La remissione in Reumatologia: il punto della d.ssa D’Agostino all’EULAR


Negli ultimi anni, il concetto di remissione ha acquisito un valore strategico nella cura delle spondiloartriti e di altre malattie reumatologiche: il punto

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Negli ultimi anni, il concetto di remissione ha acquisito un valore strategico nella cura delle spondiloartriti e di altre malattie reumatologiche, come l’artrite reumatoide e l’artrite psoriasica. Anche se il concetto resta ancora sfumato e non sempre percepito in maniera simile tra medico e paziente, rappresenta oggi un punto di riferimento imprescindibile nella definizione degli obiettivi terapeutici di trattamento.

Le terapie disponibili hanno compiuto progressi notevoli, aprendo la strada a trattamenti sempre più mirati e capaci di avvicinare concretamente il traguardo della remissione.
Di questi temi ha parlato la prof.ssa Maria Antonietta d’Agostino (Direttore UOC Reumatologia, Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS, Roma) nel corso del congresso EULAR e, in questa sede, proponiamo alcuni highlight emersi nel corso della sua relazione.

Come definire la remissione: le differenze con l’oncologia
La remissione è un concetto relativamente moderno preso in prestito dall’oncologia.
In oncologia, quando si parla di remissione, si intende un paziente senza malattia attiva, dopo che la malattia è stata completamente eradicata, con vari trattamenti: chirurgia, radioterapia, chemioterapia. Si parla di remissione quando, per un certo periodo, la malattia non è più presente. Dopo questo periodo, il paziente può essere considerato guarito, cioè senza alcun trattamento e senza recidive. In quel caso, si può immaginare che la malattia sia finita, e si può tornare a vivere una vita normale.

Questo concetto è un po’ diverso e meno applicabile alle nostre malattie, perché non abbiamo una causa e una manifestazione ben definite.

Definire la remissione nelle malattie infiammatorie immunomediate di pertinenza reumatologica può essere difficile, perché a volte ci sono diversi domini coinvolti, e non è sempre chiaro quale sia il target nel percorso terapeutico
Utilizzando un approccio treat-to-target (cura mirata all’obiettivo), possiamo comunque renderci conto che la remissione può essere raggiungibile.

Criteri per definire la remissione e limiti nella definizione completa 
Fatta questa premessa, il raggiungimento della remissione nei pazienti con malattie infiammatore autoimmunitarie può essere definito quando sono soddisfatti i criteri seguenti:
1. assenza o minima attività muscoloscheletrica (i pazienti non presentano sintomi articolari)
2. assenza di manifestazioni extra-articolari significative.
3. assenza di danni strutturali (es. nessuna progressione radiografica di malattia).

Tuttavia, essendoci vari domini coinvolti, è difficile avere una definizione completa di remissione, e non sappiamo ancora quale sia la migliore per includere tutte queste manifestazioni.

Differenze tra remissione clinica e remissione immunologica 
La remissione clinica, ovvero il nostro obiettivo nella pratica clinica, non coincide sempre con la remissione immunologica.
Ci sono prove che, anche in assenza di sintomi clinici, l’attività immunologica può persistere. Quindi, anche con trattamenti efficaci, spesso si tratta di remissione indotta dai farmaci, e la remissione senza farmaci è rara.
Analizzando i tessuti bersaglio della malattia, abbiamo compreso che, anche se clinicamente o istologicamente il tessuto appare sano, può comunque esserci un’attività immunologica residua.

Questo ci dice che non si è ancora guariti dalla malattia  e che quindi il nostro compito di reumatologi consiste nel capire quali vie seguire per trasformare la remissione in guarigione.

Aspetti clinici della remissione 
Nella pratica clinica, la remissione è considerata raggiunta quando si riscontrano:
• assenza di infiammazione (assiale o periferica).
• assenza di infiammazione all’imaging (ecografia o risonanza magnetica).
• assenza di manifestazioni extra-articolari.
• nessuna progressione radiografica

Questi obiettivi, però, non sono sempre facili da ottenere.

Se si guarda, ad esempio alla artrite reumatoide, una malattia associata a chiari danni tissutali, possiamo osservare le fasi seguenti: attività, remissione clinica, remissione all’imaging, remissione sierologica, e anche remissione tissutale.
Tuttavia, anche quando i tessuti sembrano normali, può esserci un coinvolgimento cellulare immunologico attivo.

Quindi, la remissione ha vari livelli, dal più superficiale al più profondo, e comprendere i meccanismi immunologici che mantengono attiva la malattia rappresenta probabilmente la via migliore per arrivare alla guarigione.

Gli strumenti per raggiungere la remissione 
La remissione, oggi, è raggiunta attraverso una combinazione di fattori.

Storicamente, una infiammazione articolare fuori controllo era comune nei pazienti con malattie infiammatorie immunomediate di pertinenza reumatologica, portando a distruzione articolare inesorabile, disabilità e mortalità.
Oggi, invece, La remissione può essere ottenuta combinando:
• Diagnosi precoce (fondamentale per sfruttare la “finestra di opportunità”).
• Approccio treat-to-target: adattare e cambiare terapia in base alla risposta.
• Approfondimento degli aspetti immuno-patologici della malattia

È importante ricordare che la remissione non è uno stato fisso: i pazienti possono passare da una remissione senza farmaci, a una remissione con farmaci, ad una riattivazione. Questo movimento continuo rende difficile parlare di vera guarigione in presenza di malattia reumatologica.

La guarigione, infatti, è definita come remissione senza farmaci e duratura, con tolleranza immunitaria stabile, cioè il sistema immunitario non scatena più la malattia.

