Scompenso cardiaco: con finerenone i risultati sono costanti


Scompenso cardiaco: con finerenone efficacia costante e indipendente da genere, pressione arteriosa e insulino-resistenza

insufficienza cardiaca

L’insufficienza cardiaca (HF) colpisce oltre 64 milioni di persone nel mondo ed è la principale causa di ospedalizzazione negli over 65, con tassi di mortalità paragonabili a quelli dei tumori più comuni. I pazienti con scompenso cardiaco con frazione di eiezione preservata (HFpEF) rappresentano circa la metà di tutti i casi di HF e spesso presentano un carico maggiore di comorbidità cardiovascolari e non cardiovascolari rispetto ai pazienti con frazione di eiezione del ventricolo sinistro (LVEF) ridotta. Inoltre, fino al 40% dei pazienti con diabete di tipo 2 (T2D) sviluppa malattia renale cronica (CKD), una condizione che aumenta di tre volte il rischio di morte cardiovascolare rispetto ai pazienti diabetici senza CKD. Questi dati sottolineano l’urgenza di terapie capaci di ridurre contemporaneamente il rischio cardiovascolare e renale.

Al Congresso 2025 della Società Europea di Cardiologia (ESC) di Madrid, sono state presentate nuove analisi derivanti dal programma di sviluppo clinico cardiorenale di finerenone, antagonista non steroideo e selettivo del recettore dei mineralcorticoidi (MR). Questi dati, provenienti dal programma dio studi FINEOVATE rappresenta il cuore dello sviluppo clinico di finerenone, confermano il potenziale terapeutico di questo farmaco sia nelle malattie renali croniche associate a diabete di tipo 2 (CKD-T2D), sia nello scompenso cardiaco con HFpEF.

Finerenone è già approvato negli Stati Uniti per lo scompenso cardiaco con LVEF ≥40% ed è disponibile per il trattamento della CKD associata a T2D in oltre 95 Paesi.

Il finerenone rappresenta una nuova opportunità terapeutica per una popolazione di pazienti ad alto rischio, che spesso presenta più comorbidità e limitate opzioni di trattamento. «Credo che finerenone diventerà un farmaco fondamentale nel trattamento dello scompenso cardiaco – ha dichiarato ai microfoni di PharmaStar il Prof. Michele Senni, Direttore Cardiologia I e Dipartimento Cardiovascolare A.S.S.T. Papa Giovanni XXIII di Bergamo e Professore di cardiologia Università Bicocca di Milano – attendiamo con interesse la possibilità di utilizzarlo anche in Europa, viste le evidenze di miglioramento della prognosi di questi pazienti».

Finerenone agisce bloccando l’iperattivazione del recettore dei mineralcorticoidi e modulando i processi infiammatori e fibrotici che contribuiscono alla progressione della CKD e al danno cardiovascolare. L’efficacia clinica e il profilo di sicurezza di questo farmaco sono stati confermati attraverso un ampio programma di studi di Fase II e III, che ha incluso analisi meccanicistiche, sottogruppi e valutazioni di biomarcatori.

Subanalisi da FINEARTS-HF e FINE-HEART

Differenze dui genere
Un’analisi delle differenze di sesso nei pazienti con malattia cardio-renale-metabolica (CKM) ha mostrato che le donne presentavano una maggiore prevalenza di CKM avanzata e più comorbidità, ma ricevevano meno frequentemente trattamenti standard rispetto agli uomini. I benefici di finerenone erano consistenti indipendentemente dal sesso.
Senni ha evidenziato alcuni punti chiave emersi dalle sottoanalisi presentate: «Tra le analisi più rilevanti vi sono quelle relative al sesso: finerenone si è dimostrato efficace sia negli uomini sia nelle donne, e questo è particolarmente importante considerando la prevalenza di HFpEF nella popolazione femminile. Inoltre, abbiamo osservato una lieve riduzione pressoria, di circa 3,5 mmHg, senza compromettere l’efficacia sul principale endpoint combinato di morte cardiovascolare o peggioramento dello scompenso, anche in presenza di ipotensione».

Adiposità
Un’altra analisi ha mostrato che i benefici di finerenone nel ridurre esiti cardiovascolari, renali e mortalità erano coerenti in tutti i pazienti, indipendentemente dai parametri legati all’adiposità (BMI, rapporto vita/fianchi).

HF grave

Una subanalisi ha indagato i pazienti con HF grave. Circa il 15% dei pazienti soddisfaceva la definizione ESC-HFA di HF grave. Questi pazienti, più anziani e con maggiori comorbidità, hanno mostrato un rischio più elevato di eventi HF e morte CV. Finerenone ha ridotto in modo consistente il rischio di eventi clinici, indipendentemente dalla gravità dell’HF o dalla categoria di LVEF, ed è risultato sicuro e ben tollerato.
Fibrosi
Un’analisi meccanicistica presentata come Late-Breaker ha mostrato che finerenone modifica i percorsi biologici legati a fibrosi e rimodellamento della matrice extracellulare (ECM) rispetto a placebo, con downregulation significativa dei biomarcatori coinvolti.

