Tumore del polmone non a piccole cellule, terapia adiuvante gene-driven migliora sopravvivenza


Tumore del polmone non a piccole cellule, terapia adiuvante gene-driven aumenta la sopravvivenza libera da malattia

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I pazienti con carcinoma polmonare non a piccole cellule a rischio intermedio/elevato sottoposti a una terapia adiuvante guidata da biomarcatori ottengono una sopravvivenza libera da malattia (DFS) significativamente più lunga rispetto a quelli non sottoposti alla terapia gene-driven, bensì alla semplice osservazione. Queste le conclusioni di un’analisi ad interim dello studio AIM-HIGH, un trial clinico randomizzato che è stato presentato di recente a Chicago (Usa) al convegno annuale dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO).

Nello specifico, la DFS a 24 mesi è passata dal 79% con l’osservazione al 96% con l’impiego di un test a 14 geni per guidare le decisioni relative alla terapia adiuvante. Risultati simili sono stati osservati anche nei pazienti con malattia in stadio più precoce (stadio IA).

Tali risultati suffragano il ricorso al test genetico per guidare le decisioni relative alla terapia adiuvante nei pazienti con tumore del polmone non a piccole cellule non squamoso in stadio iniziale, ha affermato David Spigel, del Sarah Cannon Research Institute di Nashville, in conferenza stampa.
«Questa analisi ad interim è stata progettata per rilevare una grande discrepanza nei risultati tra i pazienti trattati e quelli non trattati», ha affermato Spigel. «L’utilizzo di questo test a 14 geni per guidare in modo preciso la terapia sistemica adiuvante nel carcinoma polmonare non a piccole cellule non squamoso in stadio IA-IIA può ridurre sostanzialmente i tassi di recidiva precoce e di mortalità».

Inclusi pazienti tradizionalmente esclusi dalla terapia adiuvante
Lo studio ha coinvolto pazienti che, pur presentando un rischio aumentato di recidiva, non vengono sottoposti a terapia adiuvante, ha spiegato Charu Aggarwal dell’Abramson Cancer Center dell’Università della Pennsylvania di Philadelphia, invitata come esperta alla conferenza stampa.

«Questi primi risultati intermedi di questo promettente studio randomizzato ci aiuteranno a gettare le basi per una terapia di precisione nei pazienti con tumore del polmone non a piccole cellule in stadio iniziale», ha affermato. «Anche se questo studio ha utilizzato un test molecolare a 14 geni, penso che in futuro potremo impiegare test ancora più avanzati, includendo potenzialmente le biopsie liquide, le signature radiomiche e modelli basati sull’intelligenza artificiale per stratificare meglio il rischio e, infine, aumentare i tassi di guarigione in questi pazienti. In futuro, potremmo persino aggiungere vaccini personalizzati dopo aver identificato la malattia ad alto rischio».

Tassi di sopravvivenza ancora bassi nonostante i progressi diagnostico-terapeutici
Nonostante i notevoli progressi nella diagnosi precoce e la disponibilità di terapie sempre più efficaci, i tassi di DFS a 5 anni per il tumore del polmone non a piccole cellule in stadio IA si attestano ancora a livelli inferiori al 65%, il che si traduce in circa 100.000 decessi a livello mondiale, ha ricordato Spigel. Le linee guida cliniche attuali non raccomandano la terapia adiuvante per la malattia in stadio IA, e tale trattamento è spesso posticipato anche per gli stadi IB e IIA.

Il test molecolare di stratificazione a 14 geni RiskReveal (Razor Genomics) è stato sviluppato per identificare i pazienti con rischio aumentato di morte precoce, ha aggiunto Spigel. Il test è stato validato su oltre 1400 pazienti con tumore del polmone non a piccole cellule non squamoso.

Lo studio AIM-HIGH
Nel trial multicentrico AIM-HIGH, i ricercatori hanno confrontato l’impiego del test a 14 geni con l’osservazione standard nei pazienti con tumore del polmone non a piccole cellule non squamoso in stadio IA-IIA, sottoposti a resezione chirurgica.

Sono stati esclusi dal trial i pazienti classificati a basso rischio molecolare, mentre quelli con rischio intermedio o elevato, secondo il test, sono stati assegnati all’osservazione o a quattro cicli di chemioterapia a base di platino.

Il protocollo del trial consentiva, a discrezione del ricercatore, il ricorso all’immunoterapia o all’impiego di un inibitore delle tirosin-chinasi (TKI), a seconda dello stato di EGFR. Inoltre, pazienti erano seguiti con una sorveglianza di routine tramite Tac per 5 anni, o fino a recidiva o decesso. Spiegel ha presentato i dati di un’analisi intermedia predefinita, che ha incluso 200 pazienti randomizzati.
L’endpoint primario era rappresentato dalla DFS.

Risultati significativi sulla sopravvivenza libera da malattia
La popolazione dello studio aveva un’età mediana di circa 65 anni, il 90% dei pazienti aveva una storia di fumo e circa il 95% dei tumori era rappresentato dall’adenocarcinoma. Inoltre, circa il 55% dei pazienti aveva una malattia in stadio IA, il 40% in stadio IB e circa il 5% in stadio IIA.

L’analisi ad interim ha rivelato una differenza assoluta del 17% nel tasso di DFS a 24 mesi, che si traduce in una riduzione del rischio di recidiva di malattia del 78% a favore della terapia adiuvante guidata da biomarcatori genici (IC al 95% 0,06-0,76; P = 0,0087).

La mediana della DFS non era ancora stata raggiunta in nessuno dei due bracci dello studio al momento dell’analisi. Inoltre, anche la differenza assoluta del 20% nella DFS tra i pazienti con malattia in stadio IA ha raggiunto la significatività statistica (P=0,0345).

Gli eventi avversi associati al trattamento adiuvante sono risultati in linea con gli effetti noti delle terapie ricevute, ha precisato Spigel.

Considerazioni sull’impiego clinico del test
Durante la discussione che ha seguito la presentazione dai dati, Julie Gralow, direttrice medica dell’ASCO, ha chiesto a Spigel di ipotizzare come potrebbe comportarsi il test a 14 geni nel tumore del polmone non a piccole cellule squamoso.

«Questi risultati, si spera, daranno impulso allo sviluppo di un test genetico anche nel tumore del polmone non a piccole cellule squamoso», ha risposto Spigel. «Non c’è motivo di pensare che non possa funzionare, ma probabilmente si tratterà di un diverso insieme di geni, con profili di espressione differenti».

La Gralow ha poi chiesto alla Aggarwal se prenderebbe in considerazione l’utilizzo del test nella pratica clinica attuale.
«La domanda è se sia disponibile e fattibile l’utilizzo del test nei nostri pazienti nella pratica clinica», ha risposto la Aggarwal. «Credo che questi risultati siano fondamentali. Possiamo costruire su questa base e utilizzare test ancora più sensibili in futuro, includendo anche i pazienti con carcinoma polmonare non a piccole cellule di tipo squamoso».

Bibliografia
D. Spigel, et al. An international, multicenter, prospective randomized trial of adjuvant chemotherapy for stage Ia-IIa non-small cell lung cancer identified as high-risk by a 14-gene molecular assay. J Clin Oncol 43, 2025 (suppl 17; abstr LBA8027); doi: 10.1200/JCO.2025.43.17_suppl.LBA8027