Target di trattamento relativi al controllo dell’infiammazione 
Sia le raccomandazioni per il trattamento della spondiloartrite assiale (axSpA) che quelle relative al trattamento dell’artrite psoriasica (PsA) sottolineano l’importanza del controllo dell’infiammazione come un importante obiettivo di trattamento.
Nello specifico nell’axSpA:
• l’obiettivo è rappresentato dal controllo dell’ìnfiammazione
• si utilizzano allo scopo strumenti come l’indice ASDAS per valutare i sintomi e l’infiammazione
• a volte, però, è realistico puntare ad una bassa attività di malattia, se la remissione non è ottenibile

Nella PsA:
• L’obiettivo è sempre l’assenza d’infiammazione.
• Strumenti come MDA o DAPSA sono di aiuto a definire e monitorare il raggiungimento del target

Ostacoli al raggiungimento della remissione 
Nonostante il miglioramento delle armi terapeutiche a disposizione, ancora oggi i target di remissione clinica risultano poco implementati nella pratica clinica per il permanere di ostacoli di diversa natura.
Nello specifico, sono state individuate barriere:
1. Cliniche: è difficile adottare un approccio treat-to-target con molti pazienti.
2. Concettuali: pensiamo che la malattia sia unidimensionale, mentre è multidimensionale.
3. Temporali: non sempre vediamo subito il legame tra infiammazione e danno strutturale.
4. Del paziente: la percezione del paziente può differire dalla nostra. I medici guardano ai segni oggettivi; il paziente percepisce soprattutto i sintomi e l’ impatto del trattamento sulla qualità della vita.
5. Comorbidità: altre patologie concomitanti possono limitare l’efficacia dei trattamenti
6. Sociali: non tutti i paesi hanno accesso alle stesse cure

Anche la percezione della remissione è diversa tra medico e paziente:
• Il medico valuta gli aspetti oggettivi di malattia (articolazioni tumefatte, PCR, ecografia, imaging)
• Il paziente percepisce, invece, gli aspetti soggettivi (dolore, stanchezza, perdita di autonomia)
• Alcuni studi mostrano chiaramente che i medici considerano i pazienti in remissione molto più spesso di quanto lo facciano i pazienti stessi.

Ecco perché, quando si valutano gli effetti del trattamento, dobbiamo includere:
• i fattori psicologici e contestuali (misurati con i PROs, Patient-Reported Outcomes).
• gli effetti sistemici del farmaco (es. infiammazione, PCR).
• gli effetti sulle articolazioni, la colonna, le entesi.
• quanto all’imaging, questo valuta in genere solo le articolazioni, mentre rischia di ignorare le tendiniti o entesiti, che sono importanti per il paziente

Tutto ciò per sottolineare quanto sia complesso il processo di valutazione della remissione, sia a livello clinico che a livello di paziente.

Discordanze tra segni oggettivi di infiammazione e misure di attività clinica 
La letteratura scientifica ha messo in evidenza l’esistenza di una discrepanza tra i segni oggettivi di infiammazione e le misure cliniche di attività di malattia. Questo significa che, in diversi casi, ciò che emerge dagli esami strumentali o di laboratorio – come, ad esempio, una riduzione dell’infiammazione rilevata tramite risonanza magnetica o marcatori infiammatori – non sempre corrisponde a quanto riportato dal paziente in termini di sintomi o percezione della malattia.

Un esempio significativo si osserva nelle axSpA, dove la maggior parte dei pazienti trattati con terapie antinfiammatorie mostra un miglioramento oggettivo pari o superiore al 50%. Tuttavia, solo una minoranza raggiunge un miglioramento simile nelle misure cliniche di attività della malattia, che sono spesso basate su parametri soggettivi riferiti dal paziente, come il dolore, la rigidità o la qualità della vita. Questo suggerisce che, se ci si basa esclusivamente su questi strumenti clinici soggettivi – come avviene frequentemente nei trial clinici, dove gli endpoint sono in larga parte guidati dai PRO (Patient-Reported Outcomes) – si rischia di sottostimare l’effettiva efficacia del trattamento sulla componente infiammatoria della malattia.

Una situazione analoga si riscontra anche nell’artrite psoriasica (PsA), dove alcuni pazienti continuano a manifestare sintomi come il dolore, pur in assenza di segni oggettivi di infiammazione. In questi casi, la persistenza della sintomatologia potrebbe essere dovuta a meccanismi diversi dall’infiammazione attiva, come la sensibilizzazione centrale del dolore. Questo tipo di dolore, legato a un’alterata elaborazione del segnale doloroso a livello del sistema nervoso centrale, tende a rispondere meno efficacemente alle terapie antinfiammatorie convenzionali.

In sintesi, queste osservazioni sottolineano l’importanza di considerare con attenzione sia i dati oggettivi sia le misure soggettive nella valutazione della malattia e della risposta al trattamento, per evitare errori di interpretazione sull’efficacia terapeutica.

In conclusione
Alla luce di quanto detto sopra, se vogliamo definire il nostro punto d’arrivo nel trattamento delle malattie infiammetorie autoimmuni come l’axSpA e la PsA, occorre partire dal contrasto all’infiammazione.

Distinguere tra meccanismi infiammatori e non infiammatori è importante sia per la terapia che per l’ottimizzazione della gestione dei pazienti.
Quindi è necessario:
• assicurarsi che ci siano segni oggettivi di infiammazione.
• che questi scompaiano con il trattamento.
• ricorrere alla clinica, ai referti di imaging e ai risultati di laboratorio.
• non trattare senza evidenza di infiammazione

Considerare il paziente nella sua totalità aiuterà a comprendere meglio la malattia e a mirare efficacemente alla remissione.

Bibliografia
D’Agostino MA. Setting the Foundation for Achieving Remission. Oral Communication; EULAR 2025