Nuova analisa ha dimostrato che l’inizio precoce della terapia ipolipemizzante combinata (statine ad alta intensità più ezetimibe) nei pazienti con infarto miocardico apporta benefici
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Pubblicato sul “Journal of the American College of Cardiology”, una nuova analisi prospettica basata sul registro svedese SWEDEHEART ha dimostrato che l’inizio precoce (≤12 settimane dalla dimissione) della terapia ipolipemizzante combinata (statine ad alta intensità più ezetimibe) nei pazienti con infarto miocardico (IM) si associa a una riduzione significativa del rischio di eventi cardiovascolari maggiori (MACE), rispetto a un’escalation ritardata o all’assenza di ezetimibe.
Tempistiche e gruppi terapeutici
Lo studio, condotto da Margret Leosdottir, dell’Ospedale Universitario di Scania e dell’Università di Lund (Malmö, Svezia) e colleghi, ha incluso pazienti naïve alla terapia ipolipemizzante, ospedalizzati per infarto miocardico tra il 2015 e il 2022 e dimessi in trattamento con statine.
I pazienti sono stati suddivisi in tre gruppi in base al momento di inizio dell’aggiunta di ezetimibe alla statina:
• entro 12 settimane dalla dimissione (terapia combinata precoce)
• tra 13 settimane e 16 mesi (terapia combinata tardiva)
• nessuna aggiunta di ezetimibe (solo statina)
Per valutare le differenze nei rischi di MACE (morte, IM, ictus), dei suoi componenti e della mortalità cardiovascolare, sono stati utilizzati modelli di rischio proporzionale di Cox con tecnica di clonazione, censura e ponderazione (clone-censor-weighting).
Incidenza di eventi e confronto dei gruppi
Sono stati analizzati 35.826 pazienti (età mediana: 65,1 anni; donne: 26,0%), di cui il 16,9% ha ricevuto ezetimibe precocemente, il 18,1% tardivamente e il 65,0% non ha ricevuto ezetimibe. L’uso di statine ad alta intensità è stato ≥98% in tutti i gruppi.
Durante un follow-up mediano di 3,96 anni (Q1–Q3: 2,15–5,81), si sono verificati 2.570 eventi MACE, inclusi 440 decessi cardiovascolari.
Le incidenze di MACE nel primo anno, espresse per 100 persone-anno, hanno evidenziato un chiaro gradiente a favore della terapia combinata precoce: 1,79 nei pazienti trattati entro le 12 settimane dalla dimissione, contro 2,58 in quelli con combinazione tardiva e 4,03 in coloro che non hanno ricevuto ezetimibe.
Considerando come riferimento il gruppo con terapia combinata precoce, le differenze assolute di rischio ponderato per MACE risultavano progressivamente maggiori nel tempo per chi aveva iniziato l’aggiunta di ezetimibe in ritardo: +0,6% a un anno ( intervallo di confidenza al 95%: 0,1%-1,1%; P < 0,01), +1,1% a due anni (IC 95%: 0,3%-2,0%; P < 0,01) e +0,7% a tre anni (IC 95%: –0,2% a 1,3%; P = 0,18), con un hazard ratio a tre anni pari a 1,14 (IC 95%: 0,95–1,41).
Differenze ancora più marcate si osservavano tra i pazienti trattati con la sola statina, senza ezetimibe: rispetto alla terapia precoce, il rischio ponderato aumentava dello 0,7% a un anno (IC 95%: 0,2%-1,3%), dell’1,6% a due anni (IC 95%: 0,8%-2,5%) e dell’1,9% a tre anni (IC 95%: 0,8%-3,1%; P per tutti < 0,01). In questo caso, l’hazard ratio a tre anni era pari a 1,29 (IC 95%: 1,12–1,55).
Anche per quanto riguarda la mortalità cardiovascolare a tre anni, la combinazione precoce mostrava un vantaggio netto: rispetto a essa, il rischio risultava aumentato del 64% nei pazienti con aggiunta tardiva di ezetimibe (HR: 1,64; IC 95%: 1,15–2,63) e dell’83% in quelli trattati con sola statina (HR: 1,83; IC 95%: 1,35–2,69).
Conseguenze cliniche e proposta di standardizzazione
Secondo gli autori, l’introduzione precoce della terapia combinata con statine ed ezetimibe dovrebbe essere adottata come standard nella gestione post-infarto, in quanto l’intensificazione terapeutica ritardata o la monoterapia statica ad alta intensità comportano un rischio cardiovascolare evitabile.
La necessità di una strategia combinata appare inevitabile per la maggior parte dei pazienti dopo un IM. L’adozione sistematica di questa strategia già alla dimissione consentiràbbe di semplificare i percorsi di cura, generando benefici clinici tangibili.
Bibliografia:
Leosdottir M, Schubert J, Brandts Jet et al. L’inizio precoce della terapia con ezetimibe dopo infarto miocardico protegge da esiti cardiovascolari successivi nel registro SWEDEHEART. J Am Coll Cardiol. 2025;85(15):1550-1564. doi: 10.1016/j.jacc.2025.02.007. leggi