Ipotensione
Un’analisi post-hoc ha studiato l’ipotensione. Finerenone ha ridotto precocemente e in modo sostenuto la pressione sistolica (-3,4 mmHg a sei mesi). Nel follow-up mediano di 32 mesi, il 15,5% dei pazienti ha presentato ipotensione (<100 mmHg), più frequente con finerenone (18,5%) rispetto a placebo (12,4%; p<0,001). I benefici sull’endpoint primario sono risultati consistenti indipendentemente dall’ipotensione.

Un messaggio importante riguarda la pressione arteriosa: abbiamo osservato una lieve riduzione pressoria, di circa 3,5 mmHg, con la possibilità di qualche episodio di ipotensione o peggioramento dello scompenso. Tuttavia, il farmaco ha mantenuto la propria efficacia sull’endpoint primario, cioè morte cardiovascolare o peggioramento dello scompenso cardiaco, considerando sia il primo episodio che quelli successivi.

Insulino resistenza

Un’altra analisi ha mostrato che una maggiore resistenza insulinica (stimata tramite eGDR) è associata a peggiori outcome cardio-renali-metabolici. Finerenone ha ridotto costantemente il rischio di morte CV e HF, indipendentemente dai valori basali di eGDR.

Il professor Senni ha commentato: «Un’altra osservazione interessante riguarda l’insulino-resistenza: finerenone mantiene la sua efficacia sia nei pazienti diabetici sia in quelli non diabetici. Sul piano meccanicistico, il farmaco riduce i principali biomarcatori circolanti di fibrosi, suggerendo un effetto protettivo anche sul tessuto cardiaco. Infine, nei pazienti con insufficienza cardiaca più avanzata, finerenone ha mostrato benefici significativi indipendentemente dalla gravità della malattia».

Analisi “Late-Breaking” dallo studio CONFIDENCE

Tra le novità più rilevanti presentate all’ESC 2025 vi sono le analisi prespecificate dello studio di Fase II CONFIDENCE. La combinazione precoce di finerenone con l’inibitore SGLT2 empagliflozin non ha mostrato una riduzione addizionale della pressione arteriosa rispetto alle monoterapie entro le prime 24 ore, ma ha confermato un buon profilo di tollerabilità emodinamica nei pazienti con CKD e T2D.
Un’ulteriore analisi ha evidenziato che il rischio renale predetto secondo le categorie KDIGO non ha influenzato l’efficacia della combinazione, con riduzioni consistenti dei livelli di UACR e un rischio di iperkaliemia più basso rispetto a finerenone in monoterapia.

Conclusioni
I dati presentati all’ESC 2025 confermano che finerenone offre benefici clinicamente significativi in pazienti con malattie cardio-renali, con un effetto consistente indipendentemente dal sesso, dalla resistenza insulinica o dal grado di fibrosi e severità dell’insufficienza cardiaca. Le nuove analisi meccanicistiche e di sottogruppo, unite alla prospettiva dei futuri studi Moonraker, pongono finerenone come un farmaco innovativo in grado di affrontare le cause alla base dei danni cardiovascolari e renali, consolidando il suo ruolo nella pratica clinica futura.

Riguardo allo sviluppo clinico futuro, Senni ha spiegato: «Il programma si chiama MOONRAKER, e il nostro Paese partecipa a due dei tre studi previsti. Il primo è lo studio REDEFINE, che riguarda pazienti con scompenso cardiaco a funzione sistolica preservata ma ospedalizzati, con endpoint “hard” quali morte cardiovascolare o peggioramento dello scompenso. Il secondo è lo studio FINALITY, molto intrigante, che arruolerà pazienti con insufficienza cardiaca a funzione sistolica ridotta intolleranti agli antagonisti steroidei dei mineralcorticoidi (come spironolattone o eplerenone), spesso per problemi di iperkaliemia. Anche qui gli endpoint principali saranno morte cardiovascolare o peggioramento dello scompenso.
“L’Fda ha recentemente autorizzato l’uso del finerenone nel trattamento dello scompenso cardiaco con frazione di eiezione preservata (HFpEF, LVEF ≥40%), aprendo nuove prospettive terapeutiche per una popolazione di pazienti finora con opzioni limitate.

«Sono convinto – ha concluso Senni – che il finerenone diventerà un farmaco fondamentale nel trattamento di questi pazienti, che rappresentano oltre il 50% del totale dei malati con scompenso cardiaco. Attendiamo con grande interesse di poterlo utilizzare anche in Europa, perché ha dimostrato realmente di migliorare la prognosi di questa popolazione di pazienti.»