Lupus, sintomi sotto controllo in Fase 3 con dapirolizumab


Un nuovo farmaco a base di anticorpi mirato al ligando CD40, dapirolizumab, ha permesso a quasi la metà dei pazienti con lupus resistente ai trattamenti di controllare i sintomi

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Un nuovo farmaco a base di anticorpi mirato al ligando CD40, dapirolizumab, ha permesso a quasi la metà dei pazienti con lupus eritematoso sistemico (LES) resistente ai trattamenti di controllare i sintomi, stando ai risultati dello studio di fase 3 PHOENYCS GO, presentati al congresso EULAR.    Dopo 48 settimane di trattamento con dapirolizumab pegol (DZP), il 40,9% dei pazienti ha raggiunto lo stato di bassa attività della malattia del lupus (LLDAS), rispetto al 19,6% di quelli trattati con placebo nello studio randomizzato che ha coinvolto 315 pazienti (P<0,0001).

Inoltre, il 19,2% del gruppo trattato con DZP ha ottenuto una remissione completa, rispetto all’8,4% del gruppo placebo (P=0,0056).

Questi dati suggeriscono che il ligando CD40 rappresenta un bersaglio valido e farmacologicamente praticabile nel lupus. Gli sviluppatori di DZP, UCB e Biogen, hanno ora in corso uno studio confermativo di fase 3, che se avrà successo (conclusione prevista nel 2027), porterà quasi certamente dapirolizumab sul mercato come primo della sua classe.

Razionale d’impiego di dapirolizumab pegol nel lupus
È noto da tempo che il recettore CD40 e il suo ligando svolgono un ruolo nel lupus, connettendo le cellule T attivate alle cellule presentanti l’antigene da un lato e alle cellule B dall’altro, attivando il rilascio di autoanticorpi. Tuttavia, precedenti farmaci progettati per inibire queste interazioni hanno avuto problemi di sicurezza, facendo temere che fosse un vicolo cieco nella ricerca.

Nonostante ciò, la ricerca è andata avanti, fino ad arrivare all’implementazione di DZP – un nuovo frammento di legame con l’antigene (Fab’) coniugato con polietilenglicole (PEG), privo di Fc.  DZP inibisce la segnalazione di CD40L, che ha dimostrato di ridurre l’attivazione delle cellule B e la produzione di autoanticorpi, di attenuare la secrezione di interferone (IFN) di tipo 1 e di attenuare l’attivazione delle cellule T e delle cellule che mostrano l’antigene (APC).

Lo studio PHOENYCS GO
Disegno dello studio
In questo studio, i ricercatori hanno randomizzato 315 pazienti, secondo uno schema 2:1, a trattamento con DZP o placebo tramite infusione ogni 4 settimane, insieme ai farmaci standard per il lupus, come gli antimalarici.

I corticosteroidi sono stati ridotti (ma non necessariamente eliminati del tutto) durante le 48 settimane di trattamento. Per essere inclusi, i pazienti dovevano avere LES da moderato a grave, secondo i criteri standard, nonostante i trattamenti convenzionali.
L’età media era di poco superiore a 40 anni e oltre il 90% erano donne. La durata media della malattia era di 10 anni. I punteggi SLE Disease Activity Index 2000 (SLEDAI-2K) al basale erano pari, in media, a 11, con oltre due terzi dei pazienti con punteggi pari o superiori a 10, indicativi di sintomi molto attivi. I valori del British Isles Lupus Assessment Group (BILAG) mostravano una media di circa 18,5 all’arruolamento.

Il LLDAS e la remissione sono stati valutati ad ogni visita per infusione.
Il LLDAS era definito da:
• punteggio SLEDAI-2K ≤4 senza nuova o peggiorata attività,
• valutazione globale del medico (PGA) ≤33,
• dose di prednisone (o equivalente) ≤7,5 mg/die per più della metà dei 28 giorni precedenti e inferiore a tale soglia durante l’intera settimana precedente e il giorno successivo,
• nessuna necessità di aumentare i farmaci di mantenimento

La remissione era più rigorosa:
• punteggio SLEDAI-2K pari a 0,
• PGA ≤16,
• dose di steroidi ≤5 mg/die per più della metà dei 28 giorni precedenti e per tutta la settimana precedente e il giorno successivo.

I pazienti hanno effettuato 12 visite dopo l’inizio della terapia.

Altri risultati dello studio
I ricercatori hanno anche analizzato il LLDAS sostenuto in quattro visite consecutive. Hanno riscontrato che il 38,5% del gruppo DZP ha raggiunto questo obiettivo in tre visite su quattro, e il 28,4% in tutte e quattro; nel gruppo placebo, le proporzioni erano rispettivamente del 22,4% e del 16,8%, con differenze statisticamente significative.

Safety
I dati sulla sicurezza erano già stati presentati al congresso ACR. In quell’occasione era stato mostrato che i tassi di eventi avversi emergenti a seguito del trattamento (TEAE) erano simili tra DZP e placebo, ma gli eventi gravi erano meno numerosi con il farmaco attivo. Tuttavia, le infezioni erano più frequenti con DZP (2,8% vs. 0,9%).

È stato inoltre segnalato un infarto miocardico in un paziente trattato con DZP. Un singolo evento non rappresenta un segnale chiaro, ma le complicanze trombotiche furono ciò che fece fallire i primi inibitori del ligando CD40, quindi la questione sarà monitorata attentamente negli studi futuri.

A tal riguardo, si segnala che UCB sta conducendo uno studio ad hoc a lungo termine sulla sicurezza, iniziato nel 2021 e la cui durata è prevista fino al 2029.

Bibliografia
Morand EF, et al “Achievement of low disease activity and remission in patients with systemic lupus erythematosus treated with dapirolizumab pegol: 48-week results from a phase 3 trial” EULAR 2025; Abstract OP0201.