Ipertensione difficile da controllare: baxdrostat riduce efficacemente la pressione


In pazienti con ipertensione difficile da controllare, baxdrostat riduce efficacemente la pressione arteriosa con un meccanismo first in class

ipertensione

Il baxdrostat ha ridotto la pressione arteriosa sistolica di 15,7 mmHg (9,8 mmHg aggiustato per placebo) dal basale, ed è stato generalmente ben tollerato senza evidenze di sicurezza non anticipate.

I risultati positivi completi dello studio BaxHTN di Fase III hanno mostrato che baxdrostat ha dimostrato una riduzione statisticamente significativa e clinicamente rilevante della pressione arteriosa sistolica media in posizione seduta (PAS) a due dosaggi (2mg e 1mg) rispetto al placebo a 12 settimane. I risultati sono stati osservati in pazienti con ipertensione difficile da controllare (non controllata e resistente) che hanno ricevuto baxdrostat o placebo in aggiunta alla terapia standard.

Questi dati sono stati presentati in una sessione Hot Line al Congresso della Società Europea di Cardiologia (ESC) 2025 e simultaneamente pubblicati nel New England Journal of Medicine.

Bryan Williams, Chair of Medicine presso l’University College London e ricercatore principale, ha dichiarato: “Ottenere una riduzione di quasi 10 mmHg aggiustata per placebo nella pressione arteriosa sistolica con baxdrostat nello studio BaxHTN di Fase III è entusiasmante, poiché questo livello di riduzione è collegato a un rischio sostanzialmente inferiore di infarto miocardico, ictus, scompenso cardiaco e malattia renale. Questi dati mostrano che l’aldosterone gioca un ruolo maggiore nell’ipertensione difficile da controllare di quanto precedentemente riconosciuto, sottolineando l’importanza del meccanismo d’azione innovativo del baxdrostat e il potenziale impatto per i milioni di persone che vivono con ipertensione difficile da controllare nonostante siano sotto trattamenti multipli.”

Ipertensione difficile da controllare
L’ipertensione è una condizione medica caratterizzata da livelli di pressione arteriosa costantemente elevati, che colpisce circa 1,3 miliardi di persone nel mondo. Nel tempo, può danneggiare i vasi sanguigni e gli organi vitali, aumentando il rischio di gravi problemi di salute come infarto miocardico, ictus, scompenso cardiaco e malattia renale.
L’ipertensione difficile da controllare (non controllata e resistente) rimane una sfida maggiore di salute pubblica. Nonostante i cambiamenti dello stile di vita e l’uso di farmaci multipli, circa il 50% dei pazienti negli Stati Uniti che sono trattati per ipertensione ancora non hanno la pressione arteriosa sotto controllo. L’ipertensione non controllata si riferisce a pressione arteriosa persistentemente elevata nonostante l’uso di due o più farmaci, mentre l’ipertensione resistente, una forma più grave, rimane elevata nonostante il trattamento con tre o più farmaci.

Un contributore chiave all’ipertensione difficile da controllare è l’aldosterone, un ormone che aumenta la pressione arteriosa promuovendo la ritenzione di sodio e acqua. I livelli elevati di aldosterone, insieme a fattori come obesità, elevato apporto di sale, e varie condizioni genetiche o secondarie, sono fortemente associati con scarso controllo della pressione arteriosa. Quando non trattata, l’ipertensione aumenta significativamente il rischio di complicazioni cardiovascolari e renali.
«Purtroppo ancora oggi anche nel nostro paese il controllo dell’ipertensione arteriosa non supera il 50% nel migliore dei casi. – conferma il professor Massimo Volpe, Professore Emerito Università La Sapienza, Roma
Presidente SIPREC – Ci sono molti pazienti resistenti alla terapia con tre farmaci che vengono appunto definiti resistenti oppure pazienti che non sono controllati con la terapia di combinazione e devono aggiungere altri farmaci. Qui. Quindi da questo punto di vista è molto importante avere eh tante opzioni terapeutiche.»

Abbiamo chiesto al professore cosa rischiano questi malati «Questi pazienti rischiano di avere dei danni dal mancato controllo a lungo termine dell’ipertensione che danneggia il cuore creando ipertrofia ventricolare sinistra e suscettibilità allo scompenso cardiaco; rischiano l’insufficienza renale e naturalmente il danno vascolare che può essere generalizzato.»

