Due studi italiani condotti nella real life e presentati al congresso EULAR rafforzano il profilo clinico di anifrolumab, come opzione terapeutica efficace e sicura nel trattamento del lupus eritematoso sistemico (LES)
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Due studi italiani condotti nella real life e presentati al congresso EULAR rafforzano il profilo clinico di anifrolumab, anticorpo monoclonale diretto contro il recettore dell’interferone di tipo I, come opzione terapeutica efficace e sicura nel trattamento del lupus eritematoso sistemico (LES).
I dati emersi evidenziano da un lato una riduzione significativa dell’attività di malattia e del ricorso ai corticosteroidi già entro i primi mesi di terapia (1), e dall’altro un potenziale beneficio aggiuntivo sulla sintomatologia depressiva, comorbilità frequente e spesso sottovalutata nei pazienti affetti da LES (2).
Ecco di seguito, una breve disamina dei due studi presentati al congresso.
Primo studio: dati preliminari di efficacia e sicurezza di anifrolumab provenienti da coorte italiana
Obiettivo dello studio
Il LES è una malattia autoimmune complessa caratterizzata da un coinvolgimento multisistemico. Anifrolumab, un anticorpo monoclonale che agisce contro il recettore dell’interferone di tipo I, rappresenta una nuova terapia target per il LES.
In Italia, il farmaco è stato approvato alla fine di marzo 2023 ed è indicato per pazienti con LES refrattario o di moderata gravità, nonostante la terapia in corso, con un punteggio SLEDAI-2K superiore a 6.
La limitata disponibilità di dati real-world ha sollecitato la messa a punto di questo studio, che ha valutato l’efficacia e la sicurezza del farmaco in una coorte italiana di pazienti con LES.
Disegno dello studio
I ricercatori hanno selezionato, da una coorte di 446 pazienti con LES attivo, quelli che avevano iniziato la terapia con anifrolumab entro il 31 dicembre 2024. Sono stati raccolti dati demografici, clinici, terapeutici e relativi all’attività di malattia (SLEDAI-2K e SLE-DAS).
Inoltre, sono stati monitorati gli eventi avversi (AE), incluse le infezioni e le sospensioni della terapia.
Nei pazienti con un follow-up di almeno 6 mesi, sono stati valutati longitudinalmente:
• l’attività di malattia (SLEDAI-2K e SLE-DAS)
• la sierologia (livelli di C3 e C4, e positività anti-dsDNA)
• la dose giornaliera di glucocorticoidi
• i livelli di emoglobina e la conta piastrinica.
A tal fine, i dati sono stati raccolti tre mesi prima dell’inizio del farmaco (T-3), al momento dell’inizio (T0), dopo un mese (T1), dopo tre mesi (T2) e sei mesi dopo l’inizio del farmaco (T3).
Risultati principali
Caratteristiche della coorte e criteri di inclusione
Su un totale di 446 pazienti della coorte con LES attivo, 22 pazienti (4,93%) soddisfacevano i criteri di inclusione. Di questi 22 pazienti in trattamento con anifrolumab, la maggior parte erano donne (19; rapporto F:M di 6,3:1) e di etnia caucasica (17; 77,27%).
L’età media all’inizio del trattamento era di 39,14±14,64 anni, con una durata media della malattia di 13,45±12,24 anni.
Le manifestazioni cumulative della malattia erano principalmente mucocutanee (21; 95,45%) e articolari (19; 86,36%), con un coinvolgimento renale (3; 13,64%) ed ematologico (12; 54,55%) meno frequente.
Manifestazioni cliniche e motivazioni per l’avvio della terapia
Il trattamento con anifrolumab è stato avviato principalmente per il coinvolgimento mucocutaneo (20; 90,91%) e articolare (13; 59,09%). Per 4 pazienti (18,18%) si trattava della prima terapia biologica, mentre i restanti 18 pazienti (81,82%) erano già stati trattati in maniera non soddisfacente con altri farmaci biologici, con una media di 2,55±1,44 DMARDs utilizzati prima dell’inizio del trattamento con anifrolumab.
Attività di malattia e trattamento al basale
Al basale, la dose media di corticosteroidi era di 8,56±7,73 mg/die, con un’attività di malattia moderata indicata dai punteggi medi di SLEDAI-2K (6,22±2,25) e SLE-DAS (6,86±2,35).
