BPCO con infiammazione di tipo 2, la risposta a dupilumab è predetta dalla conta degli eosinofili e dai livelli di FeNO
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L’impiego di dupilumab nella BPCO con infiammazione di tipo 2 (T2) è risultato collegato a livelli ridotti di biomarcatori infiammatori T2. Lo dimostrano i risultati di un’analisi post-hoc dello studio BOREAS, pubblicata su The Lancet Respiratory Medicine, che suffraga l’utilità di strategie terapeutiche guidate dai biomarcatori per ottimizzare la terapia.
Razionale e obiettivi dello studio
I meccanismi patologici alla base della BPCO derivano da mediatori infiammatori che causano limitazione al flusso, intrappolamento d’aria e sintomi cronici, ricordano i ricercatori nell’introduzione allo studio. Evidenze precedenti mostrano che il 20–40% dei pazienti con BPCO presenta infiammazione di tipo 2, caratterizzata da eosinofili, mastociti, linfociti T helper 2, cellule linfoidi innate di tipo 2 e produzione di IgE.
La conta degli eosinofili periferici rappresenta il marker più usato per identificare questa popolazione, ma costituisce solo una parte del pathway T2, legato all’attivazione di IL-4, IL-5 e IL-13. Altri biomarcatori, come FeNO, eotassina-3 e PARC, riflettono più direttamente il segnale di IL-4/IL-13.
La fisiopatologia della BPCO resta complessa: una migliore comprensione dei biomarcatori infiammatori T2 e del loro valore predittivo potrebbe consentire l’adozione di terapie più mirate.
Dupilumab, anticorpo monoclonale che blocca il recettore comune di IL-4 e IL-13, inibisce i principali driver dell’infiammazione T2 ed è già approvato in diverse patologie correlate. Nello studio BOREAS, un trial randomizzato, in doppio cieco e controllato con placebo di 52 settimane, dupilumab, utilizzato come terapia aggiuntiva rispetto a placebo, ha ridotto del 30% le riacutizzazioni di BPCO (p=0,0005) e migliorato la funzione polmonare e la qualità di vita in pazienti con infiammazione T2 (definita da conta eosinofila ≥300 cellule/µL). I benefici sono risultati sovrapponibili nei vari sottogruppi, con un profilo di sicurezza in linea con quello già noto.
Questa analisi post-hoc si è proposta l’obiettivo di valutare il valore predittivo e l’andamento nel tempo dei biomarcatori T2 nei pazienti con BPCO arruolati in BOREAS.
Disegno dello studio e risultati principali
Nello studio BOREAS, un trial di fase 3, in doppio cieco, condotto nel corso del quinquennio 2029-2023 in più centri di 24 paesi in Europa, Asia, America Latina e Nord America, pazienti di età compresa tra 40 e 80 anni con BPCO e infiammazione T2 (N=939; 34% donne; 70% ex fumatori, 30% fumatori attuali; 84% di etnia Caucasica) erano stati randomizzati, secondo un rapporto 1:1, a trattamento con 300 mg di dupilumab ogni 2 settimane per 1 anno (n=468) o conplacebo (n=471).
Tutti i partecipanti avevano una storia di fumo di almeno 10 pacchetti/anno, un rapporto FEV1/FVC post-broncodilatatore inferiore a 0,7, una percentuale predetta di FEV1 post-broncodilatatore compresa tra il 30% e il 70%, e sintomi di bronchite cronica o tosse cronica negli ultimi 12 mesi.
Nel complesso, il trattamento con dupilumab ha portato a riduzioni dei biomarcatori infiammatori di tipo 2, tra cui IgE sierica, FeNO, eotassina-3 plasmatica e PARC sierico.
Dopo un anno di trattamento, il trattamento con dupilumab, rispetto a placebo, è risultato associato a maggiori riduzioni mediane percentuali (IQR) relative alla maggior parte dei biomarcatori analizzati.
Nello specifico, i risultati sono stati i seguenti:
– immunoglobulina E (IgE) totale plasmatica: -22,5% (-30,4 a -16,5) vs -0,9% (-6,5 a 4,8);
– FeNO: -28,6% (-57,1 a 0,0) vs -6,9% (-35,7 a 25,0);
– eotassina-3: -8,8% (-15,6 a -2,9) vs -0,4% (-5,6 a 5,0);
– chemiochina polmonare attivata e regolata (PARC) sierica: -14,4% (-29,2 a 2,1) vs -0,8% (-13,9 a 17,2)
Le conte degli eosinofili nel sangue tra i gruppi di trattamento hanno mostrato riduzioni simili.
Da ultimo, il rischio complessivo di esacerbazioni è risultato ridotto, con una riduzione di maggiore entità di questi episodi negli individui con un valore più elevato, al basale, della conta degli eosinofili nel sangue (p=0,0056) e dei livelli di FeNO (p=0,043).
Limiti e implicazioni dello studio
Nonostante alcuni limiti metodologici intrinseci dell’analisi (prevalenza di individui di etnia Caucasica, soglia di eosinofili pari almeno a 300 cellule/µL) che hanno ridotto la generalizzabilità dei risultati, dupilumab, nel complesso, ha ridotto il rischio di riacutizzazioni, e i pazienti con valori più elevati, al basale, della conta di eosinofili nel sangue e dei livelli di FeNO hanno sperimentato le riduzioni maggiori di questi episodi (P = 0,0056 per BEC e P = 0,043 per FeNO).
“I valori della conta di eosinofili nel sangue e delle concentrazioni di FeNO, al basale, sono risultati i più predittivi della risposta al trattamento con dupilumab. Presi insieme, questi due biomarcatori potrebbero aiutare a identificare i pazienti con BPCO che hanno la maggiore probabilità di trarre il massimo beneficio dal trattamento con dupilumab – hanno concluso i ricercatori”.
Bibliografia
Christenson SA et al. Type 2 inflammation biomarkers and their association with response to dupilumab in COPD (BOREAS): an analysis of a randomized, placebo-controlled, phase 3 trial. Lancet Respir Med. Published online July 9, 2025. doi:10.1016/S2213-2600(25)00044-X
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