Caratteristiche farmacologiche del baxdrostat
Il baxdrostat è un potenziale first-in-class, inibitore dell’aldosterone sintasi (ASI) altamente selettivo che mira a uno degli ormoni che guidano l’elevata pressione arteriosa e l’aumentato rischio cardiovascolare e renale.
«Baxdrostat – ci ha chiarito il professor Volpe- è un farmaco che inibisce selettivamente di maniera potente la formazione dell’aldosterone all’interno delle ghiandole surrenali, quindi è una inibizione che avviene a monte della cascata e quindi blocca tutti gli effetti dell’aldosterone senza interferire con gli altri ormoni steroidei e quindi con tutto ciò che è importante dal punto di vista fisiologico. Questo crea una blocco degli effetti negativi dell’aldosterone nel mantenere la pressione elevata, cosa che è già nota da tempo e che è un meccanismo fra i tanti, estremamente importante nel determinare, appunto, l’ipertensione resistente o non controllata.»

Abbiamo chiesto al professore le differenze rispetto ai precedenti anti aldosteronici «Intanto perché i farmaci che bloccano a livello dei recettori non hanno non hanno la capacità di essere selettivi e quindi hanno un’interferenza su tutti gli ormoni steroidei in qualche maniera. Tipico dello spirolattone, per esempio, è la ginecomastia perché interferisce con gli ormoni femminili. La capacità di  interferire l’aldosterone sintetasi che si trova a monte del processo metabolico e quindi probabilmente di avere una capacità di interferire meno con il sistema della renina angiotensina.»

Il farmaco è attualmente oggetto di studio in trial clinici che arruolano più di 20mila pazienti globalmente, come monoterapia per l’ipertensione e l’aldosteronismo primario, e in combinazione con dapagliflozin per la malattia renale cronica e l’ipertensione, e la prevenzione dello scompenso cardiaco in pazienti con ipertensione.

Caratteristiche dello studio
«Questo è stato uno studio condotto in pazienti con ipertensione resistente o non controllata, in cui alla terapia standard, quindi una terapia che includeva i diuretici, in quasi tutti i pazienti, ACE inibitori ARB, nel 90% dei pazienti e altri farmaci antipertensivi veniva aggiunto il baxdrostat ( 1 o 2 mg) contro placebo. S tratta di uno studio randomizzato, controllato e quindi dà la possibilità di definire esattamente quanto la pressione viene ridotta.

Efficacia sui parametri primari e secondari
Il baxdrostat ha raggiunto l’endpoint primario e tutti gli endpoint secondari nello studio BaxHTN di Fase III, fornendo riduzioni significative e sostenute della pressione arteriosa in pazienti con ipertensione difficile da controllare.
Alla settimana 12, la riduzione assoluta dal basale della PAS media in posizione seduta è stata di 15,7 mmHg ( intervallo di confidenza al 95% [IC], -17,6 a -13,7) e la riduzione aggiustata per placebo è stata di 9,8 mmHg (IC 95%, -12,6 a -7,0; p<0,001) per il dosaggio di 2mg.

Per il dosaggio di 1mg, la riduzione assoluta dal basale è stata di 14,5 mmHg (IC 95%, -16,5 a -12,5) e la riduzione aggiustata per placebo è stata di 8,7 mmHg (IC 95%, -11,5 a -5,8; p<0,001). La riduzione della PAS media in posizione seduta con placebo è stata di 5,8 mmHg (IC 95%, -7,9 a -3,8). I risultati sono stati coerenti sia nel sottogruppo non controllato che in quello resistente al trattamento.
Il professor Volpe commenta questi dati nel seguente modo «Il risultato principale è che c’è una riduzione in termini assoluti di circa 15 mm di mercurio e in confronto al placebo c’è una riduzione e di circa 9 mm di Hg con 1 mg di circa 10 mm Hg con 2 mg».

«E’ anche interessante che quando si è sospesa la terapia e si è osservato per alcune altre settimane l’andamento pressorio, la pressione non è ritornata ai livelli iniziali, il che lascia immaginare che questo meccanismo abbia un’importanza anche su altri aspetti, come per esempio la risposta vascolare, l’adattamento dei vasi all’aumento della pressione.»

