Una recente review pubblicata su Clinical and Experimental Rheumatology ha messo in luce le nuove evidenze del possibile coinvolgimento del microbiota intestinale nella patogenesi della fibromialgia
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Una recente review pubblicata su Clinical and Experimental Rheumatology ha messo in luce le nuove evidenze del possibile coinvolgimento del microbiota intestinale nella patogenesi della fibromialgia. Gli autori, tra cui compaiono due esperti italiani il prof. Piercarlo Sarzi Puttini e la prof.ssa Laura Bazzichi, sottolineano che in attesa di studi più approfonditi su tale coinvolgimento è importante adottare un approccio olistico che tengo conto anche della valutazione nutrizionale e di eventuali disbiosi.
La fibromialgia (FM) è una sindrome cronica complessa, caratterizzata da dolore muscoloscheletrico diffuso, affaticamento, disturbi cognitivi e del sonno, che colpisce principalmente le donne.
La fibromialgia interessa circa il 2–8% della popolazione mondiale, con una prevalenza nettamente maggiore nelle donne rispetto agli uomini. Si manifesta con un quadro sintomatologico complesso che comprende dolore muscoloscheletrico diffuso, affaticamento persistente, disturbi del sonno e problemi cognitivi, comunemente definiti come “fibro-fog” o nebbia mentale. La natura multifattoriale della malattia rende particolarmente complessa sia la diagnosi che il trattamento: a oggi non esiste una cura definitiva e le terapie sono prevalentemente sintomatiche.
Negli ultimi anni, la ricerca ha messo in luce un possibile ruolo del microbiota intestinale nella modulazione dei sintomi della fibromialgia, attraverso l’asse intestino-cervello. Nonostante i risultati preliminari siano promettenti, le evidenze cliniche sono ancora insufficienti per tradurre queste scoperte in raccomandazioni terapeutiche consolidate. Tuttavia, le strategie nutrizionali mirate a modulare la composizione e la funzione del microbiota potrebbero rappresentare una nuova frontiera nella gestione personalizzata della malattia.
Il microbiota intestinale e la fibromialgia: evidenze attuali
Diversi studi hanno messo in luce alterazioni della composizione del microbiota intestinale in pazienti con fibromialgia rispetto a soggetti sani o affetti da altre patologie reumatiche. In particolare, si è osservata una riduzione di specie batteriche considerate benefiche, come Faecalibacterium prausnitzii, nota per le sue proprietà antinfiammatorie, e un aumento di ceppi potenzialmente pro-infiammatori, come Flavonifractor plautii e Parabacteroides merdae. Queste alterazioni sembrano correlare con la gravità dei sintomi, in particolare con dolore, stanchezza e deficit cognitivi.
Ulteriori approfondimenti provengono da studi su modelli animali: il trapianto di microbiota fecale (FMT) da pazienti con fibromialgia a topi germ-free induce ipersensibilità al dolore, mentre il trapianto da donatori sani sembra attenuare la sintomatologia dolorosa. Questi dati suggeriscono che la disbiosi intestinale potrebbe non essere solo un effetto collaterale della malattia, ma un possibile fattore causale o mantenitore del dolore fibromialgico.
Parallelamente, una piccola sperimentazione pilota condotta su pazienti umani ha evidenziato un miglioramento della sintomatologia dolorosa dopo FMT da donatori sani, sebbene questi risultati debbano essere interpretati con cautela vista la limitatezza del campione e la necessità di studi clinici più ampi e controllati.
Meccanismi biologici: metaboliti, neurotrasmettitori e infiammazione
Il microbiota intestinale svolge funzioni cruciali nel metabolismo di vari nutrienti e composti alimentari, come fibre, polifenoli e fitocomposti. La fermentazione di queste sostanze produce metaboliti bioattivi, tra cui gli acidi grassi a catena corta (SCFA) come il butirrato e il propionato, indoli e composti fenolici. Questi metaboliti possono influenzare profondamente la fisiologia dell’ospite, modulando le risposte immunitarie e infiammatorie.
Gli SCFA, ad esempio, sono noti per la loro capacità di inibire il fattore di trascrizione NF-κB, un regolatore chiave delle vie infiammatorie. Inoltre, alcuni metaboliti derivati dal microbiota, come l’indolo-3-propionico (IPA), promuovono la differenziazione delle cellule T regolatorie, contribuendo a limitare l’infiammazione sistemica. Questi meccanismi sono particolarmente rilevanti in una condizione come la fibromialgia, in cui si ipotizza una componente infiammatoria di basso grado.
