A Gaza è rimasta solo poca acqua contaminata


Se non uccide la fame ci pensa la sete: a Gaza è rimasta solo poca acqua contaminata. Le condotte non funzionano e quella potabile è quasi finita

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Se la parola chiave della tragedia nella Striscia di Gaza è “fame”, c’è il killer parallelo che sta completando il lavoro: la sete. A Gaza anche l’acqua potabile è diventata un lusso da conquistare a colpi di code interminabili, chilometri a piedi e pochi litri che non bastano per sopravvivere.

La media giornaliera è crollata a 3-5 litri pro capite, denuncia Oxfam – contro i 15 litri minimi di emergenza raccomandati dall’ONU e i 247 consumati in media in Israele. Il resto è acqua salmastra, contaminata da liquami e sostanze chimiche filtrate tra le macerie. Poca acqua sporca. Tradotto: diarrea ed epatite in crescita del 150% negli ultimi tre mesi. Si muore in tanti modi diversi nella Striscia.

Le due condotte idriche gestite dal COGAT, l’agenzia militare israeliana per il coordinamento degli aiuti, “non funzionano più”, sostengono i responsabili palestinesi. Il sistema idrico e fognario è in gran parte distrutto: le pompe, quando esistono, dipendono da generatori senza carburante. La cronaca quotidiana è fatta di bambini trasformati in facchini dell’acqua, code che degenerano in risse, famiglie costrette a lavarsi in mare.

Un nuovo acquedotto dagli Emirati, collegato a un impianto di desalinizzazione in Egitto, potrebbe servire 600mila persone nel sud di Gaza. Ma ci vorranno settimane. Troppo tardi per chi, come avverte l’UNICEF, è già al limite.

FONTE: AGENZIA DI STAMPA DIRE (WWW.DIRE.IT)