Hamas respinge il piano di Trump: “Gaza non è in vendita”. Il tema è la trasformazione della Striscia in un polo turistico e tecnologico gestito dagli Stati Uniti per almeno dieci anni
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“Gaza non è in vendita”. Hamas – attraverso Bassem Naim, membro del suo ufficio politico – respinge con forza il presunto piano dell’amministrazione Trump per la trasformazione della Striscia in un polo turistico e tecnologico gestito dagli Stati Uniti per almeno dieci anni. Da tempo il presidente riflette sulla possibilità di una Riviera del Medio Oriente, ora è il Washington Post a rendere noti dettagli di un progetto messo nero su bianco dalla Casa Bianca in un piano di 38 pagine. “Gaza è parte della più ampia patria palestinese”, ha sottolineato Naim. Un altro funzionario di Hamas, parlando in forma anonima con AFP, ha dichiarato che il gruppo “respinge tutti questi piani che abbandonano il nostro popolo e mantengono l’occupante sulla nostra terra”.
COSA PREVEDEREBBE IL PIANO
Secondo il quotidiano statunitense, il piano prevederebbe anche il trasferimento, almeno temporaneo, di tutta la popolazione di Gaza. Questo includerebbe partenze “volontarie” verso altri Paesi o in zone riservate e protette all’interno del territorio. Chiunque fosse disponibile a partire riceverebbe 5mila dollari in contanti e un supporto in grado di coprire quattro anni di affitto e un anno di cibo.
INTERVIENE TAJANI
I palestinesi “chiedono aiuto per la popolazione civile, chiedono la fine della guerra. E chiedono che si lavori per la soluzione due popoli due stati che è la soluzione per la quale sta lavorando l’Italia“. Lo dice il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani nel punto stampa congiunto con l’omologa dell’Anp Aghabekian, al Policlinico universitario Agostino Gemelli, rispondendo a una domanda sul piano sul futuro di Gaza discusso alla Casa Bianca e rivelato dalla stampa americana.
Credo che noi, aggiunge, “dobbiamo, prima di fare piani, ascoltare quello che vogliono i palestinesi. C’è un piano per la ricostruzione presentato dall’Egitto e sostenuto dai paesi arabi e in quello ci riconosciamo. Poi tutto ciò che si può fare per aiutare, dopo la fine della guerra, questo popolo martoriato va bene, ma non credo che di debba agevolare la fuga dei palestinesi da Gaza e dalla Cisgiordania. Perché ci sia uno stato deve esserci anche un popolo e noi dobbiamo lavorare per la riunificazione di Cisgiordania e Gaza con un popolo palestinese che ha diritto ad avere uno stato che riconosca Israele, che non sia una minaccia per Israele e Israele deve riconoscere questo Stato. È difficile, però non bisogna mai arrendersi quando ci sono delle buone idee e soprattutto si combatte per giuste cause. E la pace è la causa più giusta che noi possiamo combattere come uomini”.
“MOLTI BAMBINI PALESTINESI VOGLIONO RESTARE IN ITALIA”
“Ricordo che assieme con il Qatar, agli Emirati, all’Egitto e alla Turchia siamo il Paese al mondo che ha accolto il maggior numero di palestinesi usciti da Gaza e continueremo a lavorare in questa direzione perché possano essere curati il maggior numero di bambini e possano essere anche loro essere accompagnati dalle loro famiglie”, dice il ministro.
Naturalmente, prosegue, “il nostro impegno è poi quello di integrarli anche nel nostro paese per coloro che vogliono restare, ma molti ci hanno detto che vogliono restare in Italia. Come ministero degli Esteri abbiamo regalato ad ognuno di questi bambini una sorta guida all’Italia. E la guida è la Pimpa, però il testo è scritto in arabo per far conoscere meglio il nostro paese. Ma molti sono veramente orientati a rimanere qui a studiare e a chiedere lo status di rifugiato. Qualcuno chiede di poter avere i propri familiari ma non sarà facile”.
FONTE: AGENZIA DI STAMPA DIRE (WWW.DIRE.IT)