Pancreatite cronica: il dolore, spesso misto tra componenti nocicettive, neuropatiche e nociplastiche, rappresenta la principale sfida terapeutica
![]()
La pancreatite cronica è una malattia infiammatoria progressiva del pancreas che provoca dolore addominale persistente e danni irreversibili al tessuto pancreatico. Il dolore, spesso misto tra componenti nocicettive, neuropatiche e nociplastiche, rappresenta la principale sfida terapeutica. La gestione richiede un approccio multidimensionale e personalizzato, integrando terapie farmacologiche, interventistiche, psicologiche e di supporto, in collaborazione con un team multidisciplinare come illustra una recente review pubblicata su Pain Practice.
Una malattia complessa e dalle molte sfaccettature
La pancreatite cronica è una patologia caratterizzata da episodi infiammatori ricorrenti che portano alla sostituzione del tessuto pancreatico con tessuto fibroso. Le cause sono multifattoriali e comprendono fattori genetici, ambientali e comportamentali. Il dolore, sintomo cardine della malattia, può derivare da diversi meccanismi fisiopatologici, includendo la sensibilizzazione centrale e periferica, la neuroplasticità e l’infiammazione neurogena. Tale complessità rende la gestione del dolore una delle sfide cliniche più impegnative.
Valutazione del dolore
La valutazione del dolore nella pancreatite cronica si basa su esami di imaging che analizzano la morfologia pancreatica. Tuttavia, la correlazione tra i reperti anatomici e i sintomi dolorosi non è sempre diretta.
Gestione e trattamento del dolore nella pancreatite cronica
Il trattamento del dolore nella pancreatite cronica è guidato dall’anatomia del pancreas evidenziata dagli esami di imaging. Nei pazienti con ostruzione del dotto pancreatico, le opzioni includono terapie endoscopiche o chirurgiche, mentre nei casi non ostruttivi prevale la gestione medica. Le strategie terapeutiche vanno dai farmaci analgesici non oppioidi agli oppioidi e agenti adiuvanti, spesso adattate da protocolli per altre patologie dolorose, data la scarsità di studi randomizzati specifici.
La cessazione dell’assunzione di alcol e del fumo è considerata fondamentale: entrambi accelerano la progressione della malattia, aumentano il rischio di tumori e aggravano il dolore. È raccomandata una dieta povera di grassi e un’adeguata nutrizione per prevenire la perdita di massa muscolare e le carenze vitaminiche, frequenti nei pazienti con insufficienza pancreatica.
Trattamento farmacologico
Gli analgesici rappresentano la prima linea di trattamento, sebbene la loro efficacia sia variabile. In assenza di linee guida specifiche, si utilizza spesso la scala analgesica dell’OMS.
Analgesici non oppioidi: paracetamolo e FANS, da usare con cautela per i potenziali effetti gastrointestinali e cardiovascolari. Il metamizolo, dove disponibile, offre buoni risultati ma è limitato dal rischio di agranulocitosi.
Tra gli oppioidi deboli e misti viene adopertato il tramadolo spesso come seconda scelta per il suo equilibrio tra efficacia e tollerabilità. Anche la buprenorfina, disponibile in cerotti o formulazioni transmucosali, può essere utile.
Gli oppioidi maggiori come la morfina sono riservati ai casi più gravi, con attenzione agli effetti collaterali (stitichezza, nausea, iperalgesia) e al rischio di dipendenza.
I farmaci adiuvanti come gabapentinoidi (gabapentin, pregabalin) e antidepressivi triciclici possono ridurre il dolore neuropatico. Solo il pregabalin ha mostrato in studi clinici una riduzione significativa del dolore.
Ketamina e lidocaina vengono scelte per casi selezionati; infusioni endovenose di questi farmaci possono essere utili quando gli oppioidi risultano inefficaci o causano iperalgesia.
Terapie complementari
L’integrazione enzimatica pancreatica può ridurre il dolore nei pazienti con insufficienza esocrina, ma i risultati sono contrastanti. Anche gli antiossidanti (vitamine A, C, E e S-adenosilmetionina) hanno mostrato in alcuni studi una riduzione della frequenza e dell’intensità del dolore, probabilmente per l’effetto sullo stress ossidativo.
L’agopuntura, pur basandosi su pochi studi, sembra offrire benefici modesti e temporanei ma con un eccellente profilo di sicurezza. Le terapie psicologiche, in particolare la cognitive behavioral therapy (CBT), riducono intensità e interferenza del dolore, migliorando la qualità della vita.
Trattamenti interventistici
Quando la terapia conservativa fallisce o vi è un’ostruzione anatomica, si ricorre a interventi endoscopici o chirurgici.
L’endoscopia viene utilizzata per rimozione di calcoli, dilatazione di stenosi o drenaggio di pseudocisti possono fornire un sollievo significativo.
In ambito chirurgico, la combinazione di resezione e drenaggio è più efficace se eseguita precocemente, entro 3-5 anni dall’esordio dei sintomi. Nei casi più gravi si può valutare la pancreatectomia totale con auto-trapianto di isole pancreatiche (TPIAT), con successo analgesico nel 60–90% dei casi.
Blocco nervoso e neuromodulazione
I blocchi del plesso celiaco o dei nervi splancnici (con anestetici locali o tecniche di radiofrequenza) possono offrire sollievo temporaneo, sebbene i risultati siano eterogenei. Gli studi mostrano un miglioramento del dolore in circa il 50–60% dei pazienti per alcune settimane o mesi.
La radiofrequenza dei nervi splancnici si è dimostrata più sicura e duratura rispetto alla neurolisi chimica.
La stimolazione del midollo spinale (SCS) rappresenta un approccio promettente e reversibile per i casi refrattari: studi osservazionali riportano una riduzione del dolore fino al 60% e minore uso di oppioidi, ma sono necessari trial clinici per confermarne l’efficacia.
Il ruolo della sensibilizzazione centrale e dell’approccio integrato
La sensibilizzazione centrale può ridurre l’efficacia dei trattamenti invasivi e amplificare la percezione del dolore, rendendo necessario un approccio terapeutico globale. L’obiettivo non è solo alleviare il sintomo, ma migliorare la qualità di vita del paziente attraverso un piano terapeutico personalizzato, che includa farmaci, fisioterapia, psicoterapia e strategie di coping.
In conclusione, la gestione del dolore nella pancreatite cronica richiede un approccio multidimensionale, basato su un’attenta valutazione clinica e sulla collaborazione di un team multidisciplinare. L’integrazione di terapie farmacologiche e non farmacologiche rappresenta la chiave per migliorare la qualità di vita dei pazienti. In assenza di solide evidenze da studi randomizzati, l’esperienza clinica e il giudizio specialistico restano fondamentali per guidare le decisioni terapeutiche.
Laura van Zeggeren et al., 16. Pain in chronic pancreatitis Pain Pract. 2025 Apr;25(4):e70030. doi: 10.1111/papr.70030.
leggi