Oltre all’infiammazione, il microbiota intestinale produce neurotrasmettitori come la serotonina e il gamma-aminobutirrato (GABA), che influenzano la percezione del dolore e la regolazione dell’umore. Gli SCFA, in particolare il butirrato, hanno dimostrato proprietà analgesiche attraverso la modulazione dell’espressione di recettori e canali ionici nei neuroni sensoriali.
Questo complesso intreccio di metaboliti, neurotrasmettitori e vie infiammatorie suggerisce che la modulazione del microbiota intestinale potrebbe influenzare sia la componente dolorosa sia quella neuropsichica della fibromialgia.
Nutrizione e fibromialgia: un legame importante
I pazienti con fibromialgia mostrano spesso abitudini alimentari sbilanciate e carenze nutrizionali. Studi epidemiologici hanno documentato un ridotto consumo di alimenti ricchi di nutrienti essenziali come latticini, cereali integrali, frutta fresca e pesce rispetto a popolazioni sane o affette da altre patologie reumatiche.
Alcuni micronutrienti sono stati identificati come potenziali cofattori nel modulare i sintomi della FM. Tra questi, il magnesio è noto per il suo ruolo nella regolazione neuromuscolare e nel controllo del dolore; il selenio per le sue proprietà antiossidanti; e gli acidi grassi omega-3 per la loro attività antinfiammatoria. Anche l’apporto di vitamine antiossidanti e composti con azione immunomodulante risulta rilevante.
Interventi nutrizionali che prevedono l’integrazione con prebiotici (fibre fermentabili che favoriscono la crescita di batteri benefici) e probiotici (ceppi microbici vivi con effetti salutari) hanno mostrato risultati promettenti nel migliorare la composizione del microbiota e alleviare i sintomi dolorosi e l’affaticamento nei pazienti con fibromialgia.
Diete personalizzate, che tengano conto delle sensibilità individuali, intolleranze e carenze, rappresentano un approccio integrato utile nell’ambito di una gestione multidisciplinare.
Limiti attuali e prospettive future
Nonostante le evidenze emergenti, il campo che studia la relazione tra microbiota intestinale, nutrizione e fibromialgia è ancora agli albori. Molti studi disponibili presentano limiti metodologici come campioni di piccole dimensioni, assenza di controlli adeguati, scarsa replicabilità e mancanza di studi longitudinali.
La causalità tra disbiosi e fibromialgia resta da confermare in ambito clinico, e gli studi di trapianto fecale, seppur interessanti, richiedono una validazione più ampia e rigorosa. Allo stesso modo, le strategie nutrizionali, sebbene sicure e potenzialmente efficaci, necessitano di prove più solide per essere raccomandate come parte integrante del trattamento standard.
Il futuro della ricerca dovrà quindi concentrarsi su studi randomizzati, controllati e di larga scala, che analizzino non solo la composizione microbiotica ma anche i metaboliti prodotti, le risposte immunitarie e i correlati clinici della fibromialgia. Sarà inoltre fondamentale sviluppare approcci personalizzati che tengano conto delle caratteristiche individuali dei pazienti.
Conclusioni
Il microbiota intestinale rappresenta un elemento chiave nella comprensione della fibromialgia e della sua complessa sintomatologia. Sebbene la ricerca attuale suggerisca un possibile ruolo causale della disbiosi nella modulazione del dolore e dell’infiammazione, mancano ancora evidenze cliniche definitive.
Interventi nutrizionali mirati, integrati in un percorso multidisciplinare, possono rappresentare un’opzione promettente per migliorare la qualità di vita dei pazienti con FM, specialmente in presenza di alterazioni dietetiche o sintomi gastrointestinali associati.
In attesa di dati più solidi, la valutazione dello stato nutrizionale e del microbiota intestinale potrebbe aiutare a personalizzare le strategie terapeutiche e a promuovere un approccio più integrato e olistico alla gestione della fibromialgia.
Shai Shtrozberg et al., Is the gut microbiome of importance in fibromyalgia? A critical review of emerging evidence Clin Exp Rheumatol. 2025 Jun;43(6):990-998.
doi: 10.55563/clinexprheumatol/pmajsv. Epub 2025 Jun 26.
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