Un nuovo studio condotto in Sudafrica e pubblicato su Pain indaga il legame tra dolore persistente e distress psicologico nelle persone con HIV
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Un nuovo studio condotto in Sudafrica e pubblicato su Pain indaga il legame tra dolore persistente e distress psicologico nelle persone che vivono con HIV. Contrariamente a quanto ipotizzato, i risultati mostrano che né la reattività infiammatoria né l’iperalgesia indotta spiegano tale associazione. Il distress resta fortemente correlato al dolore, ma attraverso meccanismi che non sembrano dipendere dalle vie infiammatorie tradizionali.
HIV, dolore cronico e salute mentale: un intreccio complesso
Il dolore persistente rappresenta una sfida clinica rilevante per le persone che vivono con l’HIV, anche in presenza di una soppressione virologica stabile grazie alla terapia antiretrovirale. In questo contesto, il ruolo del distress psicologico è particolarmente significativo: diversi studi hanno evidenziato una stretta associazione tra disagio emotivo e intensità del dolore cronico.
Per approfondire i meccanismi alla base di questo legame, un gruppo di ricercatori ha condotto un’analisi trasversale all’interno di uno studio longitudinale presso una clinica periurbana vicino a Città del Capo, in Sudafrica. Sono stati arruolati 99 adulti con HIV, suddivisi in due gruppi: 45 con dolore persistente e 54 senza dolore, abbinati per età e sesso. Tutti i partecipanti hanno compilato questionari autoriportati sul distress psicologico (Hopkins Symptom Checklist), sul dolore (Brief Pain Inventory adattato) e su potenziali fattori confondenti, come traumi infantili, eventi di vita e supporto sociale.
Oltre alla valutazione psicologica, i ricercatori hanno raccolto campioni di sangue per analizzare la reattività infiammatoria, stimolando le cellule con endotossina e misurando i livelli di tre citochine chiave: interleuchina-6 (IL-6), interleuchina-1β (IL-1β) e fattore di necrosi tumorale alfa (TNF-α). In un sottogruppo di 45 partecipanti è stata inoltre valutata l’iperalgesia secondaria indotta da stimolazione ad alta frequenza, per esplorare la sensibilizzazione del sistema nervoso al dolore.
Distress e dolore: forte correlazione, ma vie inattese
I risultati hanno confermato che i partecipanti con dolore persistente riportavano livelli significativamente più alti di distress psicologico (p<0.001) e maggiori esperienze di trauma infantile, pur senza differenze sostanziali per quanto riguarda il supporto sociale o gli eventi di vita. La severità media del dolore era pari a 5,2 su 10, con tre sedi dolorose per persona.
Il distress è risultato fortemente correlato sia alla gravità del dolore (un aumento di 0,8 punti su 10 per ogni incremento unitario del punteggio di distress) sia al numero di sedi dolorose (fino a due siti in più). Tuttavia, le analisi non hanno mostrato alcuna differenza nei livelli di citochine tra chi soffriva di dolore e chi no, né un’associazione tra distress e reattività infiammatoria.
Anche l’iperalgesia indotta da stimolazione elettrica non ha evidenziato differenze significative tra i gruppi, né correlazioni con l’espressione di citochine. Questi dati suggeriscono che i meccanismi alla base del legame tra distress e dolore persistente non dipendano dalle vie infiammatorie innate, contrariamente a quanto ipotizzato da ricerche precedenti.
Punti di forza, limiti e confronto con la letteratura
Il principale punto di forza dello studio risiede nell’approccio multimodale: oltre ai questionari, i ricercatori hanno integrato biomarcatori biologici e test sperimentali sul dolore, garantendo una valutazione completa. Inoltre, il campione rappresenta una popolazione reale di adulti sudafricani con HIV, spesso esposta a svantaggi socioeconomici rilevanti (il reddito medio mensile era di circa 54 dollari, con il 60% disoccupato e quasi la metà residente in abitazioni informali).
Tra i limiti, va sottolineato il disegno trasversale, che non consente di stabilire la direzionalità del rapporto tra distress e dolore. Inoltre, lo studio non ha considerato alcuni fattori rilevanti come i disturbi del sonno, potenzialmente in grado di influenzare entrambi gli aspetti. Le analisi biologiche, infine, erano basate su modelli in vitro e limitate da difficoltà tecniche nella quantificazione di alcune citochine.
Nonostante questi limiti, i risultati si aggiungono alla letteratura internazionale, suggerendo che il dolore persistente nelle persone con HIV non possa essere spiegato unicamente da processi infiammatori o da fenomeni di sensibilizzazione centrale. Questo apre la strada a nuove ipotesi e approcci terapeutici, che tengano maggiormente conto delle dimensioni psicologiche e sociali della malattia.
Il distress come chiave di lettura del dolore
Lo studio dimostra che, nelle persone che vivono con HIV, il distress psicologico è strettamente legato al dolore cronico, ma non attraverso i classici meccanismi infiammatori o di iperalgesia sperimentale. Questo risultato, definito dagli stessi autori “intrigante”, suggerisce che il distress abbia una relazione diversa con l’attività immunitaria innata in questa popolazione rispetto a quanto osservato in studi precedenti.
Per la pratica clinica, ciò significa che la gestione del dolore nelle persone con HIV non può limitarsi agli aspetti biologici, ma deve integrare valutazioni e interventi mirati al benessere psicologico, alla riduzione dello stress e al supporto psicosociale. La lotta contro il dolore persistente, in questo contesto, passa non solo attraverso i farmaci, ma anche attraverso strategie di cura più ampie e multidimensionali.
Victoria J Madden et al., Provoked cytokine response is not associated with distress or induced secondary hyperalgesia in people with suppressed HIV. Pain. 2025 Aug 7.
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