Artrite reumatoide: terapia precoce con anti-TNF riduce il rischio di malattia refrattaria


Artrite reumatoide: iniziare precocemente la terapia con anti-TNF riduce il rischio di malattia refrattaria a lungo termine

artrite reumatoide stile di vita

Un trattamento precoce dell’artrite reumatoide (AR) con anti-TNF si associa ad un rischio significativamente ridotto di sviluppare forme refrattarie di malattia e ad un miglioramento complessivo degli outcome clinici nel lungo periodo. È quanto emerso da un’analisi presentata in occasione del congresso annuale EULAR, che fornisce nuove evidenze a favore di un impiego precoce dei farmaci biologici nei pazienti affetti da malattia reumatologica.

Disegno dello studio e caratteristiche dei pazienti
L’analisi si basa sui dati della coorte Leeds Inflammatory Arthritis Continuum, derivata da un trial randomizzato inizialmente concepito per confrontare la terapia d’induzione con anti‑TNF rispetto al trattamento standard. Sono stati inclusi 114 pazienti trattati con anti‑TNF nei primi dodici mesi dalla diagnosi e 228 pazienti trattati inizialmente con DMARDcs, con l’obiettivo di raggiungere target clinici specifici, come un punteggio DAS28‑ESR al di sotto di una soglia prestabilita.

Tutti i pazienti avevano almeno cinque anni di follow‑up. Le caratteristiche basali dei due gruppi erano simili: età mediana intorno ai 50 anni, prevalenza di pazienti di sesso femminile (circa il 75% sul totale dei pazienti considerati)  e durata dei sintomi di circa sei mesi. La maggior parte presentava una malattia moderatamente attiva all’esordio.

Endpoint e outcome valutati
La definizione di malattia difficile da trattare si è basata basata sui criteri EULAR del 2021, secondo cui è necessario il verificarsi di insuccesso terapeutico con almeno due farmaci biologici con meccanismi d’azione differenti.
L’analisi ha considerato anche diversi outcome secondari, tra cui la remissione senza farmaci, il mantenimento a lungo termine di un singolo farmaco biologico e il fallimento di una singola terapia biologica durante il follow‑up.

Risultati principali
Dai risultati è emerso che, tra i pazienti con AR a esordio recente trattati fin dall’inizio con una terapia a base di anti-TNF, meno dell’1% ha sviluppato una forma “difficile da trattare” (D2T) entro cinque anni.
Considerando gli outcome secondari, in tutti i casi il trattamento con anti-TNF  di prima linea è risultato positivo, anche se non sempre con un vantaggio statisticamente significativo.

Si è raggiunto un beneficio statisticamente significativo relativamente agli outcome seguenti:
– artrite D2T al 5° anno: 0,9% vs 7,0% (P=0,033)
– remissione libera da farmaci al 5° anno: 13,2% vs 6,1% (P=0,049)
– impiego di un singolo farmaco biologico al 10° anno: 27,7% vs 12,5% (P=0,006)
– remissione sostenuta al 10° anno: 61,7% vs 45,2% (P=0,014)

I tassi di D2T al 10° anno non hanno raggiunto la significatività statistica perché cinque del gruppo anti-TNF hanno sperimentato un fallimento terapeutico con un secondo farmaco biologico durante gli ultimi 5 anni, cosicché il 6,4% del gruppo originario ora soddisfa lo standard per la malattia refrattaria. ù

In direzione opposta è andata la remissione senza farmaci al 10° anno: questa è stata raggiunta di recente da sette pazienti nel gruppo dei DMARDcs, mentre è stata persa da tre di quelli con gli anti-TNF come terapia di prima linea. Di conseguenza, i tassi a 10 anni erano pari al 10,1% contro il 12,8% nei gruppi che iniziavano rispettivamente con DMARDcs e anti-TNF.

Il commento degli autori allo studio
Nel commentare i risultati, i ricercatori hanno sottolineato come il lavoro suffraghi l’efficacia di un approccio terapeutico basato sull’induzione precoce con anti-TNF rispetto alla strategia tradizionale treat‑to‑target con DMARDcs.

Nonostante il trattamento con farmaci biologici comporti costi più elevati, una maggiore complessità gestionale e un profilo di rischio più articolato (ad esempio, un aumentato rischio infettivo), i dati suggeriscono come questa strategia possa garantire una gestione più efficace e duratura della malattia. Tuttavia, non è scontato che queste evidenze portino ad un cambiamento immediato della pratica clinica, anche se potrebbero sensibilizzare sia i clinici sia i pazienti sui limiti dell’approccio graduale comunemente adottato.

Limiti dello studio e considerazioni conclusive
Nel corso della discussione seguita alla presentazione del lavoro, il prof. Nagy, co‑autore della definizione EULAR di D2T, ha osservato che la coorte analizzata potrebbe non rappresentare pienamente la popolazione generale affetta da AR, presentando ad esempio una minore prevalenza di comorbidità come l’obesità.  Gli autori dello studio hanno riconosciuto questo limite, specificando che i dati si basano su una raccolta avvenuta diversi anni fa.

In conclusione, pur con alcune limitazioni metodologiche, i risultati dello studio confermano il potenziale beneficio di un trattamento precoce e mirato con farmaci biologici nei pazienti con AR ad esordio recente.
L’approccio con anti‑TNF come prima linea potrebbe offrire vantaggi significativi in termini di remissione e prevenzione della cronicizzazione refrattaria della malattia, aprendo la strada ad una possibile rivalutazione delle strategie terapeutiche attualmente in uso.

Bibliografia
Toyoda T, et al “First line anti-TNF therapy in early rheumatoid arthritis is associated with a lower frequency of difficult-to-treat disease at five years and better long-term outcomes compared with usual care” EULAR 2025; Abstract POS0027.