Esce l’1 ottobre Cent’anni – il nuovo singolo della band Inude via Factory Flaws che rappresenta il primo capitolo di un nuovo ciclo
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Esce l’1 ottobre Cent’anni – il nuovo singolo della band Inude via Factory Flaws che rappresenta il primo capitolo di un nuovo ciclo: una ballata sul tempo che spezza, tra amore e distruzione.
Con Cent’anni, gli Inude danno inizio ad un nuovo percorso sonoro ed emotivo che culminerà nel loro prossimo album, previsto entro metà 2026. Il brano unisce una scrittura poetica a un’atmosfera spoglia, rarefatta, sorretta da un ritmo primordiale che si perde tra arpeggiatori e synth orchestrati. Una composizione in continua evoluzione, che attraversa diversi stati emotivi.
Cent’anni vive sul confine tra inglese e italiano: la lingua si piega al sentimento, cambia con esso, come se la voce cercasse nuovi spazi e nuovi modi di esprimersi. Al centro, una voce che chiede perdono senza pronunciarlo, una confessione tra le pieghe del suono, dove l’amore diventa preghiera e il tempo non basta a riparare. L’uomo è da sempre in ginocchio, schiacciato dal senso di colpa, oppresso dal peso degli altri, in lotta per l’autodeterminazione.
“I’ll be down on my knees for centuries” – il tempo che diventa condanna.
“Sono cent’anni a pena” – il peso che resta.
“Lava via gli occhi, lava via i sogni” – un gesto che non salva, ma cancella.
A dare forma visiva a questo universo è l’opera Le Parche di Andrea Calisi: le tre dee del destino che filano, misurano e recidono il filo della vita, osservando immobili mentre tutto si consuma. Un’immagine sospesa tra il privato e il collettivo, tra la fragilità del sentimento e la brutalità della storia.
C’è un momento in cui il tempo smette di scorrere e inizia a pesare. ll brano nasce lì, in quel punto cieco dove le cose non finiscono di colpo, ma si consumano. Un amore, una storia, una voce. Un filo che si tende, si assottiglia e si spezza — senza far rumore.
“Abbiamo scelto di muoverci tra due lingue, come se la lingua stessa fosse parte del passaggio: l’inglese come distanza, l’italiano come nudità. Non è una scelta definitiva, ma un gesto. Un’apertura. Anche il suono è tornato a cercare il corpo: l’elettronica, i synth, il vuoto tra le frequenze. Volevamo spazio. Volevamo silenzio. Cent’anni è una canzone sull’intimo e sul collettivo. Sul tempo che non guarisce, ma condanna. Parla di qualcosa che cade, inesorabile. Lo si intuisce anche solo ascoltando il respiro. In copertina, Le Parche dell’illustratore Andrea Calisi vegliano su ciò che non si può controllare. Non sono lì per spiegare. Sono lì da sempre.” – Inude.
Cent’anni è il tempo che diventa peso, condanna. Una cesura silenziosa tra ciò che resta e ciò che si consuma. Non è un racconto lineare, ma una sospensione: tra l’amore che si spegne e il mondo che crolla, tra la voce che cerca rifugio e il filo che si spezza senza rumore. Una soglia. Un inizio che somiglia a una fine.