Artrite psoriasica, nuove speranze con sonelokimab


Un nuovo farmaco sperimentale, sonelokimab, ha mostrato risultati molto incoraggianti in uno studio clinico di fase 2 condotto in pazienti con artrite psoriasica

artrite psoriasica

Un nuovo farmaco sperimentale, sonelokimab, ha mostrato risultati molto incoraggianti in uno studio clinico di fase 2 condotto in pazienti con artrite psoriasica (PsA). Si tratta di un inibitore dell’interleuchina 17A/F (IL-17A/F) simile al già noto bimekizumab, ma con una struttura molecolare più piccola che potrebbe consentire una migliore penetrazione nei tessuti infiammati.

I risultati, pubblicati su Nature Medicine, indicano che il farmaco raggiunge alti livelli di efficacia e mantiene un buon profilo di sicurezza, aprendo la strada agli studi registrativi di fase 3.

Razionale d’impiego di sonelokimab e obiettivi del trial
L’interleuchina-17 (IL-17) rappresenta, come è noto, una delle principali citochine coinvolte nella cascata infiammatoria che caratterizza sia la psoriasi cutanea sia la PsA.

Bimekizumab, approvato negli ultimi anni per diverse malattie infiammatorie croniche (tra le quali la PsA), ha dimostrato che il blocco simultaneo delle isoforme IL-17A e IL-17F è più efficace rispetto all’inibizione del solo IL-17A. Tuttavia, in alcuni pazienti la risposta clinica resta parziale: meno della metà ha raggiunto la minima attività di malattia (MDA) negli studi precedenti.

Una delle ipotesi più accreditate è che gli anticorpi monoclonali tradizionali, a causa delle loro dimensioni, penetrino solo in parte nei tessuti sinoviali infiammati.

Da qui nasce la messa a punto di sonelokimab, sviluppato dalla svizzera MoonLake Immunotherapeutics. Il farmaco appartiene alla nuova classe dei nanobody, frammenti di anticorpi di dimensioni ridotte ma ad elevata specificità di legame.

Sonelokimab si lega sia a IL-17A sia a IL-17F, e contemporaneamente all’albumina, una caratteristica che favorisce il suo accumulo nei tessuti infiammati. In teoria, questa combinazione potrebbe garantire un’azione più profonda e duratura rispetto agli anticorpi di dimensioni standard.

L’obiettivo del trial di fase 2 ARGO è stato quello di valutare l’efficacia e la sicurezza di questa nuova molecola, rispetto al placebo, in pazienti affetti da PsA.

Disegno dello studio
A tal scopo, i ricercatori hanno arruolato 207 pazienti con malattia attiva che coinvolgeva sia la cute che le articolazioni, randomizzandoli a sonelokimab, placebo o all’inibitore del TNF-alfa adalimumab, ciascuno somministrato per via sottocutanea. (Ndr: non sono stati effettuati confronti statistici con adalimumab; lo scopo di questo braccio di trattamento era quello di servire da controllo generale della risposta dei pazienti ad una terapia con un farmaco biologico).

Sono stati oggetto di valutazione tre regimi di dosaggio di sonelokimab:
• 60 mg ogni 4 settimane a partire dalla settimana 0
• 60 mg con un periodo di induzione iniziale, in cui i pazienti sono stati trattati ogni 2 settimane fino alla settimana 8, seguito dal trattamento con 60 mg ogni 4 settimane
• 120 mg con un periodo di induzione simile di 6 settimane, seguito dal trattamento con 60 mg ogni 4 settimane.

Adalimumab e placebo sono stati somministrati ogni 2 settimane.

Il trattamento in queste modalità è durato 12 settimane, dopo di che i pazienti randomizzati al placebo sono passati a sonelokimab senza induzione, e tutti i gruppi hanno continuato il trattamento fino alla settimana 24. Ogni gruppo contava 40–43 pazienti.

L’endpoint primario era rappresentato dalla proporzione di pazienti che avevano raggiunto la risposta ACR50 alla settimana 12, mentre un endpoint secondario chiave era rappresentato dai tassi di raggiungimento dello stato di minima attività di malattia (MDA).