Profilo di sicurezza
Il baxdrostat è stato generalmente ben tollerato senza evidenze di sicurezza non anticipate, e con bassi tassi di iperkaliemia confermata (>6 mmol/L in entrambi i gruppi di dosaggio [1,1% ciascuno]) rispetto al placebo (0,0%). Il profilo di sicurezza del baxdrostat è stato coerente con il suo meccanismo d’azione, e la maggior parte degli eventi avversi è stata di grado lieve.

Endpoint secondari confermatori
Lo studio ha raggiunto anche tutti gli endpoint secondari confermatori con baxdrostat. Ciò ha incluso la dimostrazione di una riduzione duratura a lungo termine della pressione arteriosa con baxdrostat 2mg. Entrambi i dosaggi di 2mg e 1mg hanno anche portato a riduzioni maggiori della pressione arteriosa diastolica e hanno quasi triplicato le probabilità per i pazienti di raggiungere la PAS target <130 mmHg rispetto al placebo.

Commento del Prof. Massimo Volpe ai risultati 
La riduzione assoluta di 15 mm di Hg  è stata così commentata dal clinico “Sono tanti, sono più o meno quelli che ci si aspetta da una intervento efficace, perché è chiaro che la pressione, anche se si riduce di 1-2 mm, è comunque un risultato utile. Avere questo tipo di risposta è molto importante ed è quello che per esempio si è visto con altri interventi anche non farmacologici come la denervazione renale. Siamo sui livelli di un’efficacia, ben documentata nell’ipertensione resistente e anche, appunto, nei pazienti non controllati, quindi paragonabile a un intervento invasivo come quello della denervazione. Questo è un risultato secondo me, molto significativo e che genera grandi aspettative in noi che ci occupiamo di ipertensione arteriosa da tanto tempo.»

Analisi esplorativa ambulatoriale
In un’analisi esplorativa prespecificata di un sottogruppo di pazienti, il baxdrostat ha ridotto significativamente la PAS nelle 24 ore e quella notturna ambulatoriale rispetto al placebo, indicatori chiave di controllo sostenuto della pressione arteriosa e riduzione del rischio cardiovascolare. Il dosaggio di 2mg ha ridotto la PAS nelle 24 ore di 16,9 mmHg (IC 95%, -25,6 a -8,3), e i dosaggi combinati di 2mg e 1mg hanno ridotto la PAS notturna di 11,7 mmHg (IC 95%, -19,5 a -3,8). Lo studio Bax24 di Fase III, che valuta gli effetti ambulatoriali nelle 24 ore, dovrebbe fornire i risultati entro la fine di quest’anno.

Disegno dello studio BaxHTN
Lo studio BaxHTN di Fase III aveva tre componenti che supportano i seguenti endpoint: L’endpoint primario è stato valutato durante un periodo di 12 settimane in doppio cieco, controllato con placebo. Un totale di 796 pazienti sono stati caratterizzati in rapporto 1:1:1 per ricevere baxdrostat 2mg, 1mg o placebo una volta al giorno. L’endpoint di efficacia primario era la differenza nel cambiamento medio dal basale nella PAS in posizione seduta alla settimana 12 tra partecipanti trattati con baxdrostat (2mg o 1mg separatamente) e partecipanti trattati con placebo.

La persistenza dell’efficacia è stata valutata durante un periodo di sospensione randomizzata dalla settimana 24 alla settimana 32. Circa 300 pazienti trattati con baxdrostat 2mg sono stati re-randomizzati in rapporto 2:1 per continuare a ricevere baxdrostat 2mg o placebo per le 8 settimane. La PAS alla fine delle 8 settimane è stata confrontata con placebo e il dosaggio di baxdrostat 2mg. La sicurezza a lungo termine è valutata alla fine delle 52 settimane confrontata con un braccio di cura standard.
Gli endpoint secondari confermatori aggiuntivi includono l’effetto del baxdrostat versus placebo sulla PAS in posizione seduta alla settimana 12 nella sottopopolazione di ipertensione resistente, l’effetto del baxdrostat versus placebo sulla pressione arteriosa diastolica in posizione seduta alla settimana 12, e la proporzione di partecipanti che raggiungono PAS in posizione seduta inferiore a 130 mmHg alla settimana 12. È stata anche valutata l’occorrenza di eventi avversi.