Gonartrosi, i cibi ultra-processati assottigliano spessore cartilagine


Un consumo maggiore di alimenti ultra-processati è risultato associato ad outcome peggiori di gonartrosi nelle pazienti di sesso femminile

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Un consumo maggiore di alimenti ultra-processati è risultato associato ad outcome peggiori di gonartrosi nelle pazienti di sesso femminile, tra cui l’assottigliarsi dello spessore della cartilagine. Queste le conclusioni di uno studio recentemente pubblicato sulla rivista Osteoarthritis and Cartilage.

Razionale e disegno dello studio
L’artrosi, ricordano i ricercatori nell’introduzione allo studio, colpisce circa l’8% della popolazione mondiale, con un’incidenza raddoppiata dal 1990, soprattutto tra le donne e nella fascia d’età 60-64 anni  Sovrappeso e obesità – anch’essi in crescita – sono i principali fattori di rischio modificabili, soprattutto per l’OA al ginocchio (KOA). Dal 1990, l’obesità è raddoppiata e oggi 1 persona su 8 nel mondo è obesa.

Ciò detto, nonostante il legame tra obesità e KOA sia noto da tempo, la ricerca si è concentrata più su calorie e integratori che sulla qualità della dieta. Poche evidenze suggeriscono che una dieta ricca di cibi freschi, come la dieta mediterranea, può rallentare la progressione della KOA.

Il consumo di cibi ultra-processati (UPF) è aumentato dagli anni ’80, in parallelo all’epidemia di obesità. Gli UPF sono ricchi di zuccheri, grassi trans, additivi e sostanze che li rendono iper-appetibili e favoriscono il consumo eccessivo. Sono associati a obesità, diabete tipo 2, malattie cardiovascolari, tumori e depressione.

Nonostante siano noti i legami tra KOA, obesità e UPF, ancora oggi risulta poco chiaro il ruolo diretto degli UPF nella KOA, soprattutto nelle donne.
Di qui la messa a punto di questo studio esplorativo, che si è proposto di studiare tali relazioni, con attenzione alle differenze di genere.

Il consumo giornaliero di UPF è stato calcolato utilizzando le risposte di un questionario di frequenza alimentare convalidato, classificato secondo il sistema di classificazione NOVA. I risultati chiave includevano:
–  il dolore, la rigidità e la disabilità auto-riferiti e classificati mediante l’indice WOMAC (Western Ontario and McMaster Universities OA Index)
– la funzione fisica tramite il Chair Stand Test e il test del cammino di 20 metri
– l’integrità strutturale tramite lo spessore della cartilagine derivato dalla risonanza magnetica.

Lo studio ha incluso 4403 adulti (età media, 61,4 anni; 58,2% donne; 81,8% di etnia Caucasica) con dati dietetici e sociodemografici disponibili al basale.

Risultati principali
Dall’analisi dei dati è emerso che le tecniche di lavorazione, e quindi la composizione specifica e non solo la quantità della dieta umana moderna, potrebbero rappresentare un promettente fattore di rischio modificabile per la gonartrosi e dovrebbero essere studiate più a fondo.

Sono state rilevate differenze specifiche per sesso in diversi risultati.
Nelle pazienti di sesso femminile, una maggiore assunzione di UPF era significativamente associata a punteggi di dolore WOMAC più elevati (β=0,17; IC95%: 0,093-0,242; P <0,001), a una maggiore compromissione delle attività della vita quotidiana (β=0,59; IC95%: 0,365-0,832; P <0,001) e a punteggi WOMAC totali più elevati (β=0,81; IC95%: 0,483-1,13; P <0,001).

Queste donne hanno anche dimostrato una velocità di andatura più lenta (β=-0,035 m/sec; IC95%: da -0,042 a -0,027; P <0,001) e una cartilagine media del ginocchio più sottile (β=-0,013 mm; IC95%: da -0,02 a -0,006; P <0,01).
Queste associazioni non sono state osservate nei pazienti di sesso maschile.

In entrambi i sessi, invece, una maggiore assunzione di UPF è stata associata ad un minor numero di ripetizioni del Chair Stand Test (β=-0,008; IC95%: da -0,013 a -0,004; P <0,001), indicative di una ridotta forza della parte inferiore del corpo.
Da ultimo, sebbene le analisi iniziali suggerissero un’associazione tra UPF e rigidità articolare, questo risultato non ha mantenuto la significatività statistica dopo correzione dei dati per  confronti multipli.

Limiti e implicazioni dello studio
Nel commentare i risultati, i ricercatori hanno ammesso alcuni limiti metodologici dello studio. In primo luogo, il disegno trasversale non consente di stabilire un rapporto causale tra consumo di alimenti ultra-processati (UPF) e artrosi del ginocchio (KOA). Le associazioni osservate non chiariscono se gli UPF causino i sintomi o ne siano una conseguenza.

L’applicazione retroattiva della classificazione NOVA ad un questionario (FFQ) non progettato per questo scopo comporta rischi di imprecisione; inoltre, l’impiego di dati raccolti tra il 2004 e il 2006 potrebbe non riflettere l’attuale diffusione degli UPF né gli stili alimentari post-pandemia.

La scarsa rappresentanza di alcune etnie limita la generalizzabilità dei risultati, nonostante gli aggiustamenti statistici. Il legame tra UPF e peggioramento clinico è emerso principalmente nelle donne, suggerendo un ruolo di fattori ormonali, infiammatori, genetici e legati al microbiota, ma tali ipotesi richiedono ulteriori approfondimenti.

Nonostante il test della velocità del passo e della forza muscolare suggerisca un impatto negativo degli UPF sulla performance fisica, la massa muscolare non è stata misurata direttamente. Questo aspetto, unito al crescente uso di farmaci dimagranti che comportano perdita muscolare, andrà considerato in studi futuri.

Nel complesso. dunque, i risultati di questo studio suggeriscono un possibile impatto negativo degli UPF sulla salute del ginocchio, soprattutto nelle donne.
A questo punto, saranno necessari studi prospettici su coorti più ampie e aggiornate per confermare questi dati.

Bibliografia
Akkaya Z et al. Ultra-processed food consumption is associated with knee osteoarthritis: data from the Osteoarthritis Initiative. Osteoarthritis Cartilage. Published online June 4, 2025. doi:10.1016/j.joca.2025.05.011
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