Anemia nei bambini con MICI: un nuovo studio italiano indaga il problema


Studio italiano fa chiarezza su prevalenza e andamento dell’anemia nei bambini con malattia infiammatoria cronica intestinale

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Oltre un terzo dei bambini con MICI presenta anemia al momento della diagnosi, soprattutto di grado moderato. La forma severa è più comune nella colite ulcerosa e a distanza di un anno, quasi un paziente su quattro resta anemico, evidenziando che la sola terapia della MICI non è sufficiente per una completa risoluzione dell’anemia. Sono alcuni dei risultati che emergono da uno studio tutto italiano pubblicato sulla rivista Journal of Pediatric Gastroenterology and Nutrition.

L’anemia rappresenta la manifestazione extraintestinale più comune nei bambini affetti da malattia infiammatoria cronica intestinale (MICI) e influisce negativamente sulla qualità della vita. Le cause dell’anemia in questo contesto sono multifattoriali: ridotto apporto alimentare, malassorbimento secondario all’infiammazione intestinale, infiammazione cronica sistemica e perdite ematiche sono tra i principali fattori coinvolti.

Le principali linee guida internazionali, inclusa la European Crohn’s and Colitis Organization (ECCO) e la Società Nordamericana di Gastroenterologia Pediatrica, raccomandano lo screening dell’anemia alla diagnosi di IBD, con controlli regolari in base all’attività della malattia.

Nuovo studio dal registro nazionale SIGENP
Questo studio ha avuto come obiettivo la valutazione della prevalenza dell’anemia e le sue caratteristiche nei bambini con una nuova diagnosi di MICI, analizzandone l’andamento a un anno di follow-up. I dati sono stati raccolti dal registro nazionale della SIGENP (Società Italiana di Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione Pediatrica), costituendo la più ampia coorte pediatrica analizzata su questo tema.

È stato condotto uno studio osservazionale multicentrico su 1634 pazienti pediatrici con diagnosi di MICI. I dati relativi ai livelli di emoglobina sono stati raccolti alla diagnosi e a distanza di un anno. I pazienti con anemia sono stati classificati per tipo, gravità e correlazione con le caratteristiche cliniche della malattia.

Alla diagnosi, 589 bambini (36%) presentavano anemia: 295 con malattia di Crohn (CD) e 294 con colite ulcerosa (UC) o IBD non classificata (IBDU). L’anemia era più frequente nei pazienti con CD rispetto a quelli con UC (39% vs. 33%, p=0,009) e in oltre la metà dei casi era di grado moderato (55%).

I bambini con CD avevano più frequentemente anemia lieve, mentre la forma severa era più comune nella UC (13% vs. 6%, p=0,001). Nei pazienti con CD, un’età più bassa alla diagnosi e livelli ridotti di albumina erano associati a maggiore gravità dell’anemia. Nella UC, la forma severa della malattia si associava più spesso ad anemia grave.
A un anno di follow-up, il 22,9% dei bambini risultava ancora anemico. Questi pazienti mostravano segni clinici e laboratoristici di malattia più severa rispetto a quelli che avevano risolto l’anemia. La persistenza dell’anemia, nonostante il trattamento standard della MICI, suggerisce che tale approccio non sia sufficiente per risolvere il problema nella sua totalità.

Correlazione tra malattia ed anemia
Il dato di prevalenza dell’anemia alla diagnosi (36%) si colloca in linea con studi recenti, come lo studio ICURE, che ha rilevato una prevalenza del 30% alla diagnosi (54% nei bambini, 27% negli adulti). Precedenti ricerche riportavano percentuali superiori, ma probabilmente a causa di criteri diagnostici meno stringenti. La prevalenza più elevata di anemia nel CD rispetto alla UC potrebbe essere spiegata dal coinvolgimento più esteso dell’intestino tenue e dai meccanismi infiammatori più complessi del CD, che includono una ridotta produzione di eritropoietina, alterazioni nella metabolizzazione del ferro e aumento della distruzione dei precursori eritroidi.

La forma di anemia più frequente era la carenza di ferro, mentre l’anemia da malattia cronica risultava più rappresentata nei pazienti con CD. L’analisi a distanza di un anno ha evidenziato una persistenza dell’anemia nel 23% dei casi, evidenziando una correlazione con forme di malattia più aggressive e suggerendo che la carenza marziale non adeguatamente trattata sia una causa rilevante.

Le linee guida ECCO e SIGENP raccomandano un monitoraggio attivo e continuativo, con il mantenimento dei livelli di ferritina superiori a 100 ng/mL, e una gestione proattiva anche della carenza di ferro non anemica, che può causare sintomi debilitanti come affaticamento, alterazioni cognitive e disturbi del sonno.

Tra i limiti principali si segnalano l’assenza di dati su alcuni parametri di laboratorio (transferrina, recettori solubili della transferrina), la mancanza di informazioni dettagliate sulla gestione terapeutica dell’anemia e l’assenza di un gruppo di controllo di pazienti non anemici. Tuttavia, la numerosità del campione e la rigorosa definizione diagnostica rafforzano l’attendibilità dei risultati.
Secondo gli autori questi dati sottolineano la necessità di un approccio diagnostico e terapeutico più attento, volto al riconoscimento precoce della carenza marziale e alla sua correzione efficace, al fine di prevenire effetti negativi sulla crescita, sullo sviluppo neurocognitivo e sulla qualità della vita dei piccoli pazienti.

D’Arcangelo G, et al. Prevalence and trend of anemia in children with inflammatory bowel disease: A national register-based cohort study. J Pediatr Gastroenterol Nutr. 2025 Jun;80(6):967-978. doi: 10.1002/jpn3.70029. Epub 2025 Mar 31.

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