoporosis Foundation e la European Society for Clinical and Economic Aspects of Osteoporosis -, pubblicato su the Journal of Bone Oncology, ha aggiornato le raccomandazioni sulla gestione della perdita ossea indotta dagli inibitori dell’aromatasi (IA) nelle donne con carcinoma mammario ormono-sensibile.
L’obiettivo, sottolineano gli esperti, è una collaborazione più stretta tra oncologi e specialisti dell’osteoporosi per garantire un approccio equilibrato e personalizzato tra cura oncologica e salute ossea.
Le principali novità riguardano il rafforzamento dell’evidenza a supporto dei bisfosfonati (BSF) per via endovenosa, che passano da livello II a livello I di raccomandazione per la prevenzione della perdita ossea associata al trattamento.
Oltre al ruolo consolidato nella salute scheletrica, i bisfosfonati mostrano anche potenziali effetti antitumorali, con una riduzione del 34% delle metastasi ossee e del 17% della mortalità per tumore al seno.
Le nuove linee guida propongono inoltre un algoritmo aggiornato di gestione clinica che integra esercizio fisico, supplementazione di calcio e vitamina D, e strategie personalizzate basate sul rischio individuale di frattura.
Restano aperte alcune sfide, tra cui la durata ottimale della terapia protettiva ossea e la gestione del passaggio o della sequenza terapeutica tra bisfosfonati e denosumab.
Background e cenni di implementazione del documento
Il tumore al seno rappresenta il carcinoma più frequentemente diagnosticato a livello mondiale e la prima causa di mortalità oncologica nelle donne. Nel 2022 sono stati stimati globalmente 2,3 milioni di nuovi casi e circa 670.000 decessi. La mortalità, tuttavia, è diminuita significativamente grazie a diagnosi precoci e terapie più efficaci.
La maggior parte dei tumori mammari (circa l’80%) esprime recettori ormonali (estrogenici e/o progestinici) e viene trattata con terapie endocrine adiuvanti, in particolare con IA, che hanno sostituito il tamoxifene per la loro maggiore efficacia nel ridurre le recidive e migliorare la sopravvivenza.
Nonostante i benefici degli IA, questi farmaci aumentano il riassorbimento osseo e il rischio di fratture, fenomeno definito come perdita ossea associata agli inibitori dell’aromatasi (AIBL). Questo effetto avverso si somma alla perdita ossea fisiologica post-menopausale e rappresenta una sfida clinica importante, poiché compromette la qualità di vita e aumenta la morbilità e mortalità. Pertanto, è fondamentale integrare la gestione della salute ossea nella cura globale delle pazienti con tumore al seno ormono-sensibile.
Nel 2017 era stato pubblicato un position paper congiunto da parte di diverse società internazionali specializzate in oncologia e metabolismo osseo, che ha fornito raccomandazioni basate sulle evidenze per la valutazione del rischio di frattura e l’uso di terapie anti-riassorbimento osseo. Il presente documento aggiorna quella posizione, includendo nuovi dati clinici, revisioni sistematiche e meta-analisi.
Per aggiornare le raccomandazioni, è stata condotta una revisione sistematica della letteratura dal 2016 al 2024, includendo trial clinici, meta-analisi e linee guida internazionali. Sono state consultati alcuni database bibliografici biomedici quali PubMed, MEDLINE, Cochrane e registri di studi clinici in corso o non pubblicati, nonché abstract di congressi internazionali principali nel campo del tumore al seno e metabolismo osseo. L’approccio impiegato nel documento ha valutato il livello di evidenza degli studi, la sicurezza e l’efficacia delle terapie anti-riassorbimento e il loro impatto sugli outcome oncologici.
L’aggiornamento si basa anche sui dati più recenti derivanti dallo studio di fase 3 AZURE, che ha fornito evidenza di livello I sull’efficacia dei bisfosfonati endovenosi nella prevenzione delle fratture in donne post-menopausali con carcinoma mammario.
Lasciando al lettore la disamina completa del documento per le sue valutazioni e i dovuti approfondimenti, proponiamo una sintesi delle principali raccomandazioni implementate.
Elenco statement
Impatto della terapia oncologica sulla perdita ossea e rischio di frattura
Gli IA, a differenza del tamoxifene, sopprimono quasi completamente i livelli circolanti di estrogeni, accelerando la perdita di densità minerale ossea (DMO) fino a 2-4 volte rispetto alla normale riduzione post-menopausale, con conseguente aumento significativo del rischio di fratture, in particolare vertebrali. Questo rischio è amplificato dall’estensione della terapia IA oltre i 5 anni.
Mentre il tamoxifene non mostra effetti negativi sulla densità minerale ossea o sul rischio di fratture nelle donne post-menopausali, gli IA sono associati ad un rischio 2–4 volte maggiore di perdita ossea, aumentando il rischio di osteoporosi e fratture da fragilità.
