Asma di tipo 2, rademikibart induce benefici maggiori nei pazienti con elevati livelli di FeNO e di conta degli eosinofili
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I pazienti adulti con asma moderato-grave che presentano livelli elevati sia di eosinofili (≥300 cellule/μL) che della frazione di ossido nitrico esalato (FeNO ≥25 ppb) hanno mostrato miglioramenti più significativi della funzione polmonare (FEV1) e del controllo dell’asma in trattamento con rademikibart.
Queste sono le conclusioni di un’analisi post-hoc di uno studio di fase 2b, presentata al congresso ERS, secondo cui la combinazione dei due biomarcatori consente di identificare il sottogruppo di pazienti con infiammazione di tipo 2 (T2) che risponde in modo più marcato al trattamento con l’anticorpo monoclonale di nuova generazione.
Razionale e disegno dello studio
Rademikibart è un anticorpo monoclonale in corso di sviluppo clinico da parte di Connect Biopharma, un’azienda biotecnologica Usa. Si lega a una regione distinta e unica nell’IL-4Rα in modo tale da impedire la segnalazione delle interleuchine (IL)-4 e 13, due citochine chiave nei meccanismi alla base dell’infiammazione T2 che porta a malattie mediate dai linfociti Th2 come la dermatite atopica e l’asma.
Uno studio di fase 2 b pubblicato questa primavera su the American Journal of Respiratory and Critical Care Medicine (AJRCCM) (2) ha dimostrato la capacità di questo farmaco biologico candidato al trattamento dell’asma non controllato di grado moderato-grave di migliorare rapidamente alcuni outcome, quali l’aumento dei valori di FeNO (indicativo di un miglioramento della funzione polmonare) e una riduzione clinicamente rilevante del numero annuo di riacutizzazioni.
Lo studio multicentrico, randomizzato, in doppio cieco e controllato con placebo, aveva coinvolto 322 adulti con asma moderato-grave non controllato, trattati con rademikibart sottocute (150 mg o 300 mg) oppure placebo ogni due settimane per 24 settimane, dopo una dose di carico di 600 mg.
La popolazione dello studio proveniva da diverse aree geografiche: il 67% dagli Stati Uniti, il 19% da Polonia e Ungheria e il restante 14% da Cina e Corea del Sud.
In questa analisi post-hoc dello studio presentata al congresso, gli autori si sono concentrati sulla dose di 300 mg, analizzando in particolare la risposta in sottogruppi definiti dalla combinazione dei due biomarcatori:
– Conta elevata eosinofili (≥300 cellule/μL) e livelli elevati di FeNO (≥25 ppb)
– Conta elevata eosinofili e livelli ridotti di FeNO
– Conta ridotta di eosinofili e livelli elevati di FeNO
– Conta ridotta di eosinofili e livelli ridotti di FeNO
Risultati principali
Dall’analisi è emersa l’esistenza di una chiara correlazione tra la presenza concomitante di elevati livelli di eosinofili e FeNO e il miglioramento della funzione respiratoria. Nei pazienti con entrambe le caratteristiche, il miglioramento medio del FEV1 pre-broncodilatatore dal basale all settimana 24 è stato di 507 mL, rispetto a soli 19 mL nel gruppo placebo, con una differenza aggiustata per placebo di 488 mL.
Per confronto, nei gruppi con valori elevati di uno solo dei due biomarcatori, i miglioramenti medi sono stati inferiori: 284 mL per i pazienti con conta ridotta di eosinofili e livelli elevati di FeNO, e 209 mL per quelli con conta elevata di eosinofili ma bassi livelli di FeNO.
Nei pazienti con entrambi i valori bassi dei due biomarcatori, l’effetto del farmaco è risultato trascurabile (108 mL), con un incremento di 127 mL nel gruppo placebo, segnalando un’assenza di beneficio clinico in questa popolazione.
Anche il controllo dell’asma, misurato tramite l’Asthma Control Questionnaire (ACQ), ha mostrato un andamento in linea con i dati di FEV1.
La variazione media più ampia è stata osservata nel gruppo con conta elevata di eosinofili e di FeNO (-1,54 punti), seguita dai gruppi a biomarcatori discordanti (-0,99 e -0,89) e dal gruppo con valori bassi dei due biomarcatori (-0,78).
Tutti i gruppi trattati con rademikibart hanno comunque superato la soglia di rilevanza clinica minima di -0,5 punti, suggerendo un effetto positivo sul controllo dei sintomi.
Infine, anche il tasso annualizzato di riacutizzazioni è risultato significativamente inferiore nei pazienti con elevati livelli di infiammazione T2: tra i soggetti con conta di eosinofili ≥300 cellule/μL, le riacutizzazioni si sono ridotte del 63% rispetto al placebo (0,35 vs 0,94), mentre tra quelli con FeNO ≥25 ppb la riduzione ha raggiunto il 69% (0,24 vs 0,77).
Differenze geografiche: il caso polacco
Curiosamente, una ulteriore analisi post hoc ha evidenziato l’esistenza di differenze di risposta tra i pazienti arruolati in Polonia e quelli del resto del mondo. Nei centri extra-polacchi si è osservato un significativo miglioramento dei livelli di FEV1 con rademikibart rispetto a placebo (+245 mL; P < 0,0001), mentre nei pazienti polacchi tale effetto non è emerso.
Gli autori dell’analisi hanno ipotizzato che questa differenza sia legata a caratteristiche basali disomogenee: nel gruppo polacco placebo, infatti, i pazienti presentavano in media una malattia più lieve e valori di FEV1 più elevati al basale. Inoltre, alcuni pazienti si caratterizzavano per un impiego più intenso di broncodilatatori a breve durata, potenzialmente responsabile dell’insolito effetto placebo.
Implicazioni cliniche e prospettive future
Barry Quart, CEO di Connect Biopharma, ha sottolineato che una corretta selezione dei pazienti permette di ottenere benefici funzionali “senza precedenti”, con incrementi medi di FEV1 di quasi mezzo litro nei soggetti con infiammazione T2 marcata.
“Eosinofili e FeNO rappresentano due marcatori indipendenti dell’infiammazione di tipo 2. La loro combinazione consente di identificare i pazienti che rispondono meglio al trattamento biologico, migliorando la personalizzazione della terapia” – ha dichiarato Quart.
I ricercatori ritengono che, in futuro, entrambi i biomarcatori dovranno essere utilizzati come criteri di arruolamento negli studi clinici e come guida per la selezione terapeutica nella pratica quotidiana, superando l’approccio basato esclusivamente sulla conta eosinofila.
In conclusione, i dati dello studio rafforzano il ruolo di rademikibart come potenziale opzione terapeutica innovativa per l’asma moderato-grave con infiammazione T2. La sua capacità di migliorare rapidamente la funzione polmonare e ridurre le riacutizzazioni nei pazienti selezionati apre la strada a una gestione più mirata e personalizzata della malattia, in linea con i principi della medicina di precisione respiratoria.