Durata della terapia e vaccinazione anti herpes zoster
La durata media della terapia è stata di 6,77±5,00 mesi.
Dieci (45,45%) pazienti erano vaccinati contro l’herpes zoster (HZ) prima dell’inizio dell’anifrolumab.
Passando alla safety, sono stati riportati dieci eventi infettivi, tra cui 6 infezioni respiratorie (in particolare 4 polmoniti), che hanno colpito 9 pazienti (40,91%). Tre casi hanno richiesto ospedalizzazione (13,64%): due polmoniti con insufficienza respiratoria e una pielonefrite.
Nessun paziente ha sviluppato HZ.
Safety
Ci sono state cinque sospensioni temporanee del trattamento con anifrolumab (22,73%), mentre tre sono state interrotte definitivamente (13,64%): due per inefficacia e una per gravidanza non pianificata.
Nei pazienti con follow-up di almeno sei mesi (12; 54,55%), è stata valutata l’attività di malattia e i livelli di C3 e C4 nei tre mesi precedenti l’inizio del farmaco, ed è stato riscontrato che l’attività di malattia stimata tramite SLEDAI-2K e SLE-DAS era significativamente più elevata all’inizio del trattamento (T0, P=0,006 e P=0,003); non sono emerse differenze, invece, per quanto riguarda i livelli di complemento e la positività anti-dsDNA.
Riduzione dell’attività di malattia
È stata osservata una riduzione significativa dell’attività di malattia, valutata mediante i punteggi SLEDAI-2K e SLE-DAS (P=0,000 e P=0,001), dopo l’inizio del farmaco, con differenze significative già evidenti dopo un mese di trattamento (P=0,000 e P=0,001).
Riduzione dell’impiego di corticosteroidi nel tempo
Anche le dosi giornaliere di corticosteroidi si sono ridotte in modo significativo nei sei mesi (P=0,015), in particolare a partire dal terzo mese di trattamento (T2 vs T3; P=0,03).
Non sono stati osservati cambiamenti significativi nei livelli di emoglobina, nella conta leucocitaria o piastrinica, né dal punto di vista sierologico (livelli del complemento e positività anti-dsDNA).
A causa del numero limitato di pazienti con coinvolgimento cutaneo e di follow-up superiore a sei mesi, non è stato possibile valutare differenze significative nella malattia cutanea (punteggi CLASI). Tuttavia, il punteggio medio CLASI-A all’inizio del trattamento era di 6,5±4,28, ridottosi significativamente a 0,88±0,99 dopo sei mesi.
Riassumendo
In conclusione, in questa analisi preliminare di una coorte monocentrica, anifrolumab ha dimostrato un’efficacia significativa nella riduzione dell’attività di malattia nei pazienti con LES, come evidenziato dai punteggi SLEDAI-2K e SLE-DAS, con miglioramenti rilevanti già osservabili a partire da un mese dopo l’inizio del trattamento. Inoltre, la terapia ha consentito una riduzione significativa dell’uso quotidiano di corticosteroidi, in particolare dal terzo mese di trattamento in poi.
Sebbene il profilo di sicurezza sia risultato complessivamente in linea con le attese, è stata comunque rilevata la comparsa di alcune infezioni, in alcuni casi anche di una certa gravità. Questo evidenzia l’importanza di un monitoraggio clinico regolare durante il trattamento.
A causa delle dimensioni limitate del campione e della breve durata del follow-up, sono necessari ulteriori studi con coorti più ampie e periodi di osservazione più lunghi per confermare questi risultati e valutare l’efficacia e la sicurezza a lungo termine dell’anifrolumab.
Secondo studio: impatto di anifrolumab sulla sintomatologia depressiva
Razionale e obiettivo dello studio
Il LES è una complessa malattia autoimmune caratterizzata da un coinvolgimento multisistemico, in cui le manifestazioni neuropsichiatriche, inclusa la depressione, sono prevalenti. L’attivazione disregolata della via dell’interferone di tipo I (IFN) contribuisce alla patogenesi del LES ed è stata implicata nel comportamento depressivo attraverso meccanismi quali la modulazione della serotonina e l’inibizione della neurogenesi .
Anifrolumab, un anticorpo monoclonale che prende di mira il recettore dell’IFN di tipo I, è efficace nel ridurre l’attività di malattia del LES e il carico di glucocorticoidi. Tuttavia, il suo potenziale impatto sui sintomi depressivi rimane poco esplorato.
