Iscalimab, un nuovo anticorpo monoclonale anti-CD40, si è dimostrato efficace nella nefrite lupica (LN) in un trial di fase 2 pubblicato su RMD Open – Rheumatic and Musculoskeletal Diseases
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Iscalimab, un nuovo anticorpo monoclonale anti-CD40, si è dimostrato efficace nella nefrite lupica (LN) in un trial di fase 2 pubblicato su RMD Open – Rheumatic and Musculoskeletal Diseases, riducendo la proteinuria a 24 settimane rispetto al placebo. Il trattamento è risultato generalmente ben tollerato, con la maggior parte degli eventi avversi di entità compresa da lieve a moderata, a fronte, tuttavia, di alcune infezioni gravi occorse in pazienti affetti da comorbilità sottoposti a terapie immunosoppressive multiple concomitanti.
I risultati sono nel complesso interessanti, anche alla luce del fatto che iscalimab è privo del rischio tromboembolico, caratteristico delle terapie anti-CD40L attive sul frammento Fc.
Razionale e obiettivi dello studio
Come è noto, la nefrite lupica (LN) rappresenta una complicanza frequente e grave del lupus eritematoso sistemico (LES), che colpisce circa il 60% degli adulti, soprattutto giovani. Nonostante i progressi terapeutici, una proporzione di pazienti lupici compresa tra il 5% e il 20% sviluppa insufficienza renale terminale entro 10 anni.
La terapia standard prevede l’impiego ciclofosfamide o mofetil micofenolato (MMF) associati a glucocorticoidi; tuttavia, meno della metà ottiene risposta adeguata e la tossicità è rilevante. Anche le terapie di mantenimento sono spesso inefficaci.
Recentemente, belimumab e voclosporin hanno migliorato gli outcome in questi pazienti; ciò nonostante, è costante la ricerca di alternative terapeutiche per il trattamento di questa importante complicanza lupica.
Un target centrale nella terapia della LN oggetto di studi è la via CD40–CD40L, fondamentale nella regolazione immunitaria: la sua attivazione stimola linfociti B e T, favorisce la produzione di citochine pro-infiammatorie e la formazione di complessi immuni renali. L’iperespressione di CD40 nelle forme proliferative di LN ne conferma il ruolo patogenetico.
Studi precedentemente condotti con anticorpi anti-CD40 o anti-CD40L hanno mostrato la loro potenziale efficacia nel trattamento della LN, accompagnata, tuttavia, da eventi tromboembolici seri, dovuti all’attivazione piastrinica mediata dalla regione Fc.
Di qui la ricerca e la messa a punto di nuove strategie di trattamento, come quella basata sull’impiego anticorpi Fc-modificati, che si propone di ridurre questo rischio.
Iscalimab (CFZ533), un farmaco sperimentale di Novartis, è un anticorpo monoclonale umano anti-CD40, non depletante e “Fc-silent”, che blocca il legame CD40–CD40L senza indurre tossicità mediata da Fc e senza rischio trombotico.
Lo studio di fase 2 recentemente pubblicato si è proposto di valutare l’efficacia, la sicurezza e la farmacocinetica di iscalimab come terapia add-on alla terapia standard in pazienti con LN proliferativa per 24 settimane.
Disegno dello studio e risultati principali
Sono stati arruolati 57 pazienti con nefrite lupica proliferativa di classe III o IV, tutti con almeno quattro criteri classificativi dell’American College of Rheumatology per lupus eritematoso sistemico, rapporto proteine/creatinina urinario ≥0,5 mg/mg e funzionalità renale conservata.
I partecipanti sono stati randomizzati a trattamento, per 24 settimane, con sette infusioni endovena di iscalimab alla dose di 10 mg/kg (39 pazienti, età mediana 33 anni, 76,9% donne) oppure di placebo (18 pazienti, età mediana 34,5 anni, 94,4% donne), sempre in aggiunta alla terapia standard. Quest’ultima prevedeva dosi stabili di corticosteroidi, micofenolato, azatioprina, metotrexato e antimalarici.
L’endpoint primario era rappresentato dalla variazione della proteinuria, valutata tramite rapporto proteine/creatinina urinario, dopo 24 settimane; la sicurezza è stata monitorata per eventi avversi durante il trattamento e per altre 24 settimane di follow-up.
Dopo 24 settimane, il trattamento con iscalimab ha determinato una riduzione significativa della proteinuria rispetto al placebo, pari al 42,1% (con una riduzione dal basale del 63,1% contro il 36,3% nel gruppo placebo), superando ampiamente il criterio predefinito di efficacia (>20%).
