Un anticoagulante sperimentale che ha come bersaglio il fattore XI non è riuscito a prevenire la trombosi dell’innesto arterovenoso (AVG) nei pazienti in emodialisi cronica
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Un anticoagulante sperimentale che ha come bersaglio il fattore XI non è riuscito a prevenire la trombosi dell’innesto arterovenoso (AVG) nei pazienti in emodialisi cronica, secondo uno studio di fase IIb controllato con placebo.
MK-2060 è un anticorpo monoclonale sperimentale sviluppato da MSD, progettato per inibire il fattore XI (FXI) della cascata coagulativa. Il farmaco agisce bloccando sia l’attivazione del FXI sia l’attività del FXIa, con l’obiettivo di prevenire la formazione di trombi senza compromettere significativamente l’emostasi fisiologica. Questo approccio mira a ridurre il rischio di eventi trombotici mantenendo un profilo di sicurezza favorevole rispetto agli anticoagulanti tradizionali.
Nel 2022, la Food and Drug Administration (Fda) ha concesso a MK-2060 la designazione di Fast Track per la prevenzione degli eventi trombotici maggiori nei pazienti con malattia renale allo stadio terminale (ESRD), riconoscendo l’urgente necessità di nuove terapie anticoagulanti in questa popolazione ad alto rischio.
Il trial di fase 2b: disegno e risultati
Un trial clinico di fase 2b, condotto su 506 pazienti con ESRD sottoposti a emodialisi tramite graft artero-venoso (AVG), ha valutato l’efficacia e la sicurezza di MK-2060 nel prevenire la trombosi dell’accesso vascolare. I partecipanti sono stati randomizzati a ricevere MK-2060 a dosi di 6 mg o 20 mg, o un placebo, con somministrazione endovenosa. Il criterio di inclusione prevedeva pazienti in emodialisi almeno tre volte a settimana, con un AVG maturo e funzionante da almeno quattro settimane prima della randomizzazione.
L’endpoint primario era il tempo alla prima trombosi dell’AVG, definita come occlusione improvvisa dell’accesso richiedente trombectomia o trombolisi, o evidenza clinica confermata da imaging, chirurgia o esame patologico. Dopo un follow-up mediano di 16,6 mesi, non sono emerse differenze significative tra i gruppi: l’ hazard ratio (HR) per la dose di 6 mg era 0,83 (IC 95%: 0,58-1,19) e per la dose di 20 mg era 0,87 (IC 95%: 0,60-1,26), rispetto al placebo.
Anche gli endpoint secondari, tra cui il tempo alla prima trombosi maggiore cardiovascolare e la somma degli eventi trombotici ricorrenti, non hanno mostrato differenze significative tra i gruppi.
Sicurezza e tollerabilità: un profilo misto
Il profilo di sicurezza di MK-2060 è stato generalmente accettabile, ma con alcune preoccupazioni. Eventi avversi si sono verificati in quasi tutti i partecipanti, con tassi di interruzione del trattamento dovuti a tossicità del 15,2% nel gruppo da 6 mg, 18,8% nel gruppo da 20 mg e 16,1% nel gruppo placebo. Le cause principali di interruzione includevano decessi e trapianti renali.
Per quanto riguarda gli eventi emorragici maggiori, non sono state osservate differenze significative tra il gruppo da 6 mg e il placebo (HR 1,33; IC 95%: 0,84-2,11). Tuttavia, nel gruppo da 20 mg, il rischio era significativamente più alto rispetto al placebo (HR 1,74; IC 95%: 1,11-2,73). La metà degli eventi emorragici era correlata all’accesso vascolare, ma la maggior parte non era considerata grave. Escludendo le emorragie non gravi, non sono emerse differenze significative nel rischio di sanguinamento tra i gruppi.
Prospettive future: la necessità di ulteriori ricerche
Nonostante i risultati deludenti di questo trial, l’inibizione del fattore XI rimane un’area di interesse nella ricerca anticoagulante, soprattutto per pazienti con ESRD che presentano un elevato rischio trombotico e un rischio emorragico aumentato. La dissociazione tra trombosi ed emostasi offerta dagli inibitori del FXI potrebbe rappresentare un vantaggio rispetto agli anticoagulanti convenzionali.
Ulteriori studi clinici, con disegni ottimizzati e popolazioni selezionate, sono necessari per determinare se MK-2060 o altri inibitori del FXI possano offrire benefici clinici significativi in specifici sottogruppi di pazienti. La ricerca continua in questo campo potrebbe portare a nuove opzioni terapeutiche per una popolazione di pazienti con esigenze mediche insoddisfatte.
Bibliografia
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