Dolore neuropatico: nuove opzioni di cura con Palmitoiletanolamide


La palmitoiletanolamide (PEA) è utilizzata da oltre vent’anni nella gestione del dolore neuropatico, ma solo negli ultimi quindici anni la letteratura scientifica ha chiarito meglio il suo meccanismo d’azione

dolore polineuropatia

La palmitoiletanolamide (PEA) è utilizzata da oltre vent’anni nella gestione del dolore neuropatico, ma solo negli ultimi quindici anni la letteratura scientifica ha chiarito meglio il suo meccanismo d’azione e le potenzialità cliniche. Una recente review, pubblicata su Pain and Therapy, esamina farmacodinamica e farmacocinetica della molecola, l’evoluzione delle formulazioni, le nuove prospettive terapeutiche e il ruolo di PEA nella medicina personalizzata contro dolore cronico, infiammazione e stress ossidativo. Abbiamo raccolto sotto forma di podcast l’importante commento del prof. Gabriele Finco, direttore del dipartimento di Anestesia e rianimazione del Policlinico Duilio Casula, direttore del dipartimento Materno infantile sempre dell’AOU di Cagliari, direttore sanitario presso l’Azienda ospedaliero-universitaria di Cagliari e past president di AISD (Associazione italiana per lo studio del dolore).

PEA: una molecola tra scienza e clinica
Il dolore neuropatico colpisce circa il 7–10% della popolazione mondiale e rappresenta una sfida complessa, con costi sociali ed economici elevati. Le terapie convenzionali spesso risultano parzialmente efficaci o gravate da effetti collaterali, motivo per cui la ricerca si è orientata verso molecole con un profilo di sicurezza migliore. In questo contesto, la PEA si distingue per la sua capacità di modulare meccanismi infiammatori, ossidativi e nocicettivi, offrendo un approccio multidimensionale al dolore.
La letteratura degli ultimi anni ha confermato il suo potenziale, con applicazioni non solo nel dolore neuropatico puro ma anche in quello misto, tipico soprattutto dei pazienti anziani.

Farmacocinetica e nuove formulazioni: il nodo dell’assorbimento
La principale criticità della PEA è stata a lungo la scarsa biodisponibilità orale, dovuta alla sua natura lipofila. Per superare questo limite, la ricerca ha sviluppato formulazioni innovative come la PEA micronizzata e ultramicronizzata, che ne migliorano l’assorbimento gastrointestinale.
Tecniche più avanzate, tra cui liposomi e nanocarrier, hanno ulteriormente potenziato la distribuzione e la stabilità della molecola.
Un passo avanti significativo è rappresentato dall’Equisetum-PEA, frutto della combinazione con estratti di Equisetum arvense. Questa formulazione non solo aumenta la permeabilità intestinale e la disponibilità sistemica, ma sembra anche ottimizzare il trasporto verso i tessuti bersaglio, amplificando l’effetto antinfiammatorio, antiossidante e analgesico. Studi preclinici hanno mostrato un profilo superiore rispetto alla PEA ultramicronizzata, e ricerche cliniche sono in corso per verificarne l’efficacia.

Dolore neuropatico periferico
Il dolore neuropatico periferico deriva da lesioni ai nervi periferici che causano segnali anomali e ipersensibilità. La PEA si distingue per le sue proprietà antinfiammatorie e immunomodulanti. Stabilizzando i mastociti e riducendo la produzione di mediatori proinfiammatori, contrasta la neuroinfiammazione, alla base della sensibilità dolorosa. Inoltre, l’interazione con i recettori CB2 regola la risposta immunitaria, con benefici in neuropatie come quella diabetica o la nevralgia post-erpetica. Studi preclinici mostrano efficacia anche nella neuropatia da oxaliplatino, grazie al potenziamento delle difese antiossidanti e all’attivazione di PPAR-α.

Dolore neuropatico centrale
Il dolore neuropatico centrale (CNP) condivide meccanismi con quello periferico, ma è legato a lesioni del sistema nervoso centrale. La PEA agisce su microglia e astrociti, riducendone l’attivazione e interrompendo il processo di sensibilizzazione centrale, tipico di patologie come la sclerosi multipla o le lesioni midollari. Oltre all’effetto analgesico diretto, esercita un’azione neuroprotettiva, favorendo la sopravvivenza neuronale. La modulazione di canali TRPV1 contribuisce a ridurre la trasmissione anomala dei segnali dolorosi. Questo duplice effetto su periferia e SNC rende la PEA un’opzione terapeutica integrata.

Evidenze cliniche
I dati clinici confermano l’utilità della PEA nelle neuropatie periferiche, in particolare in quella diabetica, migliorando dolore, funzione nervosa e qualità di vita. Nella sclerosi multipla, l’integrazione con PEA ha ridotto dolore e migliorato gli indici funzionali. Gli studi preclinici rafforzano l’evidenza del suo ruolo nel modulare neuroinfiammazione e ipersensibilità al dolore. Questi risultati sostengono l’impiego della PEA come trattamento aggiuntivo in diverse condizioni neuropatiche.

Neuroinfiammazione e PEA
Un filo conduttore nelle patologie neurologiche è la neuroinfiammazione, comune in Alzheimer, Parkinson, sclerosi laterale amiotrofica (SLA), sclerosi multipla e demenze. La PEA, regolando l’attività immunitaria e riducendo lo stress ossidativo, si propone come molecola versatile. Studi clinici preliminari hanno mostrato miglioramenti cognitivi in pazienti con demenza vascolare e Alzheimer, mentre dati preclinici suggeriscono effetti neuroprotettivi nel Parkinson e nella SLA. Nella sclerosi multipla, la PEA potrebbe ridurre neuroinfiammazione e preservare la funzione neuronale.

Implicazioni cliniche e prospettive future
L’ottimizzazione farmacocinetica della PEA ha un impatto diretto sulla gestione personalizzata del dolore. La scelta della formulazione influenza, infatti, tempi e durata della risposta terapeutica, aspetto cruciale nei pazienti cronici. Le nuove preparazioni, come l’Equisetum-PEA, offrono la possibilità di trattamenti più mirati e duraturi, riducendo al tempo stesso il rischio di effetti collaterali. Inoltre, la combinazione della PEA con altre molecole – ad esempio i FANS – apre a strategie sinergiche, capaci di potenziare l’analgesia e limitare le dosi di farmaci tradizionali.
Sebbene siano necessari studi comparativi più ampi, i dati disponibili la indicano come un’opportunità concreta nella medicina personalizzata, soprattutto nelle condizioni caratterizzate da dolore cronico, infiammazione e degenerazione neuronale.

Il futuro della ricerca si muove verso lo sviluppo di sistemi di rilascio sempre più innovativi, inclusi i transdermici e le nanoemulsioni, e verso studi clinici su popolazioni eterogenee, con comorbidità o diverse intensità infiammatorie. In quest’ottica, la PEA non si limita a rappresentare un’opzione aggiuntiva, ma diventa parte integrante di un approccio moderno di medicina personalizzata.

Giustino Varrassi et al., A Decades-Long Journey of Palmitoylethanolamide (PEA) for Chronic Neuropathic Pain Management: A Comprehensive Narrative Review. Pain Ther. 2025 Feb;14(1):81-101.
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