La remissione renale completa è stata raggiunta nell’8,1% dei pazienti trattati con iscalimab, mentre nessun paziente del gruppo placebo ha ottenuto tale risultato. Inoltre, i pazienti trattati con iscalimab hanno mostrato un miglioramento più marcato dell’attività di malattia sistemica, con una riduzione media di 2,8 punti nel punteggio SELENA-SLEDAI, rispetto a 1,1 punti nel gruppo placebo.
Farmacocinetica, farmacodinamica e immunogenicità
La concentrazione plasmatica media di iscalimab è aumentata rapidamente durante la fase di carico fino al giorno 29. Dopo un calo successivo, le concentrazioni plasmatiche misurate sia prima dell’infusione sia un’ora dopo il termine della stessa si sono mantenute stabili e comparabili dal giorno 57 al giorno 141. La Cmax media allo stato stazionario è risultata pari a 263 µg/mL. Nel periodo di follow-up, la concentrazione plasmatica media è diminuita fino a valori <1 µg/mL dodici settimane dopo l’ultima dose, per poi risultare non più rilevabile.
Le concentrazioni totali solubili di CD40 (sCD40) sono aumentate rapidamente con la somministrazione di iscalimab tra il giorno 1 e il 15, si sono mantenute elevate fino al termine del trattamento e sono successivamente diminuite. L’aumento dei livelli di sCD40 nel tempo rappresenta un indicatore dell’interazione di iscalimab con il suo bersaglio.
Anticorpi anti-farmaco sono stati rilevati in un solo paziente del gruppo iscalimab e in nessun paziente del gruppo placebo, suggerendo che durante lo studio non è emersa una immunogenicità clinicamente rilevante.
Safety
Gli eventi avversi sono stati frequenti in entrambi i gruppi, sebbene nella maggior parte dei casi di grado lieve o moderato. Complessivamente, sono stati segnalati sette eventi avversi gravi (SAE) in sei pazienti (15,4%) nel braccio trattato con iscalimab rispetto a quattro in tre pazienti (16,7%) nel braccio trattato con placebo.
Implicazioni cliniche dello studio
In questo primo studio di fase 2, iscalimab, anticorpo monoclonale anti-CD40, ha mostrato un miglioramento relativo significativo della proteinuria rispetto al basale alla settimana 24, se confrontato con il placebo, nei pazienti con LN attiva.
Il profilo di sicurezza di iscalimab è risultato in linea con gli studi precedenti: la maggior parte degli eventi avversi era lieve o moderata. Le infezioni, evento atteso anche nei gruppi placebo, sono risultate frequenti ma simili tra i due bracci (61,5% vs 61,1%), senza comparsa di eventi tromboembolici nei pazienti trattati.
L’endpoint primario scelto, il rapporto proteine/creatinina urinario (UPCR), è ampiamente usato nei trial clinici, in quanto la riduzione precoce della proteinuria predice migliori outcome renali e un minor rischio di insufficienza renale terminale. L’UPCR si conferma quindi un endpoint surrogato adeguato e sensibile per studi proof-of-concept.
Anche la remissione renale completa e le risposte renali parziali sono parametri consolidati nei trial registrativi.
Limiti dello studio
Nel commentare i risultati, i ricercatori hanno ammesso alcuni limiti metodologici dello studio, quali la ridotta numerosità del campione di pazienti, la breve durata del trial e il tasso elevato di interruzioni, simile tra i due gruppi (46,2% vs 44,4%).
L’inclusione di pazienti con biopsia renale fino a 5 anni prima potrebbe aver portato all’arruolamento di individui con danno cronico più che con LN attiva, rendendo più difficile evidenziare la presenza di differenze con il placebo.
La causa principale di interruzione è risultata legata alla decisione del medico sperimentatore (8 pazienti con iscalimab, 5 con placebo), probabilmente influenzata dalla pandemia e dalle restrizioni agli spostamenti.
Lo studio, infine, non era sufficientemente potente dal punto di vista statistico per rilevare la presenza di differenze significative negli endpoint secondari.
Bibliografia
Shen N et al. Efficacy, pharmacokinetics and safety of iscalimab (CFZ533) in patients with proliferative lupus nephritis: a randomised, double-blind, placebo-controlled, phase II study. RMD Open. 2025;11:e005557. https://doi.org/10.1136/rmdopen-2025-005557
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