Tumore del polmone non a piccole cellule EGFR+ resecabile, osimertinib neoadiuvante con o senza chemioterapia aumenta le risposte
![]()
In pazienti affetti da carcinoma polmonare non a piccole cellule con mutazioni del gene EGFR, operabile, in stadio II-IIIB, il trattamento neoadiuvante con l’inibitore tirosin chinasico (TKI) dell’EGFR osimertinib, da solo o in combinazione con la chemioterapia, aumenta in modo significativo i tassi di risposta patologica maggiore (MPR) rispetto alla sola chemioterapia. Lo evidenziano i risultati dell’analisi primaria dei dati dello studio di fase 3 NeoADAURA presentati al recente convegno annuale dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO), a Chicago, e pubblicati in contemporanea sul Journal of Clinical Oncology.
Rispetto alla sola chemioterapia, i regimi contenenti osimertinib hanno conferito un beneficio di MPR che è risultato coerente in tutti i sottogruppi predefiniti. «Il punto chiave [della presentazione] è che quando si programma il trattamento per i pazienti con tumore del polmone non a piccole cellule EGFR-mutato, resecabile, candidabili alla terapia neoadiuvante, si dovrebbe considerare il trattamento neoadiuvante con osimertinib sia con la chemioterapia sia da solo», ha dichiarato Jamie Chaft, del Memorial Sloan Kettering Cancer Center a New York City.
I pazienti dello studio NeoADAURA, trattati con osimertinib più la chemioterapia (121) hanno raggiunto un tasso di MPR del 26% (IC al 95% 18%-34%) e quelli trattati con osimertinib in monoterapia (117) un tasso del 25% (IC al 95% 17%-34%), a fronte del 2% (IC al 95% 0%-6%) raggiunto nel braccio di controllo (120). I tassi di risposta patologica completa (pCR) sono risultati rispettivamente del 4%, 9% e 0%.
L’analisi ad interim dei dati di sopravvivenza libera da eventi (EFS; solo il 15% dei dati maturi) ha mostrato tassi di EFS a un anno del 93%, 95% e 83%, rispettivamente con osimertinib in combinazione e in monoterapia, e con la chemioterapia standard. Nel gruppo di controllo, gli eventi includevano per lo più la progressione della malattia durante la fase preoperatoria ma anche le prime ricadute dopo l’intervento chirurgico.
Chaft ha sottolineato che gli eventi si sono verificati nel 18% dei pazienti che non hanno raggiunto l’endpoint primario (≤10% cellule tumorali vitali nel campione resecato) e nel 2% di coloro che lo hanno raggiunto.
Forte bisogno non soddisfatto di terapie efficaci
Il 30% dei pazienti con tumore del polmone non a piccole cellule si presenta con una malattia in fase iniziale e potenzialmente operabile. Le opzioni di trattamento pre- o peri-operatorie con chemio e immunoterapia rappresentano lo standard di cura per la maggior parte di questi pazienti, tuttavia coloro che hanno una malattia EGFR-mutata (circa un terzo dei pazienti con cancro del polmone non a piccole cellule) in genere non rispondono all’immunoterapia e hanno tassi di MPR molto bassi, dell’ordine dello 0-8%.
Chaft ha affermato che la terapia neoadiuvante può offrire diversi potenziali benefici ai pazienti con malattia operabile EGFR-mutata: riduce il rischio di progressione della malattia, che è la causa di esclusione dalla chirurgia per il 15-20% dei pazienti, e offre migliori risultati dopo l’intervento chirurgico e a lungo termine.
Quale paradigma?
In un podcast a commento dell’articolo pubblicato sul Journal of Clinical Oncology, Thomas Stinchcombe, del Duke Cancer Institute di Durham (North Carolina) e associated editor della rivista, ha sottolineato che un paradigma alternativo esiste già nel trattamento del tumore del polmone non a piccole cellule EGFR-mutato ed è basato sul beneficio di sopravvivenza complessiva dimostrato nello studio ADAURA, ovvero la resezione chirurgica seguita dal trattamento adiuvante con osimertinib con chemioterapia facoltativa per 3 anni.
«Una delle domande è: quanto conta il momento in cui si riceve osimertinib a patto che lo si assuma?» ha commentato l’esperto. Nello studio NeoADAURA, il 91% dei pazienti che hanno completato l’intervento chirurgico è stato trattato con osimertinib adiuvante, che potrebbe rendere difficile determinare il contributo dato dalla parte neoadiuvante ai risultati a lungo termine. L’esperto ha puntualizzato: «ai pazienti con malattia [in stadio] N2 noto, fornisco generalmente una qualche terapia di induzione prima della resezione chirurgica». «Quello è il sottogruppo di pazienti a cui più mi piace applicare questo approccio in base ai risultati». Chaft ha concordato, notando che per i pazienti con tumori di dimensioni maggiori o malattia linfonodale in stadio N2 c’è il timore che la malattia si diffonda con micrometastasi dopo l’intervento chirurgico.