Di qui il nuovo studio, che si è proposto di valutare l’impatto dell’anifrolumab per via endovena alla dose di 300 mg sui sintomi depressivi in pazienti adulti con LES da moderatamente a gravemente attivo, insieme ad alcuni outcome secondari relativi alla qualità di vita riferita dal paziente.
Disegno dello studio
In questo studio osservazionale, prospettico, monocentrico, i ricercatori hanno arruolato pazienti adulti con LES che soddisfacevano i criteri di classificazione EULAR/ACR 2019, con positività per autoanticorpi e malattia attiva (SLEDAI-2K ≥6).
I partecipanti erano stati sottoposti a trattamento con 300 mg di anifrolumab per via endovena ogni 4 settimane, in combinazione con la terapia di fondo per il LES secondo la pratica del clinico.
La gravità della depressione è stata valutata utilizzando il Beck Depression Inventory (BDI) e il Patient Health Questionnaire-9 (PHQ-9) al basale, a 3, 6 e 12 mesi.
Gli outcome riferiti dai pazienti includevano il punteggio FACIT e la qualità di vita nel lupus (Lupus QoL).
Risultati principali
Ad oggi, sono stati arruolati 26 pazienti. Il sesso femminile è predominante (n=22; 85%), con un’età media di 46 ± 15,0 anni e una durata della malattia di 11 ± 9 anni.
Le manifestazioni di malattia più comuni erano cutanee e muscoloscheletriche, osservate nel 93% del campione. Quattro pazienti (14%) avevano una storia di LES neuropsichiatrico.
Sintomi depressivi: miglioramento secondo BDI e PHQ-9
A 12 mesi è stata osservata una riduzione moderata/forte dei punteggi mediani del BDI rispetto al basale (dimensione dell’effetto -0,43).
Analogamente, i punteggi del PHQ-9 hanno mostrato un miglioramento sostenuto (dimensione dell’effetto -0,28 a 12 mesi).
Qualità di vita: trend positivi nei punteggi FACIT e LupusQoL
I punteggi FACIT e LupusQoL hanno mostrato tendenze positive comparabili (dimensione dell’effetto -0,40 e +0,40 rispettivamente a 12 mesi).
Il miglioramento della Lupus QoL è risultato anche statisticamente significativo a 6 mesi rispetto al basale complessivo (84,0 vs. 63,5, p=0,049), e in diversi sottodomini, in particolare dolore (11,0 vs. 8,0, p=0,017), impatto sulla vita dei familiari (9,0 vs 6,5, p=0,039) e salute emotiva (21,0 vs. 18,5, p=0,048).
Controllo dell’attività di malattia sistemica e cutanea
Inoltre, anifrolumab ha migliorato l’attività di malattia sistemica e cutanea a 12 mesi (SLEDAI-2K mediano 4,0 vs. 8,5 al basale, p=0,002; CLASI-A mediano 0,0 vs. 3,0 al basale, p=0,015).
Impiego di corticosteroidi e raggiungimento della remissione
Tutti i 7 pazienti trattati per almeno 12 mesi erano liberi da glucocorticoidi all’ultimo follow-up e 4 (57%) hanno soddisfatto i criteri di remissione DORIS.
Riassumendo
Da questi risultati preliminari emerge che anifrolumab sembra alleviare i sintomi depressivi nei pazienti con LES, con un miglioramento concomitante della qualità della vita.
Questi risultati evidenziano un potenziale duplice ruolo dell’anifrolumab nella modulazione dell’attività della malattia del LES e dei sintomi depressivi, mediato attraverso l’inibizione della segnalazione dell’IFN.
Tuttavia, il miglioramento dell’umore sembra riflettere l’attività di malattia e potrebbe anche essere secondario ad un effetto generale di remissione indotta dal farmaco.
Alla luce di quanto detto, sono necessari studi comparativi con altri trattamenti efficaci per il LES, follow-up più lunghi, campioni più numerosi e biomarcatori di malattia per confermare tali effetti e chiarire i meccanismi sottostanti.
Bibliografia
1) Orlandi C et al. Safety and efficacy data of anifrolumab in systemic lupus erythematosus: preliminary insights from an italian cohort. ABS0626; EULAR 2025
2) Moroni L et al. Impact of anifrolumab on depressive symptoms in systemic lupus erythematosus: preliminary results from a single-centre prospective observational study. ABS0529; EULAR 2025.