Numerosi fattori influenzano il rischio di frattura, tra cui età, storia familiare di osteoporosi, dieta carente di calcio e vitamina D, inattività fisica, fumo, consumo di alcol, basso indice di massa corporea e uso prolungato di corticosteroidi. Recenti studi suggeriscono anche che l’obesità (elevata massa grassa) possa aumentare il rischio di fratture in donne con AIBL.
Inoltre, la chemioterapia contribuisce alla perdita ossea sia per induzione di menopausa nelle donne giovani sia per effetti diretti sul tessuto osseo nelle donne postmenopausali.
Valutazione del rischio di frattura
La misurazione della DMA con l’esame DEXA rimane il metodo di riferimento per valutare il rischio di frattura, soprattutto a livello di femore e colonna lombare, anche se quest’ultima può essere influenzata da artefatti degenerativi. La valutazione combinata di DMO, punteggio FRAX® (per calcolare il rischio di frattura a 10 anni), e Trabecular Bone Score (TBS) migliora la predizione del rischio. (NdR: Il FRAX®, sebbene sviluppato per la popolazione generale, può essere adattato per le pazienti in terapia con IA classificando l’uso di IA come “osteoporosi secondaria” ma deve sempre includere dati di DMO per evitare sovrastime del rischio).
Tecniche avanzate come la tomografia computerizzata periferica quantitativa a risoluzione elevata (HRpQCT) permettono di valutare la microarchitettura ossea e forniscono informazioni aggiuntive promettenti per la pratica clinica, anche se necessitano di ulteriori validazioni.
L’aggiornamento delle linee guida include anche raccomandazioni su valutazioni della microarchitettura ossea e monitoraggio personalizzato del rischio di frattura.
Benefici anticancro dei bisfosfonati adiuvanti
I BSF, oltre all’effetto protettivo osseo, mostrano proprietà anticancro dirette e indirette, come la riduzione delle metastasi ossee e il miglioramento della sopravvivenza libera da recidiva e globale nelle donne in post-menopausa. Questi benefici hanno portato alla loro raccomandazione nelle linee guida oncologiche.
L’impiego di BSF è risultato associato ad una riduzione del 34% del rischio di sviluppare metastasi ossee e del 17% della mortalità per carcinoma mammario nelle donne in postmenopausa.
Evidenze e raccomandazioni per la terapia anti-riassorbimento
• Denosumab: anticorpo monoclonale che inibisce RANKL, riduce efficacemente la perdita ossea e il rischio di frattura. Raccomandato come terapia di prima linea in molte linee guida internazionali, somministrato ogni 6 mesi per via sottocutanea. Il suo uso è limitato in alcune nazioni per questioni regolatorie. Denosumab ha dimostrato un’efficacia superiore o comparabile rispetto ai BSF orali e endovenosi
• BSF endovenosi (es. zoledronato): evidenza di livello I, con dati robusti da trial come lo studio AZURE che ha evidenziato riduzione delle fratture e un effetto prolungato fino a 5 anni dopo la fine del trattamento. Tra i vantaggi d’impiego vi sono la facile somministrazione e la migliore aderenza rispetto ai BSF orali, con effetti collaterali generalmente lievi e gestibili
• BSF orali (es. risedronato, alendronato, ibandronato): evidenza in miglioramento (ora livello II) ma limitata da studi più piccoli e problemi di aderenza e tollerabilità gastrointestinale. Necessitano di assunzione a stomaco vuoto e comportano un rischio maggiore di non adesione.
Per quanto riguarda la safety: l’osteonecrosi della mandibola (MRONJ) rappresenta un evento raro (<1%) ma importante da monitorare, con raccomandazioni che sottolineano il ricorso alla gestione odontoiatrica preventiva. Anche le fratture femorali atipiche sono rare ma temute, e non devono dissuadere dall’uso terapeutico.
Le evidenze ad oggi disponibili mostrano che l’impiego di BSF per via endovenosa offre sia benefici ossei che anticancro, mentre denosumab, pur efficace sulla BMD, non ha dimostrato una riduzione della recidiva tumorale.
Raccomandazioni per trattamento e follow-up
La scelta terapeutica dipende da età, stato menopausale, rischio di recidiva e di frattura. Le donne a rischio intermedio-alto di recidiva dovrebbero essere sottoposti a trattamento con BSF adiuvanti per prevenire recidiva e perdita ossea, mentre quelle a basso rischio devono essere valutate per il rischio di frattura e trattate di conseguenza.
Sulla base delle numerose evidenze derivanti da meta-analisi di studi clinici randomizzati e delle linee guida nazionali e internazionali, è stato proposto un algoritmo raccomandato per la gestione della salute ossea nelle donne in terapia con inibitori dell’aromatasi (IA) per carcinoma mammario.
Le evidenze recenti confermano quanto indicato nel documento congiunto del 2017, aggiornando però le raccomandazioni in linea con le più recenti linee guida internazionali.