Evitare il diffondersi della malattia
«Quando i pazienti si riprendono dall’intervento e arrivano alla terapia adiuvante temo che possano aver sviluppato la malattia in un sito aggiuntivo», ha proseguito Chaft. «Nella pratica clinica, alcuni miei pazienti con malattia resecabile ad alto rischio sono eleggibili per la terapia di induzione, inclusa quella con osimertinib».
Nello studio, tra i pazienti che al basale avevano una malattia in stadio N2, quelli trattati in uno dei bracci di osimertinib sono arrivati alla chirurgia con downstaging in numero più che raddoppiato rispetto a quelli trattati nel braccio di controllo: il 53% con osimertinib sia in combinazione sia in monoterapia contro il 21%.
Per quanto riguarda gli sviluppi futuri, Stinchcombe ha suggerito che osimertinib dovrebbe essere valutato in combinazione con un altro agente target, visto che il tasso di MPR è risultato simile con la combinazione o in monoterapia.
Lo studio NeoADAURA
Lo studio NeoADAURA (NCT04351555) è un trial multicentrico internazionale, randomizzato e controllato, a tre bracci di trattamento neoadiuvante, che ha coinvolto 358 pazienti con carcinoma polmonare non a piccole cellule, completamente resecabile, EGFR-mutato, provenienti da 25 Paesi, assegnati secondo un rapporto 1:1:1 al trattamento con: osimertinib orale 80 mg al giorno una volta al giorno (per almeno 9 settimane) più tre cicli di chemioterapia con platino (carboplatino area sotto la curva di 5 o cisplatino 75 mg/m2), e pemetrexed (500 mg/m2 ogni 3 settimane per 3 cicli), oppure osimertinib in monoterapia oppure la chemioterapia standard più un placebo.
I partecipanti dovevano avere una diagnosi confermata di istologia non squamosa, essere portatori di alcune mutazioni del gene EGFR (delezioni dell’esone 19 o la mutazione L858R nell’esone 21) e un performance status secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (WHO) di 0 o 1. Tra i fattori di stratificazione vi erano lo stadio II o III di malattia, la razza, e il tipo di mutazione di EGFR.
Caratteristiche dei partecipanti
Le caratteristiche dei pazienti erano ben bilanciate tra i bracci di trattamento. Complessivamente, l’età mediana era di 65 anni e la maggior parte dei pazienti era costituita da donne (due terzi), aveva un performance status WHO di 0 (81%), era stata arruolata in Asia e non aveva mai fumato (71%), mentre la metà aveva una malattia in stadio II e un terzo una malattia linfonodale N2.
Il tasso di MPR valutato da un comitato centrale di revisori in cieco rappresentava l’endpoint primario, mentre gli endpoint secondari comprendevano l’EFS, il tasso di pCR, il downstaging dei linfonodi e la sicurezza.
Resezione ottimale in oltre il 90% dei pazienti
Per quanto riguarda la chirurgia, è stato sottoposto a chirurgia il 92% dei pazienti assegnati a osimertinib più la chemioterapia, il 97% di quelli assegnati al solo osimertinib e l’89% di quelli trattati con la sola chemioterapia.
Le percentuali di resezione ottimale (senza residuo di malattia, R0) sono risultate rispettivamente del 91%, 95% e 93%, e si sono verificati eventi avversi seri correlati alla chirurgia rispettivamente nel 10%, 5% e 7% dei pazienti.
Chaft ha sottolineato che tra i pazienti trattati con osimertinib solo un numero esiguo non è stato sottoposto all’intervento a causa della progressione della malattia rispetto a quelli trattati con la sola chemioterapia: 2% contro 8%.
Sicurezza confermata
Nello studio NeoADAURA, inoltre, non sono stati identificati nuovi problemi di sicurezza e la maggior parte degli eventi avversi sono risultati coerenti con i profili di tossicità noti di ogni singolo agente.
Eventi avversi di grado 3 durante il periodo neoadiuvante si sono verificati nel 36% dei pazienti assegnati al braccio osimertinib più chemioterapia, nel 13% di quelli del braccio del solo osimertinib e nel 33% di quelli braccio della chemioterapia.
Infine, non ci sono stati eventi con esito fatale.
Bibliografia
J. E. Chaft, et al. Neoadjuvant (neoadj) osimertinib (osi) ± chemotherapy (CT) vs CT alone in resectable (R) epidermal growth factor receptor-mutated (EGFRm) NSCLC. ASCO 2025; abstract 8001. leggi
J. He, et al. Neoadjuvant Osimertinib for Resectable EGFR-Mutated Non-Small-Cell Lung Cancer. J Clin Oncol. 2025;doi:10.1200/JCO-25-00883. https://doi.org/10.1200/JCO-25-00883