Bronchiectasie, sintomatologia fattore di rischio indipendente di riacutizzazioni


I pazienti con sintomatologia severa associata a bronchiectasie sono a maggior rischio di riacutizzazioni indipendentemente dalle precedenti esacerbazioni e dalla gravità della malattia

atlante cellulare del polmone nichel polmoni mepolizumab

I pazienti con sintomatologia severa associata a bronchiectasie sono a maggior rischio di riacutizzazioni indipendentemente dalle precedenti esacerbazioni e dalla gravità della malattia e possono trarre beneficio da un trattamento a lungo termine con macrolidi. Questi i messaggi principali provenienti da uno studio che ha attinto ai dati del registro EMBARC, recentemente pubblicato sulla rivista The Lancet Respiratory Medicine, che sottolinea l’importanza delle terapie incentrate sui pazienti con un elevato carico di attività della malattia, che si riflette in sintomi quotidiani intensi, attualmente non riconosciuti nelle linee guida internazionali.

Razionale e obiettivi dello studio
Fino ad ora, una storia pregressa di riacutizzazioni è stata considerata il principale predittore di nuovi episodi, ricordano i ricercatori nell’introduzione allo studio. Ciò ha portato a definire come appartenenti al fenotipo dei “frequenti riacutizzatori” tutti quei pazienti bronchiectasici con un numero pari o superiore a 3 eventi di riacutizzazione nel corso di un anno.

Per ridurne l’incidenza, le linee guida vigenti raccomandano il ricorso agli antibiotici inalatori o ai macrolidi orali a lungo termine nei riacutizzatori frequenti, bilanciando il beneficio con il rischio di insorgenza di resistenze antimicrobiche.

Gli studi clinici recenti hanno incluso i pazienti candidati all’antibioticoterapia sulla base delle riacutizzazioni precedenti. Tuttavia, un numero crescente di evidenze suggerisce che anche i pazienti molto sintomatici presentano un aumento del rischio di nuove riacutizzazioni. Eppure, i sintomi non sono attualmente considerati un fattore di rischio né un criterio per trattamenti preventivi nelle linee guida. In altre patologie respiratorie croniche, come asma e BPCO, i pazienti sintomatici sono sottoposti a trattamenti anti-infiammatori precoci per prevenire le riacutizzazioni, con risultati migliori rispetto a un intervento tardivo.

Alla luce di queste considerazioni, è stato implementato questo nuovo studio, nel corso del quale i ricercatori si sono proposti di valutare l’ipotesi secondo la quale i sintomi possano modificare l’impatto delle riacutizzazioni pregresse sul rischio futuro e debbano quindi essere presi in considerazione per decidere chi trarrà maggiore beneficio dalle terapie a lungo termine.

Per verificarlo, gli autori dello studio hanno analizzato i dati del registro europeo EMBARC e condotto un’analisi post hoc di tre trial randomizzati sull’impiego a lungo termine di macrolidi, valutando se il numero di pazienti da trattare per prevenire una riacutizzazione dipenda sia dalla storia di riacutizzazioni sia dal livello di sintomi.

Disegno dello studio
Sono stati utilizzati i dati del registro EMBARC, un database multicentrico internazionale sulla bronchiectasia. I sintomi al basale sono stati valutati con il punteggio dei sintomi respiratori del questionario sulla qualità della vita nella bronchiectasia (QoL-B-RSS), con un follow-up di almeno 1 anno, e sono stati messi in relazione con il rischio futuro di riacutizzazioni.

Successivamente, i ricercatori hanno condotto un’analisi post-hoc combinata di tre trial clinici randomizzati sui macrolidi (cioè BLESS, BAT ed EMBRACE) in 341 partecipanti con bronchiectasia, per determinare se i sintomi al basale fossero associati alla risposta al trattamento a lungo termine con macrolidi, utilizzando un modello di regressione logistica ad hoc.

Risultati principali
Su 19.324 pazienti inclusi nel registro, erano disponibili i dati relativi alla valutazione QoL-B-RSS al basale e ad un anno di follow-up per 9.466 pazienti.

