L’uso della ventilazione a pressione positiva continua (CPAP) nei pazienti con diabete di tipo 2 (T2D) e apnee ostruttive del sonno (OSA) si associa a una riduzione del 26% del rischio di mortalità
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L’uso della ventilazione a pressione positiva continua (CPAP) nei pazienti con diabete di tipo 2 (T2D) e apnee ostruttive del sonno (OSA) si associa a una riduzione del 26% del rischio di mortalità rispetto ai pazienti con T2D non trattati con CPAP. È quanto emerge da un ampio studio osservazionale condotto in Svezia e presentato al congresso annuale della European Association for the Study of Diabetes (EASD) 2025, in corso a Vienna.
Il contesto clinico
Le apnee ostruttive del sonno sono una condizione caratterizzata da ripetute interruzioni della respirazione durante la notte. Questa patologia, spesso sottodiagnosticata, ha un impatto diretto sul rischio cardiovascolare e sulla sopravvivenza, in particolare nei pazienti con diabete di tipo 2, nei quali la prevalenza stimata di OSA è elevata ma raramente considerata parte integrante della gestione della malattia metabolica.
“Nonostante l’impatto sostanziale dell’OSA sulla malattia cardiovascolare e sulla sopravvivenza, spesso la diagnosi manca nei pazienti con diabete di tipo 2 e la condizione non viene affrontata in maniera sistematica”, ha sottolineato il professor Jonas Agholme, dell’Università di Linköping, autore principale dello studio.
Disegno dello studio
L’analisi ha utilizzato i dati di cinque registri sanitari nazionali svedesi, includendo 12.388 pazienti con T2D e OSA trattati con CPAP e un gruppo di confronto composto da 737.911 pazienti con T2D senza prescrizione di CPAP, nei quali lo stato di OSA non era noto.
L’endpoint primario era la mortalità per tutte le cause, valutata con un modello di regressione di Cox a variabili tempo-dipendenti, aggiustato per età, BMI, pressione arteriosa, fumo e altri fattori di base.
I risultati
Durante un follow-up di 14 anni, i ricercatori hanno osservato 764 decessi (6%) nel gruppo CPAP contro 212.336 decessi (29%) nel gruppo senza CPAP. L’età media era inferiore nei pazienti trattati con CPAP (58 anni contro 65), mentre il BMI risultava più elevato (34,7 vs 30,6).
Dopo correzione per i principali fattori confondenti, la terapia con CPAP si è associata a una significativa riduzione della mortalità ( hazard ratio aggiustato: 0,74; IC 95% 0,68-0,82; P < 0,001).
Secondo Agholme, i dati suggeriscono che “la CPAP può svolgere un ruolo importante nel migliorare la sopravvivenza dei pazienti con diabete e apnee ostruttive del sonno e rafforzano l’importanza di una diagnosi precoce di OSA in questa popolazione”.
Limiti e implicazioni
Lo studio, di natura osservazionale, non consente di stabilire un nesso di causalità e non esclude del tutto possibili bias di selezione o fattori confondenti residui. Inoltre, i dati sull’aderenza alla CPAP erano disponibili solo per una piccola parte dei pazienti e mancavano informazioni dettagliate sulla gravità delle apnee. Un ulteriore limite riguarda la generalizzabilità, poiché lo studio è stato condotto interamente nel contesto del sistema sanitario svedese.
Nonostante questi limiti, i risultati forniscono una forte evidenza epidemiologica a favore di un approccio più integrato nella gestione dei pazienti con T2D, includendo lo screening sistematico e il trattamento delle apnee ostruttive del sonno.