Leucemia mieloide acuta IDH1-mutata, benefici da mantenimento con olutasidenib


Leucemia mieloide acuta IDH1-mutata, mantenimento con olutasidenib induce sopravvivenza libera da recidive duratura

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L’impiego di olutasidenib in terapia di mantenimento ha indotto una sopravvivenza libera da recidiva (RFS) sostenuta in pazienti con leucemia mieloide acuta con mutazioni a carico del gene della isocitrato deidrogenasi 1 (IDH1) che hanno raggiunto la remissione completa (CR) o la CR con recupero ematologico incompleto (CRi) dopo la terapia di induzione. Lo dimostrano i risultati ottenuti in una coorte di pazienti reclutati in uno studio di fase 2 (NCT02719574), presentati al congresso dell’Associazione Europea di Ematologia (EHA), che si è tenuto quest’anno a Milano.

Su un totale di 18 pazienti arruolati, la durata mediana del trattamento con olutasidenib è risultata pari a 19,6 mesi (range: 9,5-42,3), mentre il follow-up mediano è stato di 36,3 mesi (range: 27,3-41,7).

Due pazienti esposti in precedenza a venetoclax che erano entrati nello studio in una condizione di CRi sono passati a CR o a CR con recupero ematologico parziale (CRh) durante il trattamento.

Il tasso di RFS a 4 mesi è risultato dell’83%, mentre i tassi di RFS a 12 e 24 mesi sono risultati pari, rispettivamente, al 71% (IC al 95% 44%-87%) e al 48% (IC al 95% 23%-68%). Inoltre, i tassi di sopravvivenza globale (OS) a 12 e 24 mesi sono risiltati entrambi dell’89% (IC al 95% 62%-97%).

«Olutasidenib come agente singolo ha dimostrato un’attività clinicamente significativa come strategia di mantenimento alternativa in un sottogruppo di pazienti con leucemia mieloide acuta in CR/CRi e malattia minima residua persistente non superiore allo 0,01% dopo la terapia precedente», ha affermato Andrew Wei, del Peter MacCallum Cancer Centrer, del Royal Melbourne Hospital, ricercatore principale dello studio, presentato sotto forma di poster al congresso.

«Questa analisi suffraga il potenziale beneficio derivante dal passaggio a olutasidenib una volta ottenuta la risposta alla terapia, con l’obiettivo di prolungare la remissione», ha aggiunto il ricercatore.

Olutasidenib approvato dall’Fda
Nel mese di dicembre del 2022, la Food and drug administration (Fda) ha approvato olutasidenib per i pazienti adulti con leucemia mieloide acuta recidivante o refrattaria con una mutazione di IDH1 suscettibile, rilevato da un test approvato dalla Fda. Questa decisione si è basata sui dati di un’altra coorte dello studio di fase 2.

Una quota di pazienti con leucemia mieloide acuta compresa tra il 7% e il 14% è portatrice di mutazioni di IDH1, si legge nell’abstract del poster presentato al congresso.

Olutasidenib è un inibitore orale potente e selettivo della proteina IDH1 mutata approvato dall’Fda per il trattamento della leucemia mieloide acuta recidivante/refrattaria (R/R) sulla base dei risultati della coorte principale di questo studio, in cui il farmaco ha indotto una CR o una CRh nel 35% dei pazienti per una durata mediana di 25,3 mesi.

L’obiettivo dell’analisi presentata a Milano è stato valutare l’efficacia e la tollerabilità di olutasidenib come terapia di mantenimento in una coorte separata di pazienti con leucemia mieloide acuta con IDH1 mutato che avevano raggiunto la CR.

Il disegno dello studio
I pazienti idonei per la coorte di mantenimento dovevano presentare una CR/CRi morfologica documentata e con malattia minima residua (MRD) misurabile, definita da livelli di mutazioni di IDH1 nel midollo osseo non superiori allo 0,01%.

I pazienti erano stati sottoposti a trattamento con olutasidenib alla dose di 150 mg per os due volte al giorno in cicli continui di 28 giorni. Il trattamento veniva proseguito fino alla manifestazione di un episodio di recidiva della malattia o di una tossicità inaccettabile, all’inizio di una terapia alternativa o al ritiro del consenso a partecipare allo studio.

L’endpoint primario era rappresentato dal tasso di RFS a 4 mesi.

Gli endpoint secondari includevano l’OS e la sopravvivenza libera da eventi (EFS), definita come il tempo dalla prima dose di farmaco prevista dallo studio alla recidiva documentata, al decesso, al fallimento del trattamento o all’inizio di una nuova terapia.

Per supportare le analisi esplorative dei biomarcatori, sono state condotte valutazioni di MRD utilizzando la frequenza allelica della variante IDH1 nel midollo osseo. Gli endpoint basati sul tempo sono stati stimati utilizzando il metodo di Kaplan-Meier.

Le caratteristiche dei pazienti
Al basale, l’età mediana dei 18 pazienti arruolati era di 68,5 anni (range: 38-77); inoltre, un terzo dei partecipanti allo studio era di sesso femminile. La maggior parte dei partecipanti aveva uno performance status (PS) ECOG pari a 1 (56%), mentre per il restante 44% il PS ECOG era classificato come pari a 0.

La maggioranza dei pazienti (94%) era affetta da leucemia mieloide acuta de novo primaria; un paziente (6%) era affetto da leucemia mieloide acuta secondaria. Per quanto riguarda lo stato mutazionale di IDH1, la variante più comune era R132C (56%), seguita da R132H (33%) e R132G/S (11%).

La percentuale mediana di blasti nel midollo osseo al basale era pari al 2% (range: 1%-5%). Il carico di mutazioni concomitanti era generalmente basso, il 50% dei pazienti che presentava da una a tre mutazioni concomitanti, e un ulteriore 11% da quattro a sette mutazioni concomitanti. I dati mutazionali non erano disponibili per il 39% dei pazienti.

Il 39% dei pazienti dello studio era stato sottoposto a due precedenti regimi terapeutici, mentre il 50% ad almeno tre precedenti linee di terapia. Le terapie precedenti comuni includevano citarabina (94%), daunorubicina/idarubicina (78%), agenti ipometilanti (28%) e venetoclax (11%). In particolare, l’11% dei pazienti era stato sottoposto al trapianto di cellule staminali ematopoietiche, mentre l’11% era stato trattato in precedenza con olutasidenib.

Eventi avversi attesi e gestibili 
Il profilo di sicurezza nella coorte di mantenimento è risultato in linea con le altre coorti dello studio, e gli eventi avversi erano attesi e gestibili, hanno scritto i ricercatori.

Tutti i partecipanti hanno manifestato almeno un evento avverso emergente durante il trattamento (TEAE). TEAE seri sono stati riportati nel 33% dei pazienti, con tossicità di grado 3 o 4 tra cui neutropenia febbrile, diarrea, epatite acuta, infezione correlata al device, caduta, aumento degli enzimi epatici, aumento della lipasi e pioderma gangrenoso, ciascuno verificatosi in un paziente.

TEAE di grado 3 o 4 complessivamente sono stati osservati nel 61% dei pazienti (11 su 18).

Da sottolineare che nessun TEAE ha portato all’interruzione del trattamento con olutasidenib.

I TEAE di qualsiasi grado riportati più comunemente sono stati la fatigue (33%), la cefalea (33%), la nausea (28%), la stitichezza (22%), la riduzione del numero di neutrofili (22%) e la lombalgia (22%).

Bibliografia
A.H., Wei, et al. Olutasidenib as maintenance therapy after treatment response in mutated IDH1 acute myeloid leukemia. EHA 2025; abstract PF530. leggi