L’età mediana era pari a 68 anni (IQR: 58–74), con una prevalenza di pazienti di sesso femminile (5.763, 60,9%) rispetto a quelli di sesso maschile (3.703, 39,1%).

L’indice mediano di gravità della bronchiectasia era pari a 7 (4–10) e Pseudomonas aeruginosa era presente nell’espettorato di 2.041 (21,6%) pazienti entro 12 mesi dal basale.

Le riacutizzazioni pregresse (rate ratio [RR] per ogni riacutizzazione aggiuntiva: 1,11; IC 95%: 1,10–1,12; p<0,0001) e i sintomi (RR per ogni 10 punti in meno di QoL-B-RSS: 1,10; IC 95%: 1,09–1,11; p<0,0001) sono stati identificati come fattori di rischio indipendenti per future riacutizzazioni.

Il numero di riacutizzazioni durante 1 anno di follow-up è risultato simile tra i pazienti con tre o più riacutizzazioni al basale e punteggi medi dei sintomi (QoL-B-RSS: 60–70; RR: 1,58; IC 95%: 1,48–1,69) e il gruppo senza riacutizzazioni pregresse ma con punteggi elevati dei sintomi (RR: 1,55; IC 95%: 1,41–1,70).

Lo stesso andamento è stato osservato nell’analisi post-hoc dei trial randomizzati, sia nei gruppi trattati con macrolidi che in quelli placebo.

Il numero necessario da trattare (NNT) per prevenire le riacutizzazioni con terapia a lungo termine con macrolidi è risultato simile nei pazienti selezionati sulla base delle frequenti riacutizzazioni (1,45; IC 95% 1,08–2,24) e in quelli con poche riacutizzazioni pregresse ma con punteggi elevati dei sintomi (1,43; IC 95% 1,06–2,18).

Limiti e implicazioni cliniche dello studio
Nel commentare i risultati, i ricercatori hanno ammesso alcuni limiti metodologici dello studio. Tra questi segnaliamo, in primis, il disegno osservazionale, per cui non è possibile stabilire relazioni di causalità definitive tra sintomi e rischio di riacutizzazioni.
Inoltre, la valutazione della sintomatologia si è basata su questionari auto-riferiti, soggetti quindi a possibili bias.

Considerando l’analisi post-hoc dei trial sui macrolidi, i ricercatori hanno ammesso che il numero di pazienti inclusi in questi studi era relativamente limitato, e che gli studi non erano originariamente progettati per testare l’impatto dei sintomi come predittori di risposta terapeutica.

Infine, fattori confondenti non misurati, come comorbidità respiratorie o variabilità nell’aderenza al trattamento, potrebbero aver influenzato i risultati, riducendo la generalizzabilità delle conclusioni a tutti i pazienti con bronchiectasia.
Ciò premesso, nel complesso i risultati dello studio suggeriscono che i sintomi rappresentano un fattore di rischio indipendente per future riacutizzazioni nella bronchiectasia e che i pazienti altamente sintomatici traggono un beneficio dal trattamento a lungo termine con macrolidi simile rispetto a quelli con riacutizzazioni frequenti, il che mette in discussione le linee guida internazionali e gli approcci terapeutici.

In altre malattie infiammatorie delle vie aeree, come l’asma, l’obiettivo del trattamento è prevenire eventi dannosi, e gli interventi antinfiammatori precoci si sono dimostrati migliori rispetto all’attesa fino a quando i pazienti non sperimentano una frequenza crescente di riacutizzazioni.

Il trattamento dei pazienti con un elevato carico sintomatico può ridurre l’attività della malattia e prevenire la progressione verso lo stadio di esacerbazioni frequenti.
Questi risultati, pertanto, suggeriscono la possibilità che i sintomi debbano essere inclusi nei futuri algoritmi di trattamento della bronchiectasia, come avviene per altre malattie delle vie aeree quali l’asma e la BPCO.

Bibliografia
Sibila O et al. Symptoms, risk of future exacerbations, and response to long-term macrolide treatment in bronchiectasis: an observational study. The Lancet Respiratory Medicine, 2025.
Leggi