La morfina a rilascio prolungato non migliora la dispnea cronica nei pazienti con patologie cardiorespiratorie, pur mostrando alcuni effetti secondari di possibile interesse clinico
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La morfina a rilascio prolungato non migliora la dispnea cronica nei pazienti con patologie cardiorespiratorie, pur mostrando alcuni effetti secondari di possibile interesse clinico, come la riduzione della tosse e un incremento dell’attività fisica. Tuttavia, il bilancio complessivo è sfavorevole a causa della mancanza di beneficio sul sintomo principale e della maggiore incidenza di eventi avversi.
Queste le conclusioni principali dello studio MABEL, presentato in occasione dei lavori del congresso annuale della European Respiratory Society e, contemporaneamente, pubblicato sulla rivista The Lancet Respiratory Medicine.
Razionale e obiettivi dello studio
La dispnea persistente è un sintomo molto frequente e invalidante nei pazienti con BPCO, scompenso cardiaco, cancro o malattie interstiziali polmonari, anche quando le malattie di base sono trattate in maniera ottimale.
Gli oppioidi, per la loro azione sui recettori centrali della percezione della dispnea, rappresentano un’opzione promettente: studi sperimentali hanno mostrato benefici, ma i trial clinici nei pazienti ambulatoriali non hanno confermato risultati consistenti.
Su questi presupposti è stato implementato lo studio MABEL, che si è proposto di verificare se la morfina potesse offrire un beneficio nella gestione della dispnea cronica.
Disegno dello studio
Il trial MABEL, di fase 3, pragmatico e multicentrico, ha arruolato 143 adulti con dispnea cronica moderata-severa (punteggio di gravità su scala mMRC ≥3) legata a malattie cardiache, respiratorie, post-COVID o oncologiche.
I partecipanti, con un’età media di 70,5 anni, sono stati randomizzati in doppio cieco a trattamento con morfina orale a rilascio prolungato (5-10 mg due volte al giorno) oppure a trattamento con placebo, entrambi con lassativo in cieco, per un periodo di 56 giorni. L’aderenza al trattamento si è mantenuta molto alta, con il 88% nel gruppo morfina e il 99% nel gruppo placebo.
Risultati principali
Al giorno 28 non è stata osservata alcuna differenza significativa tra morfina e placebo nella valutazione della dispnea peggiore (6,19 vs 6,10 su una scala da 0 a 10; P=0,78).
Alcuni outcome secondari, però, hanno mostrato un segnale di efficacia, dato da una riduzione della tosse al giorno 56 e da un incremento del tempo di attività fisica moderata-intensa al giorno 28, associato a una riduzione di circa 20 minuti del tempo giornaliero trascorso in modo sedentario. Quest’ultimo dato, pur non confermandosi statisticamente significativo dopo correzione per misure multiple, è stato considerato clinicamente rilevante.
Per quanto riguarda la sicurezza, il gruppo morfina ha riportato un numero più elevato di eventi avversi (251 vs 162 con placebo), inclusi 15 eventi seri rispetto ai 3 del placebo, per lo più disturbi gastrointestinali lievi e autolimitanti, eccetto la stipsi.
Conclusioni e limiti dello studio
Lo studio MABEL non ha evidenziato un beneficio clinico significativo della morfina sul sintomo principale della dispnea cronica, pur suggerendo alcuni possibili effetti positivi su tosse e attività fisica.
Gli autori dello studio hanno sottolineato che i risultati non sono generalizzabili a pazienti con dispnea meno severa, nei quali comunque la morfina non rappresenta un’opzione terapeutica.
Inoltre, un limite rilevante del trial è stata l’assenza di una misura diretta dello sforzo fisico in relazione alla dispnea peggiore.
Nel complesso, le evidenze attuali non suffragano l’impiego della morfina a rilascio prolungato come trattamento per la dispnea cronica e rafforzano l’importanza di concentrare la gestione del sintomo su approcci non farmacologici.
Bibliografia
Johnson MJ, et al “Morphine for chronic breathlessness (MABEL) in the UK: a multi-site, parallel-group, dose titration, double-blind, randomised, placebo-controlled trial” Lancet Resp Med 2025; DOI: 10.1016/ S2213-2600(25)00205-X.
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