– Per le donne con un T-score > –2.0 e senza fattori di rischio aggiuntivi, l’attenzione deve concentrarsi su attività fisica adeguata (come indicato dalle linee guida OMS per adulti) e su un apporto corretto di vitamina D e calcio, con monitoraggio del rischio e della densità minerale ossea (DMO) ogni 1–2 anni
– Per le pazienti con T-score < –2.0 o con almeno due fattori di rischio, è indicata l’inizio di terapia con denosumab o BSF, sempre combinata con esercizio fisico e integrazione di vitamina D e calcio, con controllo della DMO ogni 2 anni. In particolare, per i BSF orali è essenziale sottolineare alle pazienti l’aderenza alla terapia, poiché la non continuità può ridurre significativamente i benefici in termini di prevenzione delle fratture.
La durata ottimale del trattamento protettivo osseo rimane incerta, soprattutto in terapie prolungate oltre i 5 anni. La maggior parte delle linee guida suggerisce l’impiego dei BSF per 3–5 anni nei pazienti ad alto rischio di frattura, periodo durante il quale si osservano benefici significativi in termini di aumento della DMO e riduzione dell’incidenza di fratture.
Prolungare la terapia oltre i 5 anni sembra offrire benefici limitati, aumentando invece il rischio di effetti collaterali. Alcuni studi indicano inoltre che gli effetti dei BSF possono sostenersi anche dopo la sospensione, suggerendo che l’uso a lungo termine non sia sempre necessario per mantenere la salute scheletrica. Per fare un esempio a questo riguardo: i dati dello studio AZURE con zoledronato hanno mostrato che l’efficacia sul BMD e sui marker di turnover osseo si mantiene per almeno cinque anni dopo la fine del trattamento.
Le pazienti trattate con 19 dosi di zoledronato 4 mg in 5 anni hanno mantenuto valori medi più elevati di BMD, T-score e Z-score rispetto al gruppo controllo, mentre i marker di turnover osseo (C-telopeptide urinario, pro-collagene I N-propeptide e TRAP5b) sono rimasti significativamente più bassi (p < 0,0001) per tutta la durata del follow-up di 5 anni.
Alcune variazioni nei primi 12 mesi dopo la fine della terapia sono state osservate, ma successivamente tutti i marker ossei sono rimasti soppressi rispetto al controllo. Questi risultati suggeriscono che ulteriori trattamenti mirati all’osso durante terapie prolungate con IA potrebbero non essere necessari, a condizione di un appropriato monitoraggio della DMO.
Prevenzione della recidiva con BSF adiuvanti
Numerosi trial hanno dimostrato che i BSF riducono il rischio di metastasi ossee e mortalità specifica per tumore al seno nelle donne post-menopausali. Il protocollo più raccomandato prevede zoledronato endovenoso 4 mg ogni 6 mesi per almeno 3 anni, iniziando durante o subito dopo la chemioterapia adiuvante. Alternativamente, sono possibili BSF orali (clodronato o ibandronato).
I BSF, quindi, mostrano sia protezione ossea che benefici anticancro, riducendo la mortalità per carcinoma mammario.
Prevenzione della recidiva con denosumab
Nonostante l’efficacia consolidata di denosumab nella prevenzione della perdita ossea, le evidenze sul suo effetto sulla recidiva tumorale sono discordanti. Lo studio ABCSG-18 ha mostrato un lieve beneficio in termini di sopravvivenza libera da malattia, ma lo studio D-CARE non ha confermato questi risultati in una popolazione ad alto rischio. Pertanto, denosumab non è attualmente raccomandato per la prevenzione della recidiva nelle linee guida più recenti.
Denosumab non conferma i benefici anticancro dei bisfosfonati, e quindi non può essere raccomandato per prevenire la recidiva tumorale.
In conclusione
Gli estensori del documento sottolineano come la tutela della salute ossea nelle donne con tumore al seno in terapia con AI rappresenti una priorità clinica, soprattutto con l’aumento dell’impiego di terapie endocrine prolungate. Tutte le pazienti devono essere informate del rischio aumentato di fratture e sottoposte a valutazione individuale del rischio.
Le terapie anti-riassorbimento, in particolare BSF e denosumab, sono efficaci e sicure, ma presentano profili differenti che richiedono un approccio personalizzato condiviso tra medico e paziente.
L’uso adiuvante dei BSF, soprattutto zoledronato, offre un duplice beneficio sia sulla salute ossea che sulla riduzione delle recidive tumorali e della mortalità.
L’aggiornamento integrato presentato combina evidenze cliniche recenti, linee guida internazionali e dati di real-world, fornendo un algoritmo pratico per la gestione coordinata tra oncologi e specialisti dell’osteoporosi.
Bibliografia
Hadji P et al. Management of Aromatase Inhibitor-Associated Bone Loss (AIBL) in postmenopausal women with hormone sensitive breast cancer: Joint position statement of the IOF, CABS, ECTS, IEG, ESCEO IMS, and SIOG.J Bone Oncol. 2025 Jun 11;53:100694. doi: 10.1016/j.jbo.2025.100694. PMID: 40726588; PMCID: PMC12301826.
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