Risultati principali
Endpoint primario
I tassi di risposta ACR50 risultanti alla settimana 12 sono stati i seguenti:
• 60 mg senza induzione: 36,6%
• 60 mg con induzione: 46,3%
• 120 mg con induzione: 46,5%
• adalimumab: 42,9%
• placebo: 20%

Proseguendo il trattamento per ulteriori 12 settimane, questi tassi sono aumentati notevolmente. Alla settimana 24, il 61% del gruppo sottoposto a trattamento con il dosaggio elevato di sonelokimab ha soddisfatto la risposta ACR50.

Incrementi simili dei tassi di risposta sono stati osservati negli altri gruppi, con il 54,1% dei pazienti del gruppo placebo originario che ha raggiunto la risposta ACR50 dopo switch a sonelokimab.

Endpoint secondari
I risultati hanno mostrato che i tassi di MDA raggiunti erano compresi tra 35% e 45% per i trattamenti attivi alla settimana 12, salendo fino al 62% nel gruppo trattato con 60 mg di sonelokimab con induzione iniziale.

Quanto all’endpoint combinato (più stringente) del raggiungimento della risposta ACR70 e della risoluzione completa dei sintomi cutanei secondo l’indice PASI, questo è stato raggiunto dal 48% dei pazienti sottoposti a trattamento con sonelokimab 120 mg con induzione.

Altri endpoint esplorativi
Anche gli outcome riferiti dai pazienti (dolore, funzionalità, qualità di vita) sono migliorati in modo significativo, in linea con l’elevato tasso di MDA.
L’efficacia è risultata omogenea nei sottogruppi, comprese le donne e i pazienti non in terapia concomitante con metotrexato.

Le risposte cutanee (PASI 100) e la risoluzione di entesite e dattilite sono state incoraggianti ma richiederanno conferma in studi più ampi.

Safety
Gli unici eventi avversi gravi (SAE) registrati nel corso dello studio (cinque in totale) sono stati considerati non correlati al trattamento. Sei pazienti nel gruppo da 120 mg hanno interrotto il trattamento a causa di eventi avversi; nessuno lo ha fatto negli altri bracci. Gli eventi più comuni insorti durante il trattamento sono stati rinofaringite e infezioni delle vie respiratorie superiori, arrossamento a livello del sito di iniezione e cefalea. Quattro pazienti trattati con sonelokimab hanno sviluppato candidosi orale non grave. Non sono stati segnalati casi di eventi cardiovascolari o anomalie epatiche.

Implicazioni cliniche e limiti dello studio
In conclusione, i risultati dello studio ARGO suggeriscono che la doppia inibizione di IL-17A/F, unita alla struttura più piccola e al legame con l’albumina tipici dei nanobody, possa migliorare la penetrazione tissutale e l’efficacia rispetto agli anticorpi convenzionali.

I dati di fase 2 indicano una forte efficacia clinica e una buona tollerabilità, posizionando il farmaco come un possibile nuovo protagonista nel trattamento della PsA — una patologia in cui, nonostante i progressi degli ultimi anni, esiste ancora un ampio margine di miglioramento per molti pazienti.

Sulla base di questi dati, MoonLake ha già avviato due studi di fase 3 con sonelokimab nella PsA. Sono inoltre in corso ricerche sul farmaco nella psoriasi a placche e nell’idrosadenite suppurativa, dove gli studi di fase 2 hanno già dato risultati promettenti.

Lo studio ARGO, pur offrendo risultati molto promettenti, presenta alcuni limiti tipici dei trial sperimentazione di fase 2: il numero relativamente ridotto di pazienti e la durata di osservazione limitata a 24 settimane non consentono di valutare appieno la sostenibilità delle risposte nel lungo periodo né la comparsa di eventi avversi rari.

Inoltre, sebbene fosse presente un gruppo di riferimento con adalimumab, lo studio non era progettato per un confronto diretto con altri farmaci biologici, per cui non è possibile stabilire la reale superiorità di sonelokimab.

Da ultimo, alcuni domini della malattia, come dattilite, entesite e interessamento assiale, sono stati analizzati su pochi pazienti o con strumenti indiretti, rendendo necessari ulteriori approfondimenti.

Bibliografia
McInnes IB, et al “Sonelokimab, an IL-17A/IL-17F-inhibiting nanobody for active psoriatic arthritis: a randomized, placebo-controlled phase 2 trial” Nat Med 2025; DOI: 10.1038/s41591